Recensione dello spettacolo Due botte a settimana. In scena al Teatro Roma dal 21 gennaio 2020 al 2 febbraio 2020
Dove l’apparenza prende il sopravvento sull’essere è facile smarrire la direzione e impossibile trovare la parola per autodefinirsi: si rischia di rincorrere se stessi senza trovarsi nè riconoscersi. Tale anomia si sostanzia nella figura di Stefano (Stefano Sarcinelli), che potremmo definire un giovanotto ultracinquantenne appartenente alla schiera di “color che son sospesi”, privo di identità sia personale che lavorativa. Egli, sulla scia dell’impulso del momento, si improvvisa produttore teatrale. Nel suo appartamento adibito ad ufficio, sfila un improbabile aspirante attore (Leonardo Fiaschi) che, rifiutato più volte dallo stesso Stefano, si presenta più volte sotto diverse identità nel disperato tentativo di convincerlo. L’improvvisato stile di vita del nostro produttore è il riflesso di una certa agiatezza economica che permette al cinquantenne di sperimentarsi nelle sue momentanee passioni, sperperando denaro senza possedere un progetto di vita reale e solido.
Tale disponibilità economica è garantita dal padre Raimondo (Marco Marzocca), siciliano vecchio stile, innervato e nutrito dai forti valori di una volta. Tuttavia l’impostazione genitoriale mal si coniuga con un ostinato “navigare a vista” del figlio, causando disillusione e rabbia nel sign. Raimondo. Egli, infatti, appare incessantemente scandalizzato dall’ambiguità dei personaggi che frequentano la casa del figlio e di come questi si lasci facilmente imbrogliare dalla vita. All’interno di tale intelaiatura narrativa portante, fanno incursione altri personaggi come Ariel, l’improbabile domestico asiatico dall’italiano incerto, al servizio di Stefano. Il domestico contribuirà in modo decisivo a metter nei guai padre e figlio a causa della sua alquanto imperfetta comprensione della lingua italiana: dal travisamento della stessa avranno luogo equivici e situazioni indistricabili.
Il piacevole e divertente spettacolo trova il suo perno comico nella contrapposizione di mondi opposti: quello di Stefano e di suo padre Raimondo. Tale dissonanza viene ulteriormente amplificata dagli interventi sgrammaticati della restante compagine che, maldestramente, esaspera le divergenze creando dinamiche paradossali di difficile risoluzione. La spontaneità recitativa di Marco Marzocca nel dare vita a diversi personaggi, molti dei quali già collaudati, diviene tranquillizzante garanzia di divertimento. Particolarmente efficace, tra le sue “creature”, quella del sig. Raimondo che, sostenuto spesso da una ritmica recitativa in crescendo, riesce a trasferire efficacemente la sua sanguignità al pubblico.
Parimenti convincente l’apporto di Stefano Sarcinelli che, alternando il ruolo di spalla comica a quello di coprotagonista, restituisce dinamicità alla pièce. Egli, nei panni di Stefano, si contrappunta efficacemente all’energia irruenta e grezza del padre, plasmando un personaggio sobrio, quasi sognatore, così vuoto di sè da riempirsi di auto-illusioni, credendosi un furbo fiutatore d’affari. Di rilievo assoluto l’efficace contributo di Leonardo Fiaschi nella caratterizzazione di diversi personaggi, alcuni inediti, altri spassosamente imitati, come ad esempio Gianna Nannini e Papa Francesco. Senza trascurare, ad opera dello stesso Fiaschi, la caricatura di uno stanco e svogliato psicoanalista che, durante una seduta con Stefano, gioca stancamente con il tablet. Scritta e diretta dagli stessi Marzocca e Sarcinelli, la pièce risulta decisamente ben strutturata, con una ritmica già fisiologicamente presente nella stesura, e ulteriormente esaltata dall’intervento registico attento alla movimentazione corporea dei personaggi e agli accenti emotivi del parlato. Viene parzialmente supplita così una certa prevedibilità di alcune battute e di risoluzione di determinate soluzioni narrative.
Custodito tra le pieghe della comicità, un prezioso nucleo drammaturgico dai risvolti emotivi. La miopia di Stefano per la vita che passa senza essere colta nella sua essenza viene metaforicamente raccontata nel passaggio in cui l’attore provinato, stanco di non essere notato, lascia definitivamente l’ufficio di Stefano che, in un’improvvisa inversione di ruoli, chiederà invano all’attore un’ultima possibilità..per accorgersi di lui.
Il racconto sommerso di un certo “sentire emotivo” sottostante ad alcuni eccessi caratteriali visibili si esplica nel vibrante disagio di un padre ( Raimondo) che fatica a riconoscere il proprio figlio, perchè troppo distante da sè, e di cui di fatto..si vergogna. Esemplificativo, a tal proposito, il momento in cui il Sig. Raimondo rinfaccia al figlio di aver smesso di frequentare i pochi amici rimasti, per evitare di sentirsi in imbarazzo quando questi tessono le lodi dei loro figli...È triste, infatti, rimanere muti.
Il numeroso pubblico presente alla prima applaude divertito e appagato da una pièce che offre brillantezza e propone venature di riflessione.
Simone Marcari
24 gennaio 2020
Informazioni
Cast: Marco Marzocca, Stefano Sarcinelli e Leonardo Fiaschi
Testo di Marco Marzocca e Stefano Sarcinelli
Regia di Marco Marzocca e Stefano Sarcinelli
Musiche di Leonardo Fiaschi
Scenografia di Elisabetta Maestri
Costumi di Betti Bimbi