Venerdì, 22 Novembre 2024
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La recensione di I ragazzi Irresistibili, in scena per l’Ert a Palmanova il 22 febbraio 2024

 

L’Ert  in questa stagione è riuscita ad organizzare dei  cartelloni decisamente interessanti per i teatri della sua rete.

Ci sono spettacoli  comici, drammatici, di gusto tradizionale, alternativi, di danza, concerti, incontri, sperimenti  ed avanguardie.

Perfettamente coscienti della necessità di riportare i giovani a teatro, gli organizzatori stanno cercando di proporre un caleidoscopio di iniziative, per riuscire a coinvolgere fette nuove di pubblico, a rimpolpare la schiera degli appassionati.

Ci sono nomi di grande popolarità, altri assolutamente emergenti. Appaiono fra gli attori alcuni personaggi baciati dalla visibilità televisiva ed altri del tutto sconosciuti.

In generale spettacoli di qualità buona, spesso ottima.

Ma anche delle serate memorabili.

Sicuramente una di queste è stata la messa in scena di ‘ I Ragazzi Irresistibili’, autentica  lezione di come si fa il Teatro .

Una prima considerazione: due mostri del palcoscenico come Umberto Orsini e Franco Branciaroli, che per inciso recitano senza amplificazione, hanno accettato di essere inseriti con una replica  della commedia di Neil Simon nel calendario dell’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia, andando a recitare su un palcoscenico, quello di Palmanova, che certo non vanta un prestigio nazionale od una capienza oceanica, come l’evento, peraltro, avrebbe meritato. 

Una prova di umiltà e di dedizione al pubblico che è già una lezione.

Scendendo al dettaglio dello spettacolo, di grande efficacia, ancor oggi, dopo oltre mezzo secolo,  il testo di Neil Simon , sul quale Massimo Popolizio, autore di una regia attenta e di grande efficacia, non è intervenuto con nessuna di quelle censure che forse saranno  anche ‘ politicamente corrette’ ma certamente sono letterariamente obbrobriose.

In un tempo in cui si sbiancano Otello e si criminalizza il Principe Azzurro perchè  bacia Aurora, addormentata, senza il suo consenso, che meraviglia ascoltare qualche frase scortese, vedere delle avances pecorecce e pensare che chi ha allestito lo spettacolo non abbia fatto tagli perché pensa che il pubblico che va a teatro sia sufficientemente intelligente da saper interpretare, valutare, distinguere, prendere le distanze.

Maurizio Balò, figura fondamentale per la scenografia teatrale del secondo Novecento, ha realizzato delle scene piacevoli visivamente, centrate dal punto di vista narrativo e molto funzionali..

La stanza dell’albergo, con la tappezzeria che in alto si stacca, la finestra opaca che non  ha memoria di essere stata pulita, la semplicità degli arredi, colpisce per come tratteggia l’ambiente e ci cala da subito nella giusta atmosfera.

Peraltro la scena è, di fatto, una cassa acustica efficacissima, il che, in un tempo in cui neppure all’opera pare si tenga conto delle leggi della fisica, è dote non da poco.

Non c’è nulla di superfluo, ma ogni particolare è curato.

Si apre la porta e vedi le altre porte sul corridoio. Quando Willy va in cucina, intravedi i mobili. Il giornale che il nipote porta allo zio attore è quello giusto. Il chiavistello che si blocca, troneggia  in  tutta la sua macchinosità. 

Quando i due protagonisti vanno a provare in televisione, ci sono i microfoni giusti, le scrivanie del tempo, gli arredi scenici raffazzonati, proprio come li ha descritti Simons.

Anche i cambi della scenografia a vista, fatti da gustosi personaggi in impermeabile, che si muovono a tempo di musica, sono una trovata che unisce funzionalità ed ironia.

Un piacere vedere tanta cura e tanta attenzione, oltretutto in uno spettacolo di giro, che quasi ogni giorno deve essere smontato e rimontato.

Altrettanto riusciti i costumi di Gianluca Sbicca, che sa distinguere con bravura i vari codici narrativi della vicenda, le luci di  Carlo Pediani, che regalano attimi di grande suggestione visiva.

Curato ed efficace nella resa il suono di Alessandro Saviozzi.

Accanto ai ‘due  ragazzi’, quattro bravi attori. 

Flavio Francucci è un nipote affezionato, che cerca di badare e tenere a bada l’imprevedibile zio.

Bravo nel mutare il registro, passando dai toni affettuosi a quelli irosi, per farsi poi supplichevole.

Strisciante con i potenti della televisione,  determinato con lo zio, Francucci riesce ad essere divertente senza scivolare nella farsa ed a raccogliere l’apprezzamento  del pubblico.

Eros Pascale è un godibile tecnico della televisione, un po’ imbranato, goffo nei movimenti, ripreso dal regista, cui Popolizio ha regalato la voce .

Emanuela Saccardi è una divertente e sconclusionata infermiera, dalle forme prorompenti e dalla voce volutamente sgradevole, costruita forzando  il registro acuto.

L’infermiera di Chiara Stoppa è severa, determinata, cinica, con sicuri tempi comici e grande mimica facciale.

Rimangono i due protagonisti.

Franco Branciaroli è Willy, un vecchio attore alla deriva, che non accetta di essere dimenticato, o forse meglio ne ha la consapevolezza ma non vuole ammetterlo pubblicamente.

La tavolozza dei colori è vastissima ed i registri espressivi sono sconfinati, ma non ci sono scivolamenti nella gigioneria, nell’autocompiacimento. Branciaroli dà la sensazione di entrare  ed uscire dal personaggio come se stesse ricamando il ruolo, con alcuni sorrisi spiazzanti che potrebbero essere indifferentemente dell’uomo o del personaggio e creano una magica intesa con la sala .

I tempi sono infallibili, la misura ineccepibile, i gesti sapienti. L’infarto che lo colpisce  è un crescendo di movimenti apparentemente incontrollati, che ha il ritmo di una vera coreografia, così come il semplice muoversi nella stanza è narrazione sapiente.

Una prova di superba bravura, peraltro decisamente faticosa visto che lo spettacolo lo vede in scena per due ore.

Impossibile trovare termini sufficienti a spiegare la prestazione di Umberto Orsini, che non dimentichiamo che ad aprile festeggerà i novanta anni e che è in tournee con due spettacoli.

Al, il suo personaggio, entra in scena dopo che è stato ampliamente descritto e demolito dall’ex compagno.

Si presenta come un vecchietto un po’ impaurito, incurvato, con uno sguardo fisso e spento.

Man mano che lo spettacolo va avanti, piano piano,la voce, all’inizio giocata  sui tono complessi del falsetto, diventa più stentorea, le frasi si fanno determinate senza perdere i toni disincantati, i movimenti ritornano quelli del vecchio attore. Per i capricci, figli della popolarità di un tempo, usa il registro vocale più alto, per il racconto dell’uomo che vive con la  figlia e la sua famiglia accarezza i toni del centro, ogni tanto scendendo verso l’ottava inferiore, quasi in un duello fra rappresentazione e metateatro, quando  ritornano alla superficie brandelli di affetto e memorie condivise.

Signorile ed elegante, appare come l’alter ego di Willy, che con il tempo si è fatto sciatto e greve.

Orsini trionfa con una recitazione chiarissima. Non sfugge neanche una parola del suo testo, che alle volte assume ritmi incalzanti e musicali, ma incanta anche con i silenzi, con l’immobilità che gli asciuga l’espressione, con i piccoli gesti con cui ingioiella la prova: un labbro che vibra commosso, una mano incerta.

Non si pensi che siano segni del tempo che passa: a fine spettacolo, al momento degli applausi, lo sguardo si fa vivacissimo, attento, percorre la sala, si illumina per le infinite acclamazioni; la postura è atletica, i movimenti quelli di un quarantenne e per di più agile.

Smessi ruoli, entrambi i protagonisti sembrano appendere, con gli abiti di scena, anche qualche decina d’anni ed incantano la platea dimostrando quanto la loro passione sia autenticamente Irresistibile.

Alla fine un trionfo per tutti, con acclamazioni  e standing ovation per  Branciaroli ed Orsini, chiamati in scena moltissime volte.

Una vera lezione di Arte, con due attori che hanno saputo regalare la Poesia del teatro.

 

 

Gianluca Macovez

24 febbraio 2024

 

informazioni

I RAGAZZI IRRESISTIBILI 

di Neil Simon

con Umberto Orsini e Franco Branciaroli 

e con Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi

scene Maurizio Balò 

costumi: Gianluca Sbicca
luci: Carlo Pediani
suono: Alessandro Saviozzi
regia Massimo Popolizio

produzione: Teatro de Gli Incamminati, Compagnia Orsini, Teatro Biondo Palermo
in collaborazione con: AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e Comune

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Recensione dello spettacolo Arlecchino? in scena al teatro Ambra Jovinelli dal 21 febbraio al 3 marzo 2024

 

La pièce in scena all'Ambra Jovinelli è una rilettura del goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni”, segnata da molti riferimenti ironici di attualità. Evidente la mano di Marco Baliani, qui in veste registica e autoriale. Lo spettacolo attraversa temi sociali in auge al giorno d'oggi, quali razzismo e rifiuto dell'immigrato, maschilismo e femminicidio, fluidità sessuale, sfruttamento sul lavoro, prendendo posizione critica. Ciò senza togliere nulla alla commedia altamente comica e ridanciana dove si passa dai lazzi alle battute, dal linguaggio colorito alle allusioni sessuali. La rappresentazione narra di un gruppo d'attori sgangherati che mette in scena con difficoltà questo copione: Arlecchino casualmente si impelaga a servire due padroni, combinando una serie di pasticci e fraintendimenti che scombineranno gli affari e gli amori di tutti gli altri personaggi.

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Recensione di ‘Ariadne auf Naxos’, in scena a Trieste dal 16 al 25 febbraio 2024

Il teatro Verdi propone al suo pubblico un titolo di Strauss assente dalle scene triestina da un ventennio ‘Ariadne auf Naxos’, diretto da Enrico Calesso ,  da quest’anno direttore stabile del teatro. Si tratta di un titolo complesso da mettere in scena, sia per la difficoltà a trovare cantanti all’altezza della parte, sia per lo stuolo di interpreti, sia per la complessità della partitura.

Diciamo subito che lo spettacolo è riuscito, merita di essere visto  ed ha offerto, nella recita cui abbiamo assistito, momenti di grande spessore musicale ed interpretativo.

Sicuramente il merito principale va a Calesso, profondo conoscitore della produzione musicale di area tedesca, che riesce a dirigere l’Orchestra con mano sicura, gesto elegante, tempi appropriati, offrendo una lettura affascinante della complessa composizione, che scorre con raffinatezza  nelle due ore dello spettacolo, coinvolgendo lo spettatore nelle trame musicali, evitando forzature ed inutili sottolineature ed esaltando il senso profondo del lavoro di Strauss,  profondamente amaro  e lucidamente disincantato.

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Recensione dello spettacolo “Edipo a Colono”, in scena al teatro Arcobaleno dal 17 Febbraio al 3 marzo 2024

 

Edipo (Giuseppe Pambieri), cieco e mendìco, erra vagabondo, sorretto dalla fedele figlia Antigone (Micol Pambieri). È giunto al termine dei suoi giorni e nel demo di Colono, da tutti reietto, in una terra sacra cerca asilo per le sue spoglie. Prima di giungere all’anelato riposo, vedrà sfilare davanti a sé per l’ultima volta le figure che hanno segnato la sua vita. L'altra amorevole figlia Ismene (Melania Fiore), il rabbioso figlio Polinice (Vinicio Argirò), votato a distruggersi in una guerra fraticida, il subdolo Creonte (Roberto Baldassari) che cerca di intrappolarlo nei giochi di potere, il benigno Teseo (Gianluigi Fogacci), che, nel nome delle leggi di Atene, darà asilo all’eroe sventurato che nessuno vuole. L'uomo pubblico e l’uomo privato trovano soddisfazione. Ogni personaggio uscito di scena rientra sul palcoscenico, prima che Edipo, finalmente solo, si avvii nel sacro bosco delle Eumenidi.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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