Sabato, 18 Maggio 2024
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Rileggendo le recensioni degli scorsi mesi alla luce degli eventi attuali, la riflessione si dispiega su due fronti paralleli: da un lato emerge chiara l’evidenza di ciò che è assente, dall’altro diventa ingombrante la presenza di tasselli che la quotidianità frenetica permette troppo spesso di accantonare. 

Una fra le questioni sollevate in questi giorni riguarda la necessità del teatro e l’ingiustizia del ritardo nelle riaperture delle sedi designate agli spettacoli dal vivo.

Probabilmente la ragione che più impone la necessità di affrettare la riapertura dei teatri è il bisogno di recuperare un luogo in cui la sospensione del quotidiano è concessa, in cui i pensieri veloci possono essere fermati, per dedicarsi alla riflessione e autoriflessione di ciò che è più grande, meno immediato, ma più reale dell’immediatezza.

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 “Qui e ora” non è possibile. Lo spettacolo dal vivo, già svilito in passato, sarà ulteriormente represso a causa dell’indispensabile distanziamento sociale dovuto all’emergenza sanitaria. Chissà in quanti ci staremo domandando: perché siamo rimasti inermi quando si concretizzavano i tagli dei fondi all’Istruzione, alla Sanità, alla Ricerca e alla Cultura? abbiamo smarrito la lucidità intanto che si depauperava il settore pubblico per sostenere il privato? 

Forse, considerato il presente, dovremmo restare in silenzio e porci queste domande. Forse avremmo dovuto fare, prima di adesso, “qualunque cosa” e rovesciare lo stato di passività sociale. Siamo e saremo capaci di fare “qualsiasi cosa” per risanare il bene comune? 

Per queste ragioni abbiamo ritenuto fosse importante condividere i seguenti due appelli.

 

Mentre C.Re.S.Co ha richiesto al Presidente Conte e al Ministro Franceschini che nel Comitato di esperti in materia economica e sociale, incaricato di elaborare e proporre misure per fronteggiare l'emergenza e per la ripresa graduale del paese, venga nominato anche un esperto del settore dello spettacolo dal vivo (qui il comunicato  https://bit.ly/2wLBixU), UTR – Unione Teatri di Roma si rivolge alla Sindaca Virginia Raggi e del Vicensindaco Luca Bergamo per studiare ulteriori azioni concrete.

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Il teatro è fermo. A quanto pare lo resterà ancora a lungo per il bene comune. Giusto, bisogna aspettare prima che ci siano le condizioni (per la sicurezza sia degli attori che degli spettatori), per tornare a vivere e fruire delle rappresentazioni teatrali. In questi giorni il dibattito su cosa si può fare per il teatro durante questa emergenza risponde a una domanda principale: trasmettere il teatro in televisione o sui social network può essere utile?

Il mondo degli addetti del settore è diviso in due. Da una parte chi, come Pino Strabioli, trova sbagliato, giustamente, parlare di teatro in televisione o sul web per il fatto che per potersi chiamare così è necessario avere un pubblico ed almeno un attore dal vivo. 

Dall’altra c’è chi invece spinge, come Monica Guerritore, per far sì che le emettenti televisive diano più spazio agli spettacoli teatrali e propone di far recitare gli spettacoli che sarebbero dovuti andare in scena in questi mesi in televisione.

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L’arte, in ogni sua espressione, può raccontare un periodo storico, un sentimento, una circostanza. E per farlo non deve necessariamente essere figlia dell’attualità. 

Un quadro di Hopper descrive perfettamente l’attesa di oggi, anche se è stato dipinto nei primi anni del Novecento; e probabilmente più di un lettore di Saramago ha pensato, come me, di vivere nel romanzo Cecità quando è esplosa la pandemia. Sono sicura che esempi di questo tipo si trovino anche nella musica e nel cinema. E ovviamente nel teatro. 

Qualche giorno fa, persa nelle mie riflessioni, mi è tornato in mente La Gabbia, lo spettacolo andato in scena al Brancaccino e recensito per La Platea a maggio 2019. La Gabbia, scritto da Massimiliano Frateschi e diretto da Massimiliano Vado, racconta la sospensione spazio-temporale in cui vivono e di cui sono vittime i due protagonisti. Uno spazio fisicamente rappresentato da una gabbia di nylon e fili di ferro, ma inesistente, se non nella mente di Max e Pier. Uno spazio in grado di intrappolarli in un eterno presente, nel quale è difficile immaginare un futuro, così come fare pace con un passato scomodo e amaro. 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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