Venerdì, 22 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo della FSOA al ‘Giovanni da Udine’ il 17 febbraio 2024

 

Il ‘Giovanni da Udine’, in questa stagione ha offerto numerose occasioni per preziose riflessioni, musicali e non solo, proponendo spettacoli inconsueti, incontri stimolanti, creando situazioni culturali di grande spessore.

Sicuramente rientra fra le proposte più interessanti il concerto della Female Symphonic  Orchestra Austria diretta da Silvia Spinnato, con la partecipazione speciale di una delle voci più importanti  degli ultimi trent’anni, il soprano friulano Fiorenza Cedolins , che in qualità  di direttrice artistica, carica dalla quale è decaduta proprio il giorno prima del concerto,  aveva organizzato l’evento.

Peraltro una brillante conferenza  tenuta  da Carla Moreni, critico musicale e docente di storia del teatro, aveva affrontato, nel pomeriggio, il tema importante del ‘Gender gap’, sempre drammaticamente attuale, offrendo una serie di interessanti spunti per meglio assaporare il concerto  serale e della figura di Amy Marcy Cheney Beach , pietra  miliare per la cultura americana, ma anche un caposaldo delle lotte per l’affermazione dei diritti delle donne.

Il programma della serata, premiata da una partecipazione  amplissima di pubblico che riempie ogni ordine di posti,  è quanto mai stimolante: la prima parte è dedicata a Amy Marcy Cheney Beach pioniera della composizione americana, autrice della sinfonia op. 32, “Gaelica”, prima composizione sinfonica a firma femminile pubblicata in America ed eseguita, nel 1894, dalla Boston Symphony Orchestra.

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Recensione dello spettacolo “Buonanotte, Mamma”, in scena al teatro Sala Umberto dal 15 al 25 febbraio 2024

 

Jessica (Mariangela D’Abbraccio) ha deciso di tirare una linea: a fine serata si suiciderà. Il ticchettio di un orologio segna lo scandire del tempo verso l’ineluttabile scadenza. Con lei, come da sempre, sua madre (Marina Confalone), che all'annuncio emerge da una vita fatta di televisione e di insignificanti piaceri.

Il dramma di Marsha Norman, Premio Pulitzer nel 1983, in scena alla Sala Umberto fino al 25 Febbraio nell’allestimento diretto da Francesco Tavassi, è una inesorabile resa dei conti.

Tutto il testo, nel fluire della conversazione con il suo inevitabile crescendo drammatico, è il doloroso bilancio del rapporto tra madre e figlia. Dallo svelarsi della vicenda si apprenderà come nel sofferto vissuto di quest’ultima, gravato dalla tara della malattia, costellato da fallimenti e da eventi avversi, il ruolo della madre sia stato sempre influente in maniera decisiva. Azioni, omissioni, imposizioni, che hanno segnato il destino della protagonista e che emergono dall’oblio del non-detto solo dopo il tragico annuncio che apre la rappresentazione e dà la stura a tutto. Quello fra le due donne è un rapporto simbiotico, viscerale, vincolante, in cui la più debole finisce avviluppata e condotta inconsapevolmente a un destino di quotidiana infelicità. Ma Jessica non lo rinnega, né maledice la madre e il suo passato. Nella vita da cui si sta allontanando vuole lasciare tutto a posto. Le ultime ore vengono trascorse con calma rassegnata e forse con inedita serenità. A nulla valgono i tentativi della madre di dissuaderla, riproponendo i gesti con cui è stata costruita la loro quotidianità. Il titolo racconta tutto: un commiato definitivo, ma affettuoso. “Buonanotte, mamma” è il saluto al mondo di una donna che finalmente ha trovato la forza di decidere da sola, anche se l'unica opzione che rimane nel suo futuro è quella più estrema. Perché abbandonare la madre è per lei abbandonare la vita.

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Recensione degli spettacoli Red room e Toxic game in scena allo spazio Recherche il 9 e 10 febbraio 2024

 

La regista e attrice Chiara Migliorini torna a Roma, nuovamente negli spazi di Recherche, per presentare i primi due capitoli della Trilogia clandestina o dei mostri, forte della sua apparentemente inesauribile fame di nuove creazioni ma anche del gruppo di bravi attori e professionisti di cui ha saputo circondarsi. Red room e Toxic game – il terzo episodio si intitola Panicabaret e arriva a Roma il 1° di marzo – sono due spettacoli distinti ma accomunati da stilemi simili, ugualmente capaci di mettere lo spettatore al centro ma la cui destinazione è molto diversa. 

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“Fratellina” al Teatro India dal 13 al 18 febbraio 2024, lo spettacolo della compagnia Scimone e Sframeli, Premio “Le maschere 2023”, migliore novità italiana.

 

Quando ci si approccia a uno spettacolo pluripremiato come nel caso di “Fratellina” in scena al Teatro India, dal 13 al 18 febbraio 2024, l’aspettativa sale forte, se poi la messa in scena è a carico della compagnia  Scimone e Sframeli, il cui stato di grazia nel mondo del teatro contemporaneo è oramai abitudine consolidata, l’aspettativa si inerpica ancora di più rischiando inevitabilmente di venirne delusi. Ebbene, non è questo il caso, anzi, oramai Scimone e Sframeli hanno innestato radici solide sotto le assi dei palchi che calcano, tanto da riuscire a sentirne il respiro della musa Talia, che si fa ampio dinanzi ad ogni loro messa in scena. “Fratellina” è una boccata d’aria, fin dalla scenografia, due letti verdi, a castello, simmetrici, delle strutture di ferro leggere entro le quali si gioca tutta la messa in scena. Affatto banale, perché è all’interno delle stesse fragili gabbie che i quattro personaggi si muovono, le gabbie immaginarie in cui ognuno di loro si è richiuso per cercare di stare/o non stare al mondo. I quattro raccontano, senza alcuna soluzione la loro istanza di solitudine, non si assolvono, né si risolvono; lasciando al pubblico tutte le domande da porsi, forse l’unico fine che il teatro dovrebbe  darsi.  In “Fratellina” Nic e Nac, i due protagonisti, aprono la scena su una mattina, dove poter trovare forse una realtà nuova, dove riuscire, forse, a liberarsi dalle cose, da ogni cosa, per poter essere finalmente persone. Un passaggio che può avvenire solo dichiarando di non voler più nulla, l’unico desiderio è una povertà assoluta che possa liberarli da ogni limite ed aprirli probabilmente a nuova vita. Non a caso i nomi dei personaggi Nic e Nac (indossati da Spiro Scimone e Francesco Sframeli) derivano dall’espressione  siciliana "Chi nicchi e nacchi" che significa "Che cosa c'entra?", quasi a sottolineare la domanda continua e elementare che ognuno di loro si pone ripetutamente.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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