Recensione dello spettacolo Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller, traduzione di Masolino D'Amico, regia di Leo Muscato, con Michele Placido ed Alvia Reale, in scena al Teatro Quirino dal 22 febbraio al 6 marzo 2022.
Willy Loman è un commesso viaggiatore che sceglie di trascorre la sua vita in giro per la New England al volante della sua chevrolet rossa, carica di prodotti da vendere ma anche di tanta voglia di successo. Al ritorno dai suoi viaggi c'è la moglie Linda ad aspettarlo, insieme ai figli Happy e Biff, "ragazzi belli e coraggiosi, che non hanno paura di niente".
Entra in scena Michele Placido... è lui, a sorpresa, a prestare il volto e a vestire i panni del commesso viaggiatore di A. Miller, avendo accettato di sostituire Alessandro Haber, protagonista insieme ad Alvia Reale.
Willy e la sua famiglia patiscono i loro drammi all'interno degli ambienti domestici, ricreati sul palco grazie all'utilizzo di una scenografia mobile, che apre al pubblico di volta in volta tutte le porte di casa Loman. La storia si svolge tra New York e Boston, negli anni del secondo dopoguerra, gli anni in cui si afferma, nell'immaginario comune, l'dea del cosiddetto "sogno americano", secondo il quale, lavorando sodo, è possibile raggiungere il benessere economico e goderne nel calore di un'ideale "famiglia perfetta". Ad ogni atto cala sul palco una scenografia verticale, che rappresenta il paesaggio urbano newyorkese, che copre, avvolge e imprigiona tutti i personaggi e i loro tormenti interiori.
Sul palco Willy e la sua famiglia non hanno scampo, non c'è aria in casa, manca il respiro anche se tutte le finestre sono spalancate. Le mura domestiche bloccano le azioni dei protagonisti, dall'alto incombe New York e, nella testa di ciascuno, una trappola mentale che li lega e li invischia l'un l'altro, facendoli sentire responsabili reciprocamente della felicità altrui. Willy cova un grandissimo senso di colpa, non è sicuro di aver educato nel modo giusto i suoi figli. In particolare soffre per la mancata realizzazione professionale di Biff, il figlio così promettente che lui incoraggiava e motivava sin da quando era bambino, che ora, invece, non sa cosa dovrebbe volere. In seguito ad un insuccesso scolastico e alla delusione per aver scoperto il padre che tradiva la madre, il ragazzo getta le spugna e non combina più nulla di buono nella vita o, forse, si ribella alle aspettative di successo che il padre aveva per lui, che tuttavia non erano le sue.
La rappresentazione teatrale dei ricordi felici del protagonista, di quando i figli erano piccoli e giocavano a football dinanzi ai suoi occhi pieni di orgoglio, conduce gli spettatori alla piena comprensione del dramma interiore dell'uomo. Willy è un padre che si sforza di ripercorrere nella mente i momenti in cui poteva ancora sognare un avvenire di successo per i figli promettenti e per cercare di scoprire dove egli stesso aveva fallito come genitore.
I figli, i due fratelli, a loro volta si incolpano vicendevolmente per la vecchiaia triste e sconsolata del padre che tanto amano e che vorrebbero rendere felice. Linda sollecita i figli a mentire pur di restituire serenità e allegria al marito. Bellissimi, intimi, accorati e così reali i dialoghi marito/moglie in sala da pranzo, seduti al tavolo. L'uomo, dinanzi alla moglie, si mostra con tutte le sue debolezze, le chiede conforto alla solitudine interiore... la implora quasi, le dice "abbracciami, Linda". Linda è presente e disponibile, sempre un passo dietro al marito, si sacrifica per sostenerlo, comprenderlo e amarlo. Nei dialoghi messi in scena si percepiscono tutte le tensioni familiari tra marito-moglie, fratello maggiore- fratello minore, madre-figli, padre-figli, e l'attenzione del pubblico è catturata dalla recitazione carica di umanità degli attori, che riescono a portare in scena, in maniera chiara ed efficace, uno dei testi letterari più significativi del secolo scorso.
Willy è anziano, non può più guidare perché farebbe danni, gli viene tolto anche il lavoro. Crollano palesemente le illusioni del "sogno americano", ma nella sua mente resiste, come un baluardo, l'idea che "qualunque sogno si possa ancora realizzare", forse non per lui, ma per i suoi figli sì..."Biff fa ancora in tempo a diventare grande!". Se di giorno ci crede ancora, di notte no, non dorme più, varca la porta di casa e prova a sentirsi meno solo dialogando con il fantasma del fratello. Spesso gli si insinua nella mente la paura di non essere mai stato un bravo venditore e di essere stato, piuttosto, deriso... ed ecco che risuonano nella sua testa e rimbombano in sala le risate che potrebbero aver fatto alle sue spalle i clienti.
La tragedia multiforme scritta da A. Miller è viva e tangibile in scena grazie al lavoro corale di undici bravissimi attori. Sul palco del Quirino il commesso viaggiatore, attraverso l'interpretazione di Michele Placido, ci fa entrare in profondità nei meandri della sua mente, mettendo a nudo tutte le fragilità di un uomo che alla fine si arrende o, forse, si ribella dinanzi al fallimento del sogno che aveva osato sognare...
Cristina Fasolino
25 febbraio 2022