Lunedì, 16 Settembre 2024
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«Il mio nome finisce con l’inizio del nome della mia città, il nome della mia città finisce con l’inizio del mio nome, il nome della mia città comincia con la fine del mio nome, il mio nome  comincia con la fine del nome della mia città."Linapolina"».

Questo il tentativo di Lina Sastri, provare a descrivere lo spirito ed i sentimenti di Napoli, dei napoletani e del suo esser napoletana. 

Ma parlare di confini per una città come questa vuol dire parlare di un ossimoro, perché i confini di Napoli sono quelli di una 'bella jurnata e sole' che si rispecchia nel mare.  

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«Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita».

(Prospero: atto IV, scena I.)

L’illusione, la magia, l’incanto e lo scontro-incontro tra stato naturale e Stato di società, il tutto contornato da una contemporanea prorompente ironia che incalza piacevolmente tra due atti, nei quali lo spettatore, vero e proprio mare, dapprima smosso e agitato da vendicative onde e poi placato da un riconciliante sentimento di perdono, si lascia trascinare lievemente nella trama narrativa che fu del maestro Shakespeare e che Valerio Binasco, con la sua compagnia – la Popular Shakespeare Kompany  appunto – ripropone in una chiave moderna, nuova e al contempo popolare.

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  "In the greenest of our valleys

                                                                                                                                  By good angels tenanted,

                                                                                                                                  Once a fair and stately palace--

                                                                                                                                  Radiant palace--reared its head.

                                                                                                                                  In the monarch Thought's dominion--

                                                                                                                                  It stood there!

                                                                                                                                  Never seraph spread a pinion

                                                                                                                                  Over fabric half so fair!

         

                                                                                                                                             

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Siamo in grado di comprendere e capire quale sia la verità che sta celata nelle nostre intenzioni, emozioni o gesti? Grazie a 'L'importanza di chiamarsi Ernesto', in programmazione al teatro Quirino di Roma è possibile indagare in tal senso. 

Un nome, quel nome, quello che ci portiamo dietro dal giorno della nostra nascita e che determina buona parte dell'idea che gli altri hanno di noi, lui è il protagonista dell'opera di Oscar Wilde. Qui la verità è solo quella che viene palesata agli altri, tanto che anche le bugie, paradossalmente, possono finire per combaciare con il reale andamento dei fatti. Jack, interpretato da un grande Geppy Gleijeses, cerca proprio di farci capire questo. Lui, stanco dell'immagine che gli altri hanno della sua persona, inventa un alter ego, Earnest. Grazie a quest'espediente può recarsi a Londra di tanto in tanto per dar libero sfogo a quel lato della sua personalità, forse la più vera, repressa dalla routine della vita di campagna.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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