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Non è vero ma ci credo: quando la superstizione è un bisogno più forte dell’evidenza
Nel periodo particolare che stiamo attraversando, dove si tende a volte a delegare a fattori esterni le sorti della nostra vita, la commedia rappresenta un’ esortazione a responsabilizzarci nel far dipendere l’esito di certi eventi principalmente dalle nostre scelte piuttosto che da forze superiori.
Commedia in tre atti scritta da Peppino De Filippo nel 1942. Nella versione in oggetto (1959) allestita per la televisione, Peppino curò anche la regia teatrale, mentre quella televisiva fu affidata a Fernanda Turvani. Il tema è quello della superstizione molto caro a Peppino De Filippo, ricorrente anche in: “ L’ospite gradito” ed accennato in: “ Don Raffaele ‘o trombone”.
Il commendatore Gervasio Savastano (Peppino De Filippo), benestante imprenditore e gran lavoratore, dai riflessi caratteriali ruvidi e impositivi, è letteralmente predato dalla propria superstizione. A causa di questa, la sua vita viene caratterizzata, rallentata e intorpidita da rituali scaramantici che divengono vere e proprie regole di vita a tal punto da investire anche il rapporto con i suoi dipendenti d’azienda. Uno di questi, Belisario Malvurio (Pino Ferrara), verrà infatti licenziato perchè ritenuto portatore di sfortuna a causa di peggioramenti inaspettati di affari finanziari coincidenti con la sua presenza. Anche nei confronti della moglie Teresa (Lidia Martora) e della figlia Rosina (Alba Cardilli) i modi di Gervasio sono sbrigativi e intolleranti, specie quando si tratta di opporsi fermamente alla volontà di quest’ultima di sposarsi con un ragazzo che il commendatore non gradisce affatto a causa di una certa estetica “trascurata”.
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