Quella di Don Quijote è una follia sana. Spinta da un impulso interiore che ne deforma la realtà, tanta è la voglia di cambiarla. Il "folle" cavaliere ci mostra il problema di fondo dell'esistenza, cioè la delusione che l'uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l'immaginazione, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui
l'uomo si identifica. Non è quindi difficile immaginarci come lui, oggi. Eterni cavalieri che combattono quotidianamente con i mulini a vento di una società decadente. Il Don Quijote contemporaneo è un uomo che viene illuso, deluso, ingannato e si trasforma da sognatore ironico e spensierato in un personaggio tragico, che prima di dichiararsi risanato e pentito,
e dunque vinto, sul letto di morte, esclama: io sono nato per vivere morendo". “Non muoia, signor padrone, non muoia. Accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perchè la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall’avvilimento...” E’ a queste parole, quelle che Sancho Panza rivolge al suo cavaliere errante in fin di vita, che Loris Petrillo si ispira per affrontare il suo nuovo lavoro coreografico.