Lunedì, 16 Settembre 2024
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Corruzione, ignoranza, egoismo e menefreghismo del popolo nei confronti del bene comune. Questi sono i valori, negativi, che emergono dall'eccellente riadattamento italiano della pièce teatrale 'Nemico del popolo' del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen.

Come sempre le opere di Ibsen rimangono attuali in quanto i temi trattati mettono in mostra quei vizi e quelle virtù dell'animo umano che, a dispetto del tempo, sembrano rimanere immutati. Possono cambiare modi, obiettivi e protagonisti ma le finalità rimangono sempre le stesse e sono quelle derivanti dall'eterno scontro fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; o almeno fra ciò che taluno crede giusto e ciò che talaltro crede sbagliato.

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Se fosse possibile tradurre in drammaturgia l'intima finezza de Le bolle di sapone, di Chardin, o della commovente perfezione “calligrafica” della miniatura medievale, lo spettacolo Due passi sono sarebbe sicuramente tra le possibili metamorfosi.

Ivi si svolge il compiersi quasi maieutico di uno spazio intriso di onirica surrealtà, ove un ambiente domestico apparentemente convenzionale si rivela diffuso di strane presenze immateriali: una bottiglia di plastica smisuratamente lunga, un fiore con tanto di stelo grande e colorato quanto fatto all'uncinetto, di cui però non disorienta il suo ruolo di pianta decorativa, perché perfettamente parte di questo luogo di innocente fantasia; e proprio il fascino infantile del microcosmo d'un carillon “tintinnante” nel suo meccanico svolgersi appare evocato in alcuni passaggi, quasi transizioni da una fase ad un'altra della struttura drammaturgica.

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     "Ero rimasto così,fermo ai primi passi di tante vie,con 
                                                                                              lo spirito pieno di mondi,o di sassolini,che fa lo stesso."
                                                                                                 (Uno,nessuno e centomila,Luigi Pirandello,1926)

Posta Marianna sull'asse "y" e Orlando sull'asse "x" all'interno di uno spazio "z" ....

No, non è matematica ne fisica o forse un po' sì fisica quantistica e neanche fantascienza anche se per certi versi qualcosa di un certo tipo di fantascienza la ricorda il fatto è che potrebbe essere di più una partita a dadi, certo due dadi particolari dato che infinite combinazioni presuppongono un numero infinito di facce.

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Negli scorsi giorni -dal 25 al 30 marzo- la Sala Orfeo del Teatro dell'Orologio (Roma) ha ospitato la recita de Il re muore, celebre opera di Teatro dell'Assurdo di Eugène Ionesco (1962); codesta “novella” intimamente metafisica, itinere di passaggi attorno a un fenomeno, appunto, la “morte del re”, si rivela metafora, d'una fine o d'un passaggio, pur comunque veicolata da questa figura regale che diverrà centrale anche per il pubblico, il quale, magia del teatro, condividerà il rispetto della sua giurisdizione e quindi il pathos che intride la corte in quel momento nefasto quanto ormai atteso.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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