Mercoledì, 27 Novembre 2024
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Recensione di Aspettando Godot in scena al teatro Lo Spazio di Roma dal 31marzo al 3 aprile 2022

 

Sulla scena, un albero imponente le cui diramazioni si allungano oltre lo spazio scenico; dai rami pendono sottili drappi di tessuto bianco a fungere da foglie; sotto sembrano ripararsi due inquilini molto particolari: Estragone e Vladimiro. La scelta del colore bianco crea uno scenario onirico in cui i due protagonisti si muovono in una dimensione sospesa in attesa dell’arrivo di qualcuno non ben identificato di nome Godot. I due sono clochard cercano di “passare il tempo”, frase ripetuta in diversi punti dello spettacolo e frase chiave dell’opera. Tutto si svolge attorno all’attesa dell’arrivo di Godot e intanto ci si interroga se è il caso di andare o rimanere, ma alla fine bisogna aspettare Godot e si rimane sempre fermi. Nell’attesa si cerca di dare un senso al tempo chiacchierando, pensando al suicidio, prendendo in considerazione la possibilità di separarsi, ma alla fine non accade nulla di tutto ciò, si finisce sempre nell’attesa dell’arrivo di Godot. A spezzare questa routine l’irruzione sulla scena di altri due improbabili tipologie umane: il proprietario del terreno su cui si trovano, denominato Pozzo e il suo schiavo Lucky ridotto in condizioni animalesche. Non è di immediata comprensione il loro ruolo e se rimandino ad altri significati, sicuramente movimentano la scena con le intemperanze di Pozzo che sottomette violentemente Lucky mentre dice di volergli bene. Sul finale tutto rimarrà uguale alla fase iniziale, restando sempre nell’attesa di Godot.

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Recensione dello spettacolo L'uomo dal fiore in bocca, di Luigi Pirandello. Con Lucrezia Lante della Rovere. Adattamento e regia di Francesco Zecca. In scena al Teatro Argot Studio dal 31 marzo al 10 aprile 2022

 

Osservare gli altri per distrarsi da se stessi, per dimenticarsi di quel senso di vuoto che solo la consapevolezza della morte può restituire così efficacemente. Rimanere affascinati dell'inutilità della altrui vita così leziosa, elegante, ma tremendamente sterile, diviene occasione per non avere rimpianti per il proprio termine corsa. Questi sono i concetti che l'uomo con il fiore in bocca esprimeva ad un avventore che aveva per pochi istanti perso il treno. E quel fiore diviene espressione del rapporto intimo ed individuale con la non esistenza: un fatto che dovrà accadere allo sfiorire dello stesso.

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Recensione dello spettacolo Se devi dire una bugia dilla grossa, due atti di Ray Cooney, versione italiana Iaia Fiastri. Con Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti e Paola Quattrini. Regia originale di Pietro Garinei. Nuova messa in scena: Luigi Russo. In scena al Teatro Quirino dal 15 al 27 marzo 2022

 

Imprevedibile. Come l’apertura incessante di porte, dove non sai mai se ad entrare è la persona che aspettavi o quella da cui fuggire.  Dinamico, come il cambiamento repentino di ruoli, identità e bugie per coprire altre bugie e altri ruoli. In un valzer di equivoci e  sotterfugi che, come porte irrequiete, dischiudono altri orizzonti e intrecci, si muove la commedia in due atti di Ray Cooney diretta in origine da Pietro Garinei nel 1986.

L’onorevole Riccardo  De Mitri ( Antonio Catania) alloggia con sua moglie Natalia (Paola Quattrini) all’interno del Palace Hotel. Il desiderio di intimità,  reclamato dalla moglie,  sembra proprio che Riccardo l’abbia destinato ad altre, avendo infatti predisposto un incontro segreto nello stesso albergo con la sua amante Susanna Rolandi (Paola Barale). Per realizzare il suo piano, egli chiede la collaborazione del suo collega di partito, Mario (Gianluca Ramazzotti), obbligandolo ad effettuare, con un nome fittizio, la prenotazione di una stanza matrimoniale, per poi cederla ai due adulteri. A sua volta anche Mario avrà qualcosa da nascondere all’onorevole De Mitri: infatti, suo malgrado,  per un equivoco accorso durante il tentativo di mascherare alla signora Natalia la verità,  sarà vittima dei bollenti desideri di questa. Un rigido direttore d’albergo (Ninì Salerno), un cameriere oltremodo intrusivo, un’antagonista politica moralmente ferrea e bacchettona sono solamente un frammento delle variabili impazzite che complicano e si oppongono all’intenzionalità iniziale, incarnandone di fatto il ruolo di antagonista. Per non parlare poi dell’improvviso arrivo del marito della Rolandi, (Sebastiano Colla) anch’egli capitato nell’albergo per un ennesimo equivoco.

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Recensione dello spettacolo Don Chisciotte in scena al Teatro Ambra Jovinelli dal 15 al 27 marzo 2022

 

“Su, non faccia il pigro, si alzi da questo letto, e andiamocene in campagna vestiti da pastori come s’è fissato, e chi sa che dietro a qualche siepe non si trovi la signora Dulcinea disincantata, che sia una meraviglia a vedersi”.

Don Chisciotte della Mancia, Miguel de Cervantes Saavedra 

 

Alessio Boni e il suo Don Chisciotte illuminano la platea dell’Ambra Jovinelli. “Suo” perché è frutto di una regia collettiva, insieme a Roberto Aldorasi e Marcello Prayer. Sul cavallo Ronzinante, una mirabolante macchina costruita in maniera sorprendente tanto da affezionarsi ai gesti del cavallo e a cui il bravissimo “ippoattore” Biagio Iacovelli dà vita, entra in scena il baldanzoso protagonista, Don Alonso Quijano, nobile della Mancia: l’hidalgo è un appassionato lettore di romanzi cavallereschi, che divora al punto da non saper più distinguere la realtà dalla finzione. La storia di Miguel de Cervantes è ampiamente conosciuta: Don Alonzo si convince di essere un cavaliere errante con il compito di proteggere gli oppressi: diventa così Don Chisciotte e, immaginando di poter ottenere, grazie alle sue imprese, la corona di Imperatore di Trebisonda, muove all’avventura con il suo malconcio cavallo, accompagnato dal fido scudiero Sancho Panza. Secondo i canoni della cavalleria, che, pur pazzo, Don Chisciotte segue meticolosamente, egli necessita di una dama da servire e del cui amore essere degno: don Chisciotte crea così la principessa Dulcinea del Toboso, a cui anela in modo romantico e che rappresenta il fil rouge dell’intera avventura in scena.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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