Recensione dello spettacolo WC Niet in scena dal 16 al 19 gennaio 2020 al Teatro Lo Spazio
Le donne dell’est sono fredde. A Milano sono snob e quasi sicuramente manager. Ah, e di cognome fanno Brambilla. A Roma, invece, il caffè si fa ancora e solo con la moka; mentre per il mondo intero una donna a 45 anni può dire addio alla maternità. E chi più ne ha (di cliché) ne metta (in scena), si potrebbe pensare dopo i primi minuti di WC Niet, la commedia “italo-ucraina” di Elisa Pazi per la regia di Matteo Vacca.
In effetti Francesca, Olga, Serena e Martina prima di essere donne, legate tra loro da una qualche relazione di amicizia o lavoro, sono macchiette, caricature di sé stesse con addosso il peso di un destino immutabile: quello assegnato loro dalla società.
Olga (che a Elisa Pazi riesce alla perfezione) è la donna delle pulizie che vive e lavora in Italia per mandare il suo stipendio in Ucraina, la terra che ha dovuto lasciare. Come da immaginario collettivo si contraddistingue per l’accento marcato, il temperamento forte e l’atteggiamento freddo e distaccato.
Francesca (Serena Rossi) è la rappresentazione della donna italiana di mezza età e single: ancora si interroga sull’amore e sulla maternità, ma senza darlo troppo a vedere. In fondo anche lei crede che ormai sia troppo tardi, per l’uno e per l’altra.
Martina (Sarah Ghidoni) è la donna in carriera che, per il lavoro, ha rinunciato a costruirsi una famiglia. Acida, poco empatica e precisina: impossibile immaginarsela diversamente.
Serena (Federica Sarti) è l’amica “scema” di una vita, quella che rincorre da sempre l’uomo ideale e aspetta un figlio da un flirt estivo. Da copione è superficiale, passa molto tempo su Instagram e non è mai cresciuta davvero. Ovviamente è sposata con un uomo che l’ama.
Se WC Niet, che per inciso non è la versione meno cara del più fortunato detersivo, fosse solo questo, l’opera della Pazi non sarebbe che l’ennesimo tentativo di riempire la sala grazie alla risata facile e a un testo senza troppe pretese.
In realtà, il secondo classificato al concorso Autori nel cassetto, attori sul comò 2019 ha il pregio di esasperare i luoghi comuni fino a renderli inverosimili, ridicoli, divertenti. Si ride spesso, ma la risata non è mai fine a sé stessa. Ci insegna che dietro ogni storia si nascondono rinunce, sofferenze, atti di coraggio; che prima di stigmatizzare qualcuno, dovremmo provare a conoscerlo; che nessuno è solo una madre, un professionista o il lavoro che fa; che si può essere molte cose insieme; e che il paese di provenienza non definisce chi siamo. Chi l’ha detto, ad esempio, che i guru dello yoga sono tutti indiani?
Certo, si potrebbe dire che in alcuni momenti il ritmo viene a mancare e che personaggi complessi, come quelli di Martina e Francesca, avrebbero forse meritato un’attenzione e uno sviluppo maggiori, a scapito, ad esempio, di figure secondarie come la madre di Francesca (Giorgina Pazi) e il portiere (Paolo Pioppini). Il messaggio però resta: niente è come sembra e soprattutto non è mai troppo tardi per cambiare il proprio destino.
Concetta Prencipe
25 gennaio 2020