Recensione dello spettacolo Artemisia in scena dal 6 ottobre al 5 novembre del 2017
Per ricominciare il teatro Flaiano sceglie una donna rivoluzionaria: Artemisia ,donna protagonista degli inizi del ‘600, capace di manifestare un segnale di riscossa nel periodo storico da lei vissuto e che sembra permeare tra le mura del Flaiano e dare anche a quest’ ultimo un sapore rinnovativo. La scelta di esordire con uno spettacolo dai contenuti crudi sembra si sposi molto bene con la stessa carica dalla quale questo teatro vuole ripartire. La vita difficoltosa e intensa della pittrice, scenicamente vien resa più che bene dal musical, il genere che caratterizza lo spettacolo.
La musica che accompagna le parti cantate dall’ inizio alla fine dello spettacolo oltre che a dare ritmo, contribuisce soprattutto a far emergere i conflitti emotivi dei personaggi. La vita di Artemisia viene mostrata attraverso quadri scenici, dove ognuno di essi è animato dal canto che caratterizza monologhi, dialoghi e scene corali che gli attori interpretano. L’ aspetto moderno del musical caratterizzato dagli attori in scena è contrapposto ad un elemento classico, ovvero l’ uso dell’orchestra. Essa è situata ai piedi del proscenio e sembra conferire drammaticità oltre che all’opera anche alla struttura teatrale, che nell’ ospitare questo spettacolo, sembra allo stesso tempo voler diventare il biglietto da visita della serata. Il carattere delle vicende della vita di Artemisia si incastrano nella giusta maniera con il genere del musical, poiché le caratteristiche di quest’ ultimo delineano la tragicità dell’ opera.
L’estensioni musicali e canore degli attori, rendono plastico il quadro scenico, a questa plasticità contribuisce il disegno delle luci e la presenza dei costumi, che sono in grado di trasporre le azioni teatrali alle quali si assiste ad un valore pittorico. L’ aspetto mistico, che sembra venir fuori se analizziamo la vita reale della pittrice, in scena viene tradotto in maniera pratica nella sequenza degli avvenimenti che costituiscono la vita dell’artista. Seppure l’ opera riguarda un’artista vivente in età barocca, la regia non si affida a nessun virtuosismo o ornamento caratterizzante del XVII secolo, ma si affida pienamente al codice del musical, il quale è capace di concedere uniformità alle azioni e alle reazioni che gli attori creano tra di loro. Altra caratteristica che emerge del musical, è come il regista Alberto Sebastian Ricci, abbia saputo combinare lo stile drammaturgico con l’ utilizzo dei costumi e i disegni delle luci.
La formazione artistica del regista è capace di delineare la forma artistica del musical in tutte le parti dello spettacolo, assegnando ad ogni componente il proprio linguaggio. Il modo in cui viene ad esempio gestito il comparto luci, contribuisce a rendere la vivacità sia del dramma che della protagonista. I cambi di luce che accompagnano all’ interno della scena i passaggi di vita della pittrice e quelli emotivi dell’ attrice, aiutano a capire ciò che affronta il personaggio. Lo stesso vale per la scelta dei costumi, capace di rendere l’ aspetto socio culturale del personaggio e di conseguenza rendere più tangibile il carattere che l’attore interpreta. Interessante per una riflessione sull’ aspetto compositivo dello spettacolo, è sapere che oltre alle musiche inedite, composte da Marco Rosati, sono inediti anche i testi dei brani creati da Lucia Di Bella. Anche se lo spettacolo è in scena dal 2015, dove ha esordito al Teatro Lyrick di Assisi, riesce a proporre sempre aspetti innovativi, che sono affiancabili sia al carattere della pittrice seicentesca e sia alla scelta di Massimo Rossi; a lui il merito di voler dare un’ ulteriore voce teatrale nelle strade di Roma, scegliendo di far rivivere il teatro Flaiano con l’intento di riconsegnarlo al suo valore artistico che ebbe inizio nel 1924, anno della sua nascita.
Emiliano De Magistris
11 ottobre 2017