Lunedì, 25 Novembre 2024
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Recensione di #Pourparler di GIOVANNA DONINI | ANNAGAIA MARCHIORO | GABRIELE SCOTTI con ANNAGAIA MARCHIORO in scena al Teatro Sala Umberto il 22 novembre 2021

 

Solo un’asta e un microfono in sala ad attenderci in pieno stile stand up comedy, ma è una scenografia puramente evocativa perché la satira di Annagaia Marchioro, ha connotati differenti dalla stand up. La sua è una comicità meno aggressiva e distruttiva, che pur toccando contenuti altrettanto dissacranti e pungenti, ricorre ad un tocco più delicato e intellettualmente raffinato. Il leit motiv di questa serata è la parola, intesa come unione inscindibile di significante e significato. Infatti, il variegato lessico passato in rassegna durante lo spettacolo suscita un piacere quasi fisico per il suono che produce, per la sua etimologia, per le imprevedibili sfumature che ha acquisito nel linguaggio colloquiale. La protagonista della serata ci mostra degli esempi su come nasce questa passione, come nel caso del termine “desiderare”, ossia mancanza (de, preposizione privativa in latino) delle stelle (sidera, plurale di sidus, stella), nel significato di assenza dei segni augurali letti nei cieli, che si traduce nell’attesa di un evento. Amore puro, secondo lei, innesca il vocabolo sagittabondo (desueto al punto da essere in procinto di sparire dal dizionario della lingua italiana): alla lettera s’intende colui che lancia frecce, ma per estensione chi lancia frecce con lo sguardo, irretendo nell’innamoramento.

Recensione dello spettacolo Antichi maestri in scena presso il Teatro Vascello dal 23 al 28 novembre 2021

 

Ultimo testo di una trilogia con cui Thomas Bernhard indaga le Arti – Il soccombente ha come oggetto la Musica mentre A colpi d’ascia riguarda il Teatro - Antichi maestri prende le mosse da un bizzarro protagonista: un musicologo che da più di trent’anni, ogni due giorni, si reca presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna. E, giunto nella Sala Bordone, siede di fronte al Ritratto di uomo con la barba bianca di Tintoretto. Chiunque abbia familiarità con i luoghi espositivi non per semplice curiosità, turismo o motivi professionali potrebbe trovarsi a proprio agio con una premessa del genere: anche se in maniera meno compulsiva, capita ci si appassioni talmente tanto a un’opera da volerla ammirare ogni qualvolta se ne abbia la possibilità e godere delle sensazioni che l’accompagnano. Il motivo per cui il particolarissimo visitatore continua a tornare davanti a un determinato quadro non è, però, questo. O, almeno, non solo. Così come non è solo di Pittura che Bernhard vuol parlare.

Recensione dello spettacolo Sarajevo, mon amour. In scena presso il Teatro Biblioteca Quarticciolo il 19 novembre 2021

 

Tra il 1991 e il 2001 una serie di cinque guerre insanguina i Balcani: la dissoluzione della Jugoslavia porta con sé un numero infinito di vittime, tra cui Boško Brkić e Admira Ismić. Lui cattolico ortodosso, lei musulmana si incontrano in un bar e si amano nello sfondo di una Sarajevo scossa da odio, violenza, morte: la città verrà assediata per 1.425 giorni, tra il 1992 e il 1996, ma loro non ne festeggeranno la liberazione. Perché Boško e Admira verranno uccisi da 25 colpi esplosi da un cecchino il 19 maggio 1993 mentre tentano di attraversare il ponte allora detto Vrbanja, oggi intitolato a Suada e Olga: una studentessa e una pacifista che, come loro ma un anno prima, vi trovarono la loro fine. Il primo a cadere è Boško. Admira, ferita, si trascina fino a lui e muore abbracciandolo. È così che verranno ritratti dal fotografo Mark H. Milstein: da questa immagine atroce e commovente nasce l’articolo del corrispondente americano Kurt Schork che li consegna alla storia come i Romeo e Giulietta dei Balcani, a cui segue un documentario firmato da John Zaritsky intitolato Romeo and Juliet in Sarajevo. I loro cadaveri resteranno lì per otto giorni: nessuna tra le parti si assume la responsabilità dell’assassinio né, tanto meno, è in grado di garantire la sicurezza di chi vuole recuperare i corpi. Adesso riposano insieme a Sarajevo presso Groblje Lav, il Cimitero del leone: la loro lapide è a forma di cuore e tantissime sono le canzoni o poesie a loro dedicate. Come i versi che chiamano in causa il fiume che attraversa Sarajevo e recita: «nessuno si amerà mai così finché c’è acqua che scorre nella Miljacka».

Recensione dello spettacolo Dante per tutti in scena al Teatro Flavio il 18 novembre 2021, un’iniziativa di Luca Maria Spagnuolo, storico dell’arte e studioso del Medioevo

 

L'iniziativa Dante per tutti, è nata nella capitale nel 2015 e costituisce ormai un appuntamento fisso con Dante, attesissimo dagli estimatori del poeta, ma fruibile da tutti, come viene dichiarato esplicitamente nel titolo della rassegna. Dante per tutti quest'anno, nel settecentesimo anniversario dalla morte del "padre della lingua italiana", introduce delle novità per il suo pubblico affezionato: la scenografia, proiettata su uno schermo gigante, posto al centro del palco, diventa volutamente protagonista dello spettacolo. Si tratta, come lo stesso Spagnuolo chiarisce all'inizio della rappresentazione, di immagini realizzate ad opera degli studenti della Scuola di Scenografia dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli, coordinati dal maestro e professore Gennaro Vallifuoco.

Ha inizio quindi il viaggio in sala, coinvolgente, interessante e ricco di suggestioni, e il pubblico del teatro Flavio, situato a pochi passi dal Colosseo, viene catapultato dal centro di Roma dritto all'Inferno di Dante. 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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