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Ugo Dighero fa rivivere Dario Fo utilizzando al meglio le armi del Maestro: ritmo, leggerezza, dinamismo e gramelot
Recensione dello spettacolo Mistero Buffo, in scena dal 10 al 13 ottobre al teatro Brancaccino
Mettersi alla guida di una Ferrari non è affatto facile e spesso ci sono almeno due rischi: il primo è che in partenza il bolide si inceppi e con rumori da vecchia 127 si spenga così da creare attorno risatine di scherno; il secondo rischio, opposto ma non meno imbarazzante, è quello di risultare tracotante in partenza, bruciando tutti, semaforo compreso, facendo nascere sdegno e sentimento d’urto nei confronti di chi ha accelerato fuori dal seminato.
Insomma il compito di Ugo Dighero, andato in scena fino al 13 ottobre al Brancaccino con Mistero Buffo di Dario Fo, era davvero uno di quelli dove sbagliare anche solo una virgola, un tempo, un gesto e uno sguardo si sarebbe rivelato fatale. Eppure lui è riuscito nella perfezione a far rivivere tutto il senso e le atmosfere del celebre spettacolo del maestro. Vero è che, come raccontato nell’intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa (disponibile cliccando qui), sono ormai più di trent’anni che il comico genovese porta a spasso per teatri il capolavoro di Fo ma come sempre, soprattutto con un testo del genere, ogni performance ha storia a sé.