Giovedì, 17 Aprile 2025
$ £

Nei laboratori teatrali dedicati all’età evolutiva condotti presso istituti scolastici  (ma anche in associazioni teatrali specializzate nel lavoro con bambini e ragazzi, oratori parrocchiali, cooperative sociali...) trascorrono veloci le settimane di creazione della messinscena e delle prove in cui ogni singolo elemento viene limato, perfezionato, anche eliminato se necessario.

Noi registi, docenti o animatori teatrali stimoliamo gli allievi a integrare tutti gli apprendimenti lavorati nei mesi o anni precedenti: la propriocezione, il corpo nello spazio, la relazione con l’altro, il personaggio, l’espressione, la voce, il gesto associato alla battuta, la memoria, il problem solving, e tanto altro ancora.

I ragazzi si aiutano gli uni con gli altri, prestandosi oggetti e indumenti o suggerendo le battute dimenticate. Lavoriamo tutti alacremente, persino i genitori sono spesso coinvolti nel cucire l’abito adatto o dipingere un pannello della scenografia. E che dire dei docenti? Si spendono generosamente, andando oltre il proprio orario di lavoro, controllando che tutto sia perfetto, stimolando ciascuno degli allievi a tirar fuori il meglio di sé, a restare concentrato sull’obiettivo da raggiungere non facendosi distrarre da elementi o informazioni non pertinenti, e (anche qui) tanto altro ancora.

Add a comment

La teoria della mente, argomento di numerosi studi e sperimentazioni, è sostanzialmente la capacità di attribuire stati mentali a se stessi e agli altri, ma soprattutto il riconoscere che persone diverse possono avere stati mentali diversi, intesi come idee, intenzioni, desideri, comprensione della realtà, fino ad arrivare a reazioni, emozioni e sentimenti. In alcune patologie come il Disturbo dello Spettro Autistico o la schizofrenia, questa abilità è deficitaria anche se può essere continuamente stimolata. È evidente quanto essa sia fondamentale in ogni interazione sociale e soprattutto nello sviluppo dell’empatia, la quale affonda sempre le sue radici nella comprensione dell’altro, soprattutto laddove mostri pensieri, reazioni o emozioni differenti dalle proprie.

Molteplici approfondimenti a opera di eminenti psicologi e neuroscienziati ci mostrano quanto la teoria della mente si sviluppi durante la primissima infanzia, grazie a un’armoniosa relazione con le figure di riferimento, fatta (tra le altre cose) di giochi condivisi, di imitazione, di narrazione e gioco simbolico. È però possibile continuare nel tempo a stimolarla e svilupparla affinché il comportamento sociale del bambino, dell’adolescente e dell’adulto siano sempre più funzionali alla costruzione di serene relazioni con le persone e con l’ambiente circostante. 

Add a comment

Numerosi attori, registi e drammaturghi (nonché insegnanti, educatori, psicologi e varie altre figure professionali) di diverse epoche storiche hanno sottolineato l’importanza del laboratorio teatrale all’interno degli istituti scolastici affinché fosse alla portata delle giovani generazioni. Dal migliorare l’apprendimento di materie quali letteratura, storia, scienze o filosofia, al potenziare le abilità dialogiche, il public speaking e la corretta dizione; dall’ampliare il lessico e la pragmatica, all’allungare i tempi di attenzione e il bagaglio mnemonico, possiamo davvero dirci tutti d’accordo nell’affermare che l’arte scenica sia uno strumento sopraffino per lavorare su tutto questo e tanto altro ancora.

Negli ultimi anni inoltre, dati spiacevolissimi fatti di cronaca, si è spesso affrontato l’argomento della mancanza di empatia presente (a volte) nell’adolescenza. Di conseguenza, nel riflettere sul ben doloroso fenomeno, eminenti psicologi, educatori, medici e terapisti si sono trovati ulteriormente d’accordo nell’affermare che nulla quanto il teatro stimoli l’attore o attrice a “mettersi nei panni dell’altro” dovendo giocoforza interpretare personaggi sempre differenti dalla propria realtà. 

Eppure, le immense possibilità del Teatro Ragazzi non si fermano qui.

Add a comment

Lo spettacolo Feste prodotto dalla compagnia tedesca Familie Flöz, in scena proprio in questi giorni alla Sala Umberto di Roma, mostra in maniera inequivocabile l’assoluta capacità comunicativa di postura, azioni sceniche e soprattutto gesti, in una performance di oltre 90 minuti nella totale assenza di linguaggio verbale, come illustrato dalla recensione di Demian Aprea proprio per la nostra rivista (clicca qui per leggerla).

Sono numerosi gli studi sull’importanza del gesto da innumerevoli punti di vista. Se dovessimo darne una definizione, il gesto sarebbe un movimento delle braccia e delle mani che può far parte di un atto comunicativo intenzionale ma che non ha una conseguenza diretta sul mondo reale. I gesti facilitano la comprensione dell’atto comunicativo, hanno un ruolo fondamentale nella pianificazione e l’organizzazione del discorso, il problem solving e il ragionamento (l’essere umano infatti gesticola anche quando studia, riflette o parla al telefono ovvero quando non è alla presenza fisica di un ascoltatore). Vari approfondimenti e sperimentazioni dimostrano quanto i gesti possano modificare e influenzare positivamente i processi cognitivi, non ultima la memoria e alleggeriscono il carico di lavoro della working-memory. In ultimo, ma non meno importante, i recenti studi di neuroimaging mostrano che i gesti e il linguaggio siano controllati dallo stesso sistema neurale tanto che si ipotizza che il linguaggio verbale si sia evoluto proprio a partire da gesti delle braccia e delle mani (fonte: Ianì, Formichella, Università di Torino, 2018).

Tutti questi recenti studi offrono basi neuroscientifiche sull’importanza del gesto ovviamente se prodotto in maniera congruente e corretta. Ancora una volta la scienza, parafrasando Peter Brook, sperimenta e illustra quel che il teatro ha sempre saputo. Di certo anche stavolta l’eminente regista da poco scomparso (ricordiamo il suo commento all’indomani della scoperta dei neuroni specchio) direbbe che qualsiasi attore in qualsivoglia epoca o parte del globo sa bene quanto la correttezza gestuale sia parte integrante e imprescindibile della recitazione, della creazione del personaggio, della riuscita della performance. E citando Eduardo, un altro colosso del teatro novecentesco, ricordiamo quanto diceva ad Anna Magnani affetta da un brutto raffreddore che l’aveva resa quasi afona: “Nannare’, di che ti preoccupi? Tu non reciti con la voce. Tu reciti con le mani”.

Add a comment
Logoteatroterapia

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori

Search