Recensione dello spettacolo Ferdinando in scena al Piccolo Eliseo dal 18 ottobre al 5 novembre 2017
5 agosto 1870. I rintocchi di un orologio a torre scandiscono il tempo che non passa mai all’interno delle mura di una vecchia dimora nei pressi di Napoli. È qui che, su un letto di candide lenzuola bianche, trascorre le sue giornate Donna Clotilde (Gea Martire), tra farmaci, orazioni, conversazioni con una lontana cugina Gesualda (alias Chiara Baffi), che le funge da infermiera, e le visite del parroco del paese Don Catellino (Fulvio Cauteruccio).
Clotilde è una baronessa borbonica che mostra insofferenza e sdegno nei confronti della nuova cultura e dell’assetto sociale che va configurandosi dopo l’unificazione del Regno d’Italia, tant’è che come segno di disprezzo è solita esprimersi perennemente in napoletano lasciando alla lingua italiana il tempo che trova. Ma di tempo ce n’è tanto. Forse anche troppo per una signora come lei che ha deciso di darsi e sentirsi malata (ma forse la sua è solo una patologia mentale, frutto della sua idiosincrasia nei confronti di Vittorio Emanuele II di Savoia).