Recensione dello spettacolo Personalità allo specchio in scena al Teatro Lo Spazio dal 17 al 21 gennaio 2018
Il palcoscenico è vuoto, pronto ad accogliere i ballerini che da lì a poco faranno il loro ingresso per esibirsi in tre diverse coreografie di danza contemporanea, mentre sul braccio più lungo del palco, quello che a destra cinge un lato della platea, un giovane cantautore intrattiene il pubblico tra un’esibizione e l’altra. In quello che, apparenze a parte, è qualcosa di più di una semplice performance di danza.
Personalità allo specchio va oltre le definizioni e oltre quella barriera invisibile che separa attori, danzatori, cantanti e qualsiasi altro artista dalla propria audience. Offre al pubblico in sala la possibilità di guardare dall’altra parte della quarta parete, di specchiarsi e riconoscersi in quei passi di danza che raccontano un’altra storia: la storia dell’uomo di spettacolo o dell’uomo qualunque alle prese con l’ansia.
Ed è così che il palcoscenico si trasforma nel lettino dell’analista e il teatro più che mai diventa occasione di cura e scoperta di sé. In una parola: terapia. Mentre danzatori e studiosi della materia si preparano a dare inizio ad un vero e proprio talk show.
Luci chiare e ben puntate, un paio di sedute e di nomi, tra cui la psicologa e teatroterapista Maria Luisa Carnesi e il neuropsichiatra e psicologo Roberto Fornara, per dar voce all’unica emozione che un danzatore in scena deve provare a camuffare: l’ansia. Perché Personalità allo specchio è anche questo: il racconto di quel terrore “sano” che si prova di fronte ad un grande pubblico o ad un esame importante, affidato alle parole di chi questo sentimento lo vive quotidianamente o lo studia e alla curiosità dei presenti che, finalmente e senza impegno, hanno l’occasione per chiedere agli esperti in materia come fare per vincerlo. E magari scoprire che, a piccole dosi, l’ansia tanto demonizzata può rivelarsi un’ottima alleata.
Personalità allo specchio, diretto da Antonella Granata e dal primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma Manuel Paruccini, ha sicuramente il merito di avvicinare e far dialogare tra loro tre grandi discipline, come la danza, il teatro e la psicologia, e di riportare alla luce della ribalta la funzione originaria del teatro-forma di narrazione e spiegazione della realtà. Al tempo stesso, l’obiettivo risulta troppo ambizioso ed esaudito solo a metà.
Restano gli spunti di riflessione e il bisogno di rimuginare ancora su un argomento così vissuto, una volta a casa. Quel che non ci si porta dietro, invece, è l’emozione e l’appagamento dei sensi che solo il teatro, quello fatto bene, sempre restituisce.
Concetta Prencipe
23 gennaio 2018