Lunedì, 25 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo L’esperimento di e con Monica Nappo, andato in scena al Teatro Sala Umberto il 29 luglio 2021

 

Una sedia che rimanda ad uno studio di psicoterapia o di counseling, non è ben chiaro, accanto una pentola in cui c’è qualcosa che si sta riscaldando ma di cui non siamo a conoscenza. Tra questi due elementi che assurgono ai due poli della scenografia, con un disegno luci che si alterna tra l’uno e l’altro, si muove la protagonista del nostro monologo. Monica Nappo, nelle vesti di una donna che sta elaborando il vissuto inerente il suo divorzio, rispetto alla sedia messa in primo piano dalle luci di scena, a tratti è seduta, a tratti è in piedi dalla parte di chi ascolta. Durante la pièce infatti ci svelerà il suo doppio ruolo di couselor (una sorta di terapeuta pe terapie brevi) e nel contempo di persona che ha urgenza di essere ascoltata, che s’interroga sul suo rapporto di coppia tentando di riannodare i fili della sua vita. Nel monologo in scena entriamo a contatto con la storia di una donna, una storia che ci narra di un subdolo e impercettibile distacco della persona che si ama, una storia che inevitabilmente attraverserà la solitudine, in cui ciascuno di noi potrebbe identificarsi.

Recensione dello spettacolo La Lezione di Eugène Ionesco, in scena il 22 luglio 2021 a I giardini della filarmonica all’interno della rassegna I solisti del teatro.

 

Sullo sfondo del suggestivo scenario all’interno de I giardini della filarmonica, in scena la prima nazionale de La lezione di Eugène Ionesco, regia di Luca Ferrini con Alberto Melone e Paolo Roca Rey. Di fronte ai giardini riempiti dal pubblico, ad accoglierci la scenografia di una salotto con scrivania nel disordine completo. Al momento della comparsa dei personaggi sulla scena, gli spettatori edotti sulla trama rimangono disorientati: al posto della studentessa che appartiene alla drammaturgia originaria di Ionesco, troviamo un ragazzo! Ma ad avere un effetto ancor più estraniante sul pubblico è la presenza del professore che imperterrito, utilizza l’appellativo “signorina”, non desistendo neanche dinanzi alle precisazioni sul proprio genere sessuale dello studente che, a quel punto, si arrende assecondando il bizzarro docente. Il dubbio se sia un uomo o una donna quasi si insinua anche tra chi assiste seduto nell’ampio spazio verde.

Recensione dello spettacolo Pinocchio, di Franco Scaldati. Regia di Livia Gionfrida. In scena al Palazzo della cultura di Catania dall’8 al 18 luglio 2021

 

Esistono parole per comunicare, ossequiose di leggi logiche e semantiche che ci permettono di condividere ed esprimere un linguaggio comune. C’è poi una tipologia di linguaggio che, pur usufruendo della medesima fonetica, ne riplasma il costrutto interno seguendo traiettorie non più condivise ma totalmente personali, dove è riconoscibile il suono ma non la sua intenzione. Nella scrittura di Franco Scaldati, regista, poeta, drammaturgo e attore palermitano,  la linearità del “ verbo” diviene quasi intralcio alla natura indomita di questo, costituita da un selvaggio ed istintivo libero fluire dialettale alternato ad improvvise impuntate e virate. Qui la parola fugge, anzi scappa e si lascia affannosamente rincorrere da certe regole e aspettative di prevedibilità delle quali si sente il rauco fiatone. Qui la parola si accomoda dove le pare e senza permesso, per trovare da sola la sua collocazione all’interno di un foglio bianco che può rimanere tale oppure leggermente tracciato da parole e frasi che si cercano senza trovarsi. Su questa scia, il Pinocchio di Scaldati si lascia scorgere e raggiungere solo con i sensi, lasciando che sia il riverbero delle parole e il loro carattere evocativo, e non il loro significato, a colpire lo stomaco ora con una piacevole vibrazione, ora con un pugno. Il Pinocchio collodiano, tradotto in palermitano dallo stesso Scaldati, è una linea che spesso si spezza per divenire altro, per seguire una suggestione o una ritmica che sembra nata in quel momento, lasciando che sia il profumo di quell’emozione a farsi figura. Analogamente, la vibrazione  sottostante ai fonemi riflette l’abolizione della regola strutturale per consentire che siano i suoni ad evocare immagini e non la parola a tradurle.

Recensione de Il berretto a sonagli, di Luigi Pirandello. Regia di Antonello Avallone. Andato in scena al Teatro Marconi dal 30 Giugno 2021 al 1 Luglio 2021

 

I colori dell’animo umano assumono diverse sfumature e rendono i loro possessori unici come le loro storie passate che portano a rifiutare certe realtà o, al contrario, a volerle vedere tutte. E poi ci sono gli “altri”, quelli fuori a cui dobbiamo mostrare la maschera, e non una qualsiasi bensì quella che ci si aspetta venga mostrata nella perfezione dell’immutabilità. Poco importa se poi, nell’ombra della nostra intimità domestica, sentiamo scomodo e miserabile il nostro travestimento: la maschera, o meglio, il nostro “pupo” deve essere salvaguardato e soprattutto perpetuato. 

L’elegante signora Beatrice Fiorica viene a sapere che il marito, il cavalier Fiorica, la tradisce con Nina, la giovane moglie dello scrivano Ciampa, impiegato al servizio del cavaliere stesso. Scardinando i disperati tentativi della vecchia domestica Fana di farla ricredere e, soprattutto, noncurante delle conseguenze “sociali”, la signora Fiorica, “incoraggiata” dalla megera Saracena, escogita un piano per sorprendere i due amanti. Allontanando momentaneamente il signor Ciampa dalla città, con il pretesto di una commissione a Napoli, la donna servendosi dell’amico di famiglia, il delegato Spanò, porta a compimento la sua trama. A scandalo avvenuto e con i due infedeli in prigione, il disperato scrivano ha solo due possibilità di salvare il proprio onore: o uccidere la moglie e il cavalier Fiorica oppure, soluzione assai più elegante, convincere la signora Fiorica di essere pazza. Solo chi è pazzo, infatti può seguitare a dire la verità senza essere creduto e conseguentemente non nuocere alla rispettabilità altrui, perchè non c’è più pazzo del pazzo che crede di dire la verità. 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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