Avverto sempre più quanto ormai viviamo in una società che esprime chiari sintomi del Disturbo da Deficit di Attenzione e/o Iperattività, chiamato comunemente ADHD. Quanti adulti sostengono una conversazione guardando in continuazione lo smartphone; oppure distraendosi e smettendo di ascoltare l’interlocutore a ogni minima afferenza esterna che giunga ai loro sensi. Quante conversazioni in cui si salta da un tema all’altro senza approfondirne nessuno, senza ascoltarsi veramente, nelle quali si delinea evidente solo l’estremo bisogno di parlare, parlare e ancora parlare, giammai comunicare. E quante volte il parlatore seriale non decodifica affatto le informazioni non verbali del malcapitato di turno, che dopo svariati minuti di questa insalata di parole vorrebbe giustamente riuscire a sganciarsi e andarsene per la propria strada.
Non sono nuove le scoperte di eminenti neuroscienziati sulla neuroplasticità del nostro cervello, che continua a modificarsi anche in età adulta. Pertanto, non è difficile intuire quanto lo smodato uso dei dispositivi elettronici, traboccanti di stimoli visivi e uditivi che bombardano l’attenzione di tutti noi, abbia in qualche modo modificato i tempi attentivi, il comportamento verbale, le modalità di entrare in relazione. E tanto altro ancora.
Non a caso troviamo tra le mura dei nostri istituti scolastici un numero sempre più alto di bambini e ragazzi che esprimono tale disagio attentivo e incapacità motoria a fermare o quantomeno ridurre il perenne movimento, del quale spesso non hanno neppure consapevolezza.
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