Venerdì, 22 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo “Ginger e Fred” in scena al Teatro Quirino di Roma dal 16 al 21 gennaio 2024

 

È più che un omaggio al suo creatore questa riproposizione teatrale di uno degli ultimi lungometraggi girati da Fellini: l’essenza del lavoro felliniano è stata colta, rielaborato e scrupolosamente rimodellata per il palco. 

Nelle vesti di regista e adattatrice, oltre che di attrice protagonista, Monica Guerritore si è rivelata, come sempre, una vera professionista: ciò che la guida è la sua fede cieca nell’entità “teatro” e in quello che deve continuare a rappresentare, cioè un luogo di catarsi per l’anima. Con questo spirito la si immagina mentre rilegge il testo felliniano, vi apporta quelle inevitabili modifiche che lo spazio stesso esige, e lo trasforma in uno spettacolo appetibile per la platea in sala, scandito da un ritmo piuttosto animato che non permette di annoiarsi. 

E così rivive la storia dei due protagonisti, Amelia “Ginger” e Pippo “Fred”, che, dopo molti anni lontani dai riflettori, vengono scritturati come ospiti per lo show di Natale di una trasmissione televisiva. Eccitati per il loro ritorno in scena e per questa reunion inaspettata, i due si rendono conto di essere dei pesci fuor d’acqua man mano che lo spettacolo televisivo va avanti e si chiederanno più volte cosa ci facciano lì. Quasi spaventati dal cattivo gusto del circo televisivo di cui sono solo delle caricature, decidono di ballare per un’ultima volta per rivivere quelle emozioni che avevano dimenticato da tempo.

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Recensione dello spettacolo “La fabbrica degli stronzi”, in scena al Teatro Quarticciolo il 13 ed il 14 Gennaio 2024.

Tre giovani personaggi vestiti del colore del lutto; un quarto si mostra come un corpo disteso su una barella. La comune colorazione dei capelli lascia intendere un vincolo, ma la tinta è malamente impiastrata. Le prime scene, in cui i giovani si affannano goffamente a comporre la salma, strizzano l'occhio ad un umorismo nerissimo e scorretto. La drammaturgia procede invece su altri territori, evolvendo verso un flusso della memoria che ha un gusto più amaro che acido.

Tre figli davanti al corpo della madre da seppellire. Lucy (Luciana Maniaci) Tom (Tommaso Bianco) e Fra (Francesco d’Amore) enumerano ricordi che non riescono a far collimare, così come nella loro vita non hanno collimato mai aspettative e risultati. Il loro dialogo è una enumerazione di fallimenti: amori persi per futili motivi, velleità artistiche lasciate andare, frustrazione e malattie psicosomatiche. Tutto davanti ad un cadavere che però non è inerte e ad una madre che, sollevandosi dalla posizione supina, ribatte alle accuse colpo su colpo.

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Recensione dello spettacolo ‘Franciscus’, il nuovo spettacolo di Simone Cristicchi, attualmente in tournée, in scena il 3 gennaio a Lignano Sabbiadoro per la stagione dell’Ert ed il 7 a Trieste, in quella del Teatro Rossetti

 

Si tratta di una proposta  quanto mai impegnativa: un’ora e mezza in scena, da solo, cantando e recitando  più ruoli, giocando su registri differenti, in una costruzione narrativa complessa e coinvolgente, che il pubblico , nella tappa triestina cui abbiamo assistito, salutata con  una oceanica standing ovation finale. Il rodarsi nelle repliche probabilmente porterà qualche minima, ma utile, smussatura al testo, scritto dallo stesso Cristicchi con Simona Orlando. Una manciata di minuti in meno  nella parte iniziale avrebbe  limato certi didascalismi, certamente opportuni  per  conoscere l’agiografia del Santo, ma forse non così utili al  ritmo narrativo, che nel corso della serata si fa più serrato e magnetico. L’allestimento, di grande piacevolezza, conta sulle funzionali scenografie di Giacomo Andrico e sui costumi di Rossella Zucchi.

Nel lungo monologo sono  inserite le canzoni scritte  con Amara, di grande suggestione narrativa, giocate su una composizione solo apparentemente semplice, ma ricca di raffinati rimandi, che consentono il dispiego di una tavolozza sonora variegata, mai scontata, capace di momenti di crescente suggestione, partendo già da situazioni di coinvolgimento intenso.

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Recensione di Hybris di Antonio Rezza e Flavia Mastrella in scena al Teatro Vascello dal 3 al 14 gennaio 2024

Una porta: l’elemento cardine della drammaturgia di Hybris è questo oggetto onnipresente in scena, essenziale alla rappresentazione al pari di un attore aggiunto. Ha il ruolo di delimitare idealmente gli spazi sul palcoscenico, crea una separazione tra un fuori e un dentro, tra ciò che ci appartiene e non appartiene, suscitando una serie di interrogativi al nostro protagonista Rezza, ma indirettamente a noi pubblico: se non ci fosse stato il dentro, sarebbe esistito il fuori? Sembrano essere in discussione le categorie su cui si struttura la proprietà personale, la nostra economia, la nostra società, ma conoscendo lo stile dell’autore protagonista, non ci meravigliamo affatto vista la sua vocazione anarchica a distruggere tutto ciò che è conformista, banale, consueto, tradizionale e limitante della libertà umana. In un’atmosfera estraniante e delirante, la porta diventa il leit motiv della drammaturgia permettendo al nostro attore di entrare ed uscire da tante situazioni di vita quotidiana, familiare, sociale: con un tale espediente bussa e si introduce nelle vite degli altri personaggi (rigorosamente muti, veniamo a conoscenza di loro dalle battute di Rezza).

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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