Domenica, 24 Novembre 2024
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Al teatro Sala Umberto "L’anello forte": storia di donne, storia di eroine che hanno ancora tanto da raccontarci

Recensione dello spettacolo L’anello forte in scena al Teatro Sala Umberto dal 24 al 27 febbraio 2022. Drammaturgia e regia di Anna Di Francisca, con Laura Curino e Lucia Vasino

 

Solo il contatto con il passato può restituirci pienamente la nostra identità, collocandoci in un percorso in cui, se ci guardiamo indietro, sappiamo il punto in cui siamo e come ci siamo giunti, con la possibilità di orientare gli obiettivi per il futuro. In quest’ottica, nella società contemporanea sotto ai nostri occhi, stiamo assistendo ai primi risultati di secoli di lotta per l’emancipazione femminile: tanti diritti acquisiti, tanti progressi effettuati sulla strada della libertà, ma se ne possono comprendere e apprezzare appieno i significati solo in una dimensione diacronica. La storia delle donne ha seguito un’evoluzione travagliata, tormentata, conflittuale, ostacolata e lo spettacolo al Sala Umberto ce ne consegna delle testimonianze vive, palpitanti che attraversano due secoli: l’Ottocento e il Novecento.

La regista, Anna Di Francisca, attinge all’ampio repertorio selezionato dallo scrittore Nuto Revelli, mettendo in evidenza alcuni vissuti delle protagoniste dell’omonimo libro L’anello forte, una raccolta di esperienze di donne piemontesi vissute tra fine Ottocento e prima parte del Novecento. A Laura Curino e a Lucia Vasino è toccato l’arduo tentativo di mettere in scena, rendendo reali, palpabili, alcune di queste personalità. Sul palco si alternano storie di sottomissione a mariti, parenti, suocere; storie di matrimoni organizzati tramite foto; esperienze di molteplici maternità, vissuti di lavoro in campagna o in fabbrica, che si tramutano da intervista a personaggio. Le due talentuose attrici, impersonano di volta in volta, Caterina, Margherita, Agostina, Rosa, Paola, Lucia, Suor Maria Eleonora, Marianna e Vittoria, etc…, restituendoci, con eccezionale bravura, le sfumature della loro indole. Caterina, con il suo accento marcatamente settentrionale, ci introduce nel lavoro delle donne che preparavano le parrucche: si vendevano i capelli per guadagnare qualche soldo. Margherita invece, ci rende partecipe dei primi incarichi femminili nei setifici. Si inizia, nel contempo, a manifestare con i primi scioperi. Rosa ci fa rivivere l’esperienza del parto in casa: era più brava della levatrice. Paola vive la singolare realtà di un matrimonio con un artista del circo, contrastato dalla sua famiglia per la sua giovane età e perché l’attività del marito non era ritenuto dignitosa. C’è chi vuole contrapporsi al sistema, vuole fare la sarta e vestire liberamente, ma i suoi costumi sono reputati scandalosi, come nella vita di un’altra donna, sempre di nome Caterina. Oppure, in contrapposizione, chi, come Vittoria, condivide interamente la cultura maschilista imperante, difendendo le disuguaglianze sociali e tra i generi e ponendosi su posizioni monarchiche ed elitarie: se le donne si emancipano, non c’è più chi ricopre il ruolo della servitù nelle famiglie benestanti. Agostina, nella sua semplicità, racchiude nelle sue parole, la condizione e il sentire femminile di un’intera epoca: “Era proprio difficile essere donna, parlava solo l’uomo, imponeva l’atto sessuale”. Non si indulge però mai al vittimismo, al compatimento, alla sottomissione totale: ne emerge un quadro di vigore e dignità femminile, in cui la donna è una guerriera che lotta, lavora incessantemente in casa e fuori casa, gestisce molteplici figli, intesse rapporti col parentado, riuscendo, con mirabile capacità, a tenere insieme tutto.

Siamo di fronte a delle figure eroiche, dotate di abilità dirigenziali, di problem solving, di gestione di più attività simultaneamente. Il taglio ironico dato alla rappresentazione ha alleggerito e divertito enormemente il coinvolto pubblico in sala. A fare da collante ai singoli episodi, filmati storici a cura della stessa regista che presentano interviste e immagini delle protagoniste, proiettati ad ogni cambio scena. A permettere l’alternanza delle due attrici, un appendino mobile con vestiti appesi a cui attingono le due attrici per i cambi scena. Di livello il lavoro della regia che ha tramutato l’inchiesta giornalistica di Nuto Revelli in drammaturgia corposa, intensa e ironica. L’ottimo risultato complessivo è stato garantito dalle interpretazioni versatili, dinamiche e convincenti. Spettacolo divertente, interessante e formativo.

 

Mena Zarrelli

26 febbraio 2022

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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