Mercoledì, 06 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo Mistero Buffo, in scena dal 10 al 13 ottobre al teatro Brancaccino

 

Mettersi alla guida di una Ferrari non è affatto facile e spesso ci sono almeno due rischi: il primo è che in partenza il bolide si inceppi e con rumori da vecchia 127 si spenga così da creare attorno risatine di scherno; il secondo rischio, opposto ma non meno imbarazzante, è quello di risultare tracotante in partenza, bruciando tutti, semaforo compreso, facendo nascere sdegno e sentimento d’urto nei confronti di chi ha accelerato fuori dal seminato.

Insomma il compito di Ugo Dighero, andato in scena fino al 13 ottobre al Brancaccino con Mistero Buffo di Dario Fo, era davvero uno di quelli dove sbagliare anche solo una virgola, un tempo, un gesto e uno sguardo si sarebbe rivelato fatale. Eppure lui è riuscito nella perfezione a far rivivere tutto il senso e le atmosfere del celebre spettacolo del maestro. Vero è che, come raccontato nell’intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa (disponibile cliccando qui), sono ormai più di trent’anni che il comico genovese porta a spasso per teatri il capolavoro di Fo ma come sempre, soprattutto con un testo del genere, ogni performance ha storia a sé.

Recensione dello spettacolo: L’attimo fuggente, di Tom Schulman. Con Ettore Bassi, Mimmo Chianese, Marco Massari, Matteo Vignati, Alessio Ruzzante, Matteo Napoletano, Matteo Sangalli, Leonardo Larini, Edoardo Tagliaferri, Sara Giacci. Regia di Marco Iacomelli. In scena al Teatro Ghione dal 10 ottobre 2019 al 20 ottobre 2019

 

Che strano tipo quel professor Keating che si affacciò nell’ autunno del 1959 in quell’aula del Colleggio di Welton, di cui in passato era stato anch’egli allievo. Qui, sotto il controllo attento e severo dell’austero preside Nolan ( Mimmo Chianese), la disciplina, la tradizione, l’onore e l’eccellenza sono i pilastri; i figli eseguono quello che vogliono i padri per divenire ciò che avrebbero voluto diventare i padri. Chissà cosa avrebbero desiderato realmente per se stessi quegli studenti che si ritrovarono al College per un nuovo anno di corso, disabituati ed impauriti dal loro sentire autonomo, troppo presto immolato e anestetizzato per un futuro deciso da altri. Come un’improvvisa aria fresca di prima mattina che, dolce e inaspettata, accompagna i risvegli, quelle strane parole e quel singolare modo di insegnare del prof. Keating destarono i ragazzi dal loro torpore esistenziale, illuminandoli sul senso della loro vita. Non lasciarsi vivere, ma vivere cogliendo l’essenza della propria esistenza, non permettere di andare a ciò che non ritorna, ma afferrarlo, inseguirlo, fino a succhiarne il nettare.

Recensione di Raffaello, di Vittorio Sgarbi in scena al Teatro Olimpico dal 9 al 13 ottobre 2019            

 

                       Quanto largo e benigno si dimostri talora il Cielo collocando, anzi per

  meglio dire riponendo et accumulando in una persona sola le infinite

  ricchezze delle ampie grazie o tesori suoi e tutti que' rari doni che fra

  lungo spazio di tempo suol compartire a molti individui, chiaramente

  poté vedersi nel non meno eccellente che grazioso Rafael Sanzio da Ur-

bino; il quale, con tutta quella modestia e bontà che sogliono usar coloro

  che hanno una certa umanità di natura gentile, piena d'ornamento e

  digraziata affabilità, la quale in tutte le cose sempre si mostra onorata-

  mente, spiegando i predetti doni con qualunche condizione di persone et

  in qualsivoglia maniera di cose, per unico od almeno molto raro univer-

salmente si fe' conoscere. Di costui fece dono la natura a noi (….) 

                        Per il che sicurissimamente può dirsi che i possessori delle dote di Rafaello 

                        non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali; e che quegli che coi ricordi della  

                        fama lassano quaggiù fra noi per le opere loro onorato nome, possono ancora sperare

                       in cielo guiderdone delle loro fatiche, come si vede che in terra fu riconosciuta la 

                       virtù, et ora e sempre sarà onoratissima la memoria del graziosissimo Rafaello.

 

                                                                                                          Giorgio Vasari, Le vite 

 

È questo il ritratto che Giorgio Vasari ci ha lasciato del sublime genio rinascimentale con cui prende il via “la lectio magistralis” di Vittorio Sgarbi che dopo Michelangelo e Leonardo, quest’anno ha per oggetto Raffaello Sanzio. Tre ore e un quarto di spettacolo hanno solo tentato di penetrare e sviscerare lo spazio prospettico, la luminosità celestiale, l’armonia, la dimensione poetica e divina della creazione artistica raffaellita.

Recensione dello spettacolo Valium, una commedia anti stress, in scena al teatro della Cometa dal 9 al 27 ottobre 2019

 

Gli intenti di Valium, una commedia anti stress, sono chiari fin dal momento in cui entriamo in platea in attesa di assistere alla messa in scena. Davanti a noi il sipario è aperto e la scena, che mostra i preparativi di uno spettacolo all’interno di un teatro, già allestita.

Un tavolo, delle sedie ed il palco, del tutto privo delle quinte, profondo e misterioso. Gli attori entrano in scena e si mettono in fila (ricordando un allestimento di Giorgio Latella), pronti a decantare a turno un’interessante riflessione sul ruolo che il compromesso ha nella nostra società. Il compromesso è proprio il cardine del racconto, una volta che ogni attore ha detto la sua ecco che progressivamente ogni personaggio comincia a delinearsi e lo spettacolo ha inizio. La storia raccontata è fin da subito accattivante e coinvolgente.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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