Domenica, 24 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo Ovvi Destini di Filippo Gili in scena al Teatro Sala Umberto dal 4 al 15 maggio 2022

Quanto siamo disposti a perdere prima di arrivare a vincere? 

La nuova opera drammaturgica firmata e diretta da Filippo Gili ancora una volta, fedele alla sua cifra stilistica, ci introduce a un’intimità familiare su cui pesa qualcosa di profondamente tragico. I suoi lavori sono delle tragedie greche contemporanee, aprono uno squarcio sull’incoerenza e la feroce ironia della condizione umana, sulla parte oscura che si trova in ognuno di noi e che può venir fuori, soprattutto con i legami familiari. 

Nel caso di Ovvi Destini, in scena al teatro Sala Umberto, le protagoniste sono tre sorelle. La minore, Costanza, (Daniela Marra) costretta su una sedia a rotelle, l’altra più realista e accudente, Lucia, (Anna Ferzetti), e la terza, Laura, (Vanessa Scalera) ludopatica che è, tragedia nella tragedia, erosa da un senso di colpa di un segreto nascosto che lo spettatore scopre dall’inizio. Laura, anni prima, decide di arrampicarsi per gioco all’interno di palazzo fatiscente: qui si staccano varie sbarre di ferro e, in un tragico effetto domino, tutto crolla addosso alla sorella minore. Compare un uomo misterioso (Pier Giorgio Bellocchio), che dice di essere testimone dei fatti, e la tormenta con battute e allusioni. Chi è realmente costui che appare come un sinistro “realizzatore di desideri”? Un ricattatore come può apparire all’inizio – o una voce della coscienza giunta ad offrire un’irripetibile possibilità di redenzione? Lo spettatore si chiede: qual è la colpa di Laura? Forse l’essere tornata giovane per qualche istante, recuperando la freschezza e lo spirito di tanti anni prima. 

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Recensione teatrale di Mimì da Sud a Sud sulle note di Domenico Modugno di Mario Incudine in scena al Teatro Quirino dal 26 aprile al 1 maggio 2022

Essere del Sud, qualsiasi Sud del mondo, sembra sempre una condizione particolare che diventa, col tempo una caratteristica dell’anima. L’emigrazione è troppo spesso il destino riservato ai popoli del Sud, costretti a spostarsi per trovare condizioni di vita migliori, ma non per questo i colori, gli odori, il calore della propria terra vengono dimenticati. L’odore della tua terra ti si imprime addosso e lo trasporti ovunque vai. Le inflessioni linguistiche, poi, sono un tesserino di riconoscimento che da una parte evidenziano subito la tua provenienza, dall’altro richiamano con emozione chi si riconosce nello stesso dialetto. Le difficoltà e la fatica dell’integrazione sono insite in questo percorso di vita. La drammaturgia di Sabrina Petyx prova a restituire tale particolare vissuto nelle parole del protagonista: “Più salivo più mi sentivo a sud”. Infatti, più ti allontani dalla tua terra d’origine e più senti forte il legame con essa che ti rimanda un contesto esterno troppo spesso estraneo e rigettante. Ma questa connessione con la propria origine ti permette di “volare” alto, come sottolineano le note di Domenico Modugno, parte integrante dello spettacolo, poiché per “salire, bisogna scendere”.

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Recensione dello spettacolo Aggiungi un posto a tavola, in scena al Teatro Brancaccio dal 7 al 30 aprile 2022

 

C’era una volta, anzi c’è, o meglio ancora potrebbe esserci un piccolo paese di montagna, che sta qui, lì, dovunque piaccia a chi sta ascoltando. Don Silvestro, giovane curato, riceve la telefonata più importante della sua vita. Il suo interlocutore si presenta come Dio. Lui, incredulo, sbatte giù la cornetta. Quando una voce tonante inizia a parlargli direttamente, si rende conto che è davvero il suo onnipotente datore di lavoro a essersi messo in contatto con lui per un secondo diluvio universale. Per Suo volere gli abitanti del paese sono stati scelti per costruire la nuova arca, sopravvivere al disastro e ripopolare il mondo. Da qui fraintendimenti, colpi di scena, fulmini e saette. 

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Recensione dello spettacolo Con un quaderno nel portapacchi – vol.1: Milano – Udine in scena a Fortezza Est dal 7 al 9 aprile 2022

 

"Partirò per un viaggio. A tenermi compagnia, soltanto Girardenga. È così che si chiama, la mia bici. Andrò da Milano a Udine con una pieghevole. Scordiamoci la pedalata assistita, questo è un viaggio analogico. Durata: 10 giorni.”

 

Il calore e l’intimità di Fortezza Est ci fa intuire quasi subito lo spirito dello spettacolo. Infatti, già alle prime battute capiamo che non è soltanto il resoconto di un’esperienza ciò che la talentuosa penna di Mortelliti ha riportato nel suo quaderno di viaggio e impresso, poi, negli spettatori.

“Con un quaderno nel portapacchi” nasce da un viaggio in bicicletta da Milano a Udine, un viaggio reale.

Come sempre Mortelliti è un turbinio: fiumi di parole rievocano sensazioni, immagini, sentimenti. La scena è ricca: oltre Girardenga (la bicicletta pieghevole e analogica), ci sono una chitarra, un’armonica e un amplificatore, panni stesi ad asciugare, teli che diventano fiumi, corde che tagliano lo spazio e poi s’intersecano; un blocco massiccio che ora è una sedia di un pub, ora un marciapiede, ora una panchina. È tutto abbondante, perché è una marea ciò che Mortelliti ha concretamente dentro sé e vuole condividere. È abbondante, eppure non risulta eccedente: rivela complessità, fatica, meraviglia, disagio. Siamo dentro una favola in cui incanto e inquietudine si alimentano e si respingono. Mortelliti è instancabile. Circa due ore di performance a ritmo serrato in cui l’attore racconta, canta, suona dal vivo, si destreggia nei numerosi cambi d’abito per farci conoscere i protagonisti dei suoi incontri più significativi.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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