Recensione de I TACCUINI DI MOSELLA FITCH, al teatro Due Roma dal 3 all'8 marzo 2015
Mosella, una simpatica signora anziana, rinuncia ad avere segreti post mortem. Attraverso Peter, un ragazzino a cui è destinata una lettera d'”istruzioni” scritta da lei stessa, dona le sue tracce a noi, poveri giovanissimi garzoni di bottega che ci troviamo tra le mani il fardello di emozioni di una donna senza filtri e diventiamo ereditieri di ciò che più sta a cuore a Madame Fitch: i suoi taccuini, che ci mettono in collegamento con un mondo fantasma. Èil mondo del passato, dell'esperienza, della fine dei giochi. Mattoncini che si depositano sulla muraglia della vita sulla Terra, ma che nella realtà dei fatti esistono solo nella memoria dei superstiti e nelle tracce visibili, che siano scolpite sulla carta, sul terreno o sulla pietra. Perciò, Mosella supera il tempo della sua vita, nonostante abbia deciso lei stessa di porvi fine, e continua ad interagire con chi resta.
Sul palco, due binari. Uno caldo, protetto, in proscenio, che ci restituisce l'atmosfera di un salotto. Uno freddo, sul fondo, un paio di alberi spogli in un campo, forse un bosco, i colori gelidi, all'aperto. Sono le ambientazioni intorno alle quali ruotano i due personaggi.
Peter, dal suo rifugio segreto nel bosco, decide di fare tesoro del dono ricevuto e comincia a leggere il taccuino n.2, che madame scrive senza mezzi termini o vergogna delle sue bizarre esperienze. L'unica censura nel racconto, è forse nei confronti della purezza, dell'”Amore”. Il nodointricato che manipola le esistenze umane è difatti il maledetto Ingorgo, un pericolosissimo e spietato vortice di passioni e irrazionalità che si è nutrito di lei durante tutto il suo percorso di vita, condizionando la sua forma mentis.
Non si può rivelare lo squisito ingresso in scena della donna: lo spettro, mentre osserva divertita le mosse di Peter, restituisce in modo chiaro e semplice l'incanto di una dimensione paranormale, accompagnata dalla carica di Aretha Franklin.
Nella totalità, la pièce scorre a ritmo lento, rischiando di perdere la presa dello spettatore, anche se il racconto, dai contenuti intriganti, trasmette il desiderio di scoprire cos'altro abbia da dirci la signora, egregiamente resa ironica e spontanea dall'attrice Barbara Valmorin.
Claudia Giglio
9 marzo 2015