Recensione dello spettacolo Astor, Un secolo di tango in scena al Teatro Quirino dal 19 al 25 dicembre 2022
Le storie con una potenza narrativa straordinaria si possono rappresentare in molti modi, soprattutto se la storia è quella di Astor Piazzolla. Nel musicista argentino l’apertura ad un linguaggio musicale contaminato è anche conseguenza di un elemento biografico del tutto imprescindibile. Piazzolla trascorse parte dell’infanzia e della giovinezza a New York, dove la famiglia si era trasferita dall’Argentina in cerca di lavoro: erano gli anni del proibizionismo ed i Piazzolla integravano il bilancio familiare con la distillazione clandestina di alcool per conto della malavita italiana. Come George Gershwin, respirò il melting pot musicale della Grande Mela e non lo dimenticò mai. La Buenos Aires degli anni cinquanta era una realtà sostanzialmente chiusa e provinciale, ma Piazzolla guardò sempre al di là dei confini.
La leggenda narra che la prima volta che Borges ascoltò Piazzolla in concerto uscì dalla sala sbraitando: “Questo non è tango”. Era il tango nuevo, quello pensato, ideato, suonato da Astor Piazzolla, un’altra cosa, una rivoluzione. La voce di Jorge Luis Borges, fuori campo, ci ricorda questo legame particolare tra loro.
Astor, un secolo di tango, il concerto di danza andato in scena al Teatro Quirino, ripercorre questo viaggio potente e visionario. Il M° Mario Stefano Pietrodarchi, il cui lento incedere verso il bandoneón, posto al centro della scena, suona dal vivo lo strumento in modo quasi fisico, affiancato da un’orchestra virtuale, e viene messo in scena non il tango tradizionale, con i ruoli definiti uomo/donna, ma una visione nuova, quasi fluid. C’è una forza espressiva inattesa nelle sue esecuzioni della quale sembrano “nutrirsi” i bravissimi otto danzatori del Balletto di Roma; colpisce l’alta preparazione atletica degli interpreti e la grande capacità di dare anima alla tecnica, il loro virtuosismo, energia e sex appeal. Ogni movenza fatta di abbracci, sguardi d’intesa, con i corpi che si muovono liberamente o avvinghiati evocano nuove atmosfere. I costumi di scena di Silvia Califano sono infatti semplici, ispirati al tribale, essenziali.
Quando si apre il sipario, lo sfondo azzurro, il mare e le onde, i suoni delle navi al porto, trasportano il pubblico nella dimensione del viaggio, quello intrapreso da Piazzolla partendo, in giovane età, da Buenos Aires. Primavera Porteňa è la melodia che apre la scena, i danzatori si alternano sul palco, tra coreografie di gruppo, passi a tre e assoli, volgendo spesso lo sguardo a Pietrodarchi, che non lascia mai la scena, avvicendando in alcuni brani il bandoneon e la fisarmonica. Il musicista è parte integrante dello spettacolo. Con le sue coreografie, Valerio Longo dà una suggestiva contemporaneità all’intera struttura dello spettacolo che vive di una energica fusione tra musica e danza e le sue creazioni portano il segno di una straordinaria teatralità e di un lavoro fisico che si trasforma in virtuosismo e leggerezza. Le performance della compagnia sono esaltate con fantasia e immaginazione dal light designer Carlo Cerri con quel fascio di luce all’inizio e alla fine del viaggio. L’umanità intera è rappresentata, andando oltre la purezza tecnica e rituale del tango, per rafforzarne energie, desideri e palpitazioni tutte contemporanee.
A dirigere tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto è l’esperienza di Carlos Branca, regista argentino di spicco sulla scena internazionale e profondo conoscitore di Piazzolla.
Ogni istante della storia vive di nuovi colori. Lo sfondo si colora di rosso quando Piazzolla arriva a New York. I professionisti si lasciano andare a passi di danza, che mescolano stile contemporaneo ai passi tipici del tango, mentre Pietrodarchi esegue Oblivion e Libertango, due tra le composizioni più conosciute di Piazzolla. Una chicca la voce di Milva in un intermezzo, il tutto orchestrato dagli icastici arrangiamenti di Luca Salvadori.
“Ho scoperto la musica a 11 anni, una sera d’estate calda e umida, a New York. Era una musica bellissima, proveniva da una finestra, qualcuno stava suonando un pianoforte, rimasi incantato ad ascoltare. Soltanto in seguito scoprii che si trattava di Bach”. Con queste parole recitate dalla voce fuori campo del regista Carlos Branca, le note lente e malinconiche di Soledad, accentuano il tormento della partenza e la speranza di un ritorno.
L’atmosfera surreale viene scandita dal finale. Il volteggiare dei danzatori si ferma per lasciare che la musica faccia il suo corso, mentre una delle ballerine abbraccia il M° Pietrodarchi, protagonista della narrazione, non solo per le sue pregevoli esecuzioni, ma anche per il modo insolito di far parte della scena, spostandosi sul palcoscenico e sottolineando i vari passaggi della storia raccontata. E i danzatori stabiliscono con lui un dialogo continuo, come se quella unica fonte di musica, fosse anche l’unica fonte di vita, il cuore pulsante del viaggio.
Una conclusione salutata con un lunghissimo caloroso applauso del pubblico che ha assistito a un concerto di danza immediato e diretto, ma soprattutto al racconto di una storia d’amore.
Alessandra Perrone Fodaro
21 dicembre 2022
Informazioni
Astor, un secolo di tango
Concerto di danza e musica con la regia di Carlos Branca
Musiche di Astor Piazzolla
Arrangiamenti Luca Salvadori
Mario Stefano Pietrodarchi bandoneón e fisarmonica
Danzatori del Balletto di Roma: Serena Marchese, Paolo Barbonaglia, Cecilia Borghese, Roberta De Simone, Alessio Di Traglia, Francesco Moro, Lorenzo Petri e Giulia Strambini
Coreografie: Valerio Longo
Lighting design: Carlo Cerri
Costumista: Silvia Califano
Teatro Quirino
In scena dal 19 al 25 dicembre 2022