Recensione dello spettacolo Il malato immaginario, di Molière con Emilio Solfrizzi, adattamento e regia: Guglielmo Ferro. In scena al Teatro Quirino dal 21 dicembre 2021 al 9 gennaio 2022
Tremendamente solo, eternamente disperato. Impaurito dalla vita e da se stesso, si rifugia in ciò che lo deresponsabilizza dall'esistere, garantendogli visibilità e importanza senza sforzo: la malattia. Così Argante (Emilio Solfrizzi), malato immaginario, non ne vuol proprio sapere di stare benone, come d'altronde la schiera di medici e speziali che orbita intorno a lui non ha alcun interesse a guarirlo. Siamo dentro ad un gioco delle parti dove ognuno offre quello di cui necessita l'altro. Ma essere vivo senza poter esistere crea ansia e senso d' inutilità. Meglio, quindi, dimenticarsi di se stessi diluendosi in una recidiva somministrazione di gocce, clisteri e purghe. Il vitale bisogno di rassicurazione di Argante lo conduce ad imporre alla figlia maggiore Angelica (Viviana Altieri) il matrimonio con Tommasino Diaforetico, personaggio goffo, ridicolo, nipote del farmacista dottor Purgone ma, soprattutto, anche lui... medico! L'occasione irripetibile di garantirsi un costante e ravvicinato accudimento "clinico" è troppo ghiotta per non perseguirla fino all'ossessione! Poco importa se Angelica è innamorata di Cleante (Cristiano Dessì) e non ne vuol proprio sapere di sposare quel personaggio improbabile: la necessità paterna è prioritaria rispetto ai voleri della figlia. E poi non è il caso di discuterne: non lo vedete come sta male il povero signor Argante? A nulla valgono gli espedienti dei due innamorati per distogliere dal suo egoismo il nostro malato, sempre in guerra con il mondo e dal mondo soggiogato, come la sua seconda moglie Bellania (Antonella Piccolo), apparentemente dedita a lui ma bramante solo dei suoi denari e per questo già in accordo con il notaio Bonafede per ottenere vantaggi per entrambi. Per Argante è difficile accettare il vero volto della realtà ed ammettere l'inefficacia della sua infermità come strumento per attirare attenzioni e dimenticarsi la sua solitudine. Non c'è compatimento verso di lui.