Recensione dello spettacolo Re Lear in scena al teatro Argentina dal 26 Novembre al Dicembre 2024
Gabriele Lavia con impeto e veemenza ci racconta d'un vecchio re accecato dalle lusinghe delle figlie astute, dalle apparenze e dal suo potere illimitato, in viaggio verso la redenzione dopo aver perso tutto.
Con il suo classico amore per la parola, quasi fisica, l'attore e regista compie kilometri nella scena e divora il testo dando spesso grande rilievo alla poeticità delle parole shakespiriane.
Due principalmente sono i volti che Lavia dà a questo Lear che interpreta: terribilmente iroso e infuocato d'una rabbia quasi eroica prima e impotente, perduto e fragile poi.
Una parabola universale che molti uomini egocentrici conoscono nella loro vita.
L'attore arriva fino all'estremo in entrambe l'espressioni emotive: “senza occhi né testa, e la rovina dentro” come recita testualmente.
Il primo tempo lungo ma ritmato serve alla composizione del dramma dei personaggi e sfocia in un scoppiettante secondo tempo in cui si succedono molteplici eventi molto emotivi e continui accadimenti movimentati.
I temi principali, la verità, l'amore, il tradimento, il potere, il dolore, il mascheramento e il perdono sono narrati e vissuti con chiarezza dagli attori.
E' la tragedia della menzogna e dell'ingratitudine.
Anche il rapporto padri e figli viene analizzato nei suoi significati morali e non ci risparmia la crudeltà del potere e dell'interesse personale a scapito di tutto e di qualsiasi valore: “per me è giusto ciò che mi conviene” dice Edmund.
E' spesso il nobile animo ad essere oltraggiato e a subire maggiormente ingiurie.
Come tutte le altre tragedie di Shakespeare anche questa risulta incentrata sul potere e sul male ch'esso causa. Ci sono tinte nere, sottili e a tratti molto dure in questa messa in scena, alcune crude, altre molto dolci grazie alla poesia di preziosi momenti intimi, rubati a qualche personaggio, spesso con retrogusto amaro.
Gli attori creano con successo dei personaggi chiari e vincenti, ben delineati e ricchi di mordente. Tra gli altri ricordiamo l'Edgar di Giuseppe Benvegna, che si destreggia in virtuose trasformazioni del personaggio nel corso dell'opera.
Poi il “Fool” di Andrea Nicolini, estroso, leggiadro, ben riuscito, con slanci musicali e scivolate sarcastiche in battute e giochi di parole, divertenti e latori di verità, che ricordano in parte quelli di Amleto o per altri versi di Mercuzio.
Verso il finale saranno molti i personaggi a rubargli la sua cifra, la follia, fino “a giocare al più matto“. Nella pazzia si nasconde un'amara verità che non si vuol dire o confessare.
Quella stessa verità definita paradossalmente da Lear come “un cane che ci caccia da casa a frustate”.
La vicenda ci fa pensare che tutti gli uomini debbano prima o poi volgere all'estremo o affrontare i loro spettri.
Una curiosità svela che Luca Lazzareschi, qui un commovente Duca di Gloster, una decina d'anni fa già fu in scena con quest'opera ma nel ruolo di Edgar, al fianco del buon Herlitzka e di Preziosi.
Infine le luci sicuramente azzeccate, partendo da un'unica bella scenografia, creano un'infinità di diversi spazi e situazioni, supportate dalle idee sceniche della compagnia.
D'efficacia pare la stessa scenografia, con mobili che diventano passi di montagna.
Le sedie sono spesso a terra o lanciate, simbolo implicito ed eloquente d'un mondo capovolto e decaduto.
Altri segni scenici parlanti silenziosamente possono incontrarsi con un po' d'attenzione nella ruota-roulette di legno e nel manichino apparsi sullo sfondo nel finale della vicenda, quasi un rebus della vita di ogni uomo, che è preda d'una mutevole e imprevedibile sorte “come manichino”, concetto già shakespiriano.
Demian Antonio Aprea
30 Novembre 2024
informazioni
dal 26 Novembre al 22 Dicembre 2024
Teatro Argentina
RE LEAR
Regia : Gabriele Lavia
Con: Gabriele Lavia, Luca Lazzareschi, Giovanni Arezzo, Giuseppe Benvegna, Eleonora Bernazza, Jacopo Carta, Beatrice Ceccherini, Federica Di Martino, Ian Gualdani, Mauro Mandolini, Andrea Nicolini, Gianluca Scaccia, Silvia Siravo, Jacopo Venturiero, Lorenzo Volpe.