Recensione dello spettacolo Il Minestrone, di Niccolò Felici. Regia di Alessandro Cecchini. In scena al Teatro Lo Spazio il 12 e 13 gennaio 2023
Molto più di un piatto composto da verdure e ortaggi. Il minestrone non è la somma dei singoli ingredienti ma l’incontro tra gli stessi: le prerogative del singolo elemento si armonizzano con quelle altrui e le differenze individuali lasciano il posto alla coralità. Il minestrone quindi metafora della parte sana dell'umano agire, quella che sa essere parte di un tutto. È questa la sfida implicita cui sono chiamati lo chef Guido, i due cuochi Dario e Sofia, e Richard, il responsabile di un improbabile ristorante, mai decollato e destinato a chiudere a breve. L'unica soluzione per evitare il fallimento è avere il coraggio di rinnovarsi, proponendo piatti nuovi, cambiando look e nome al locale: abbandonare insomma le certezze di sempre dietro le quali i quattro amici si sono pigramente nascosti disperdendo e depauperando i loro entusiasmi.
Lo chef Guido (Giorgio Petrotta) sembra essere il più visionario del gruppo, sente troppo stretta la dimensione di quell'ambiente privo di futuro ed è l'unico a sognare in grande: disperatamente tenta di convincere Richard ( Andrea Inserra) sulla necessità di evolvere per sopravvivere. Quest'ultimo è restio al cambiamento perchè imprigionato nel passato e da questo soggiogato: rivoluzionare il locale equivarebbe a tradire il ricordo dei momenti felici, quando insieme alla sua ex ragazza avevano aperto il ristorante immettendo i loro sogni precocemente svaniti con il tradimento di lei. L'immobilismo, ovvero il mantenimento dello status quo, forse è l'unico modo per sentire ancora la presenza della ragazza amata. Attorno ai due personaggi ruotano quelli di Dario (Niccolò Felici) e Sofia (Martina Venturi). Mentre il primo, predato da facili e provvisorie suggestioni, è ancora alla ricerca di una propria strada e sembra accontentarsi di “ciò che c'è”, la seconda, invece, appare più ispirata e seguire il vento del vero cambiamento. Ma contrariamente al minestrone, che necessita di una direzione comune tra gli elementi, il gruppo si scopre essere un piatto mal riuscito e privo di coralità, dove gli ingredienti non riescono a confluire in un unico sapore.
Drammaturgia (Niccolò Felici) originale e un sottotesto denso e profondo. Lo sviluppo della vicenda si muove per opposti incarnati dalle rispettive personalità dei personaggi (ben cesellate dal regista Alessandro Cecchini), i contrasti e le diverse intenzionalità dei quali creano un interessante rapporto di forze. Gli attori, sostenuti da una buona e spontanea recitazione e da un apprezzabile dinamismo corporeo, hanno efficacemente veicolato le diverse tonalità emotive della narrazione scenica. Riuscita, da un punto di vista registico, l'idea di inserire durante la recitazione improvvisi break a carattere musicale e coreografico, speziando così la stessa con nuovi sapori, esaltati dalla sintonia tra scenografia (Niccolò Felici) e progetto luci. Altresì è apparso adeguatamente trasmesso il parallelo tra il minestrone e la amalgama di gruppo e come la Papaya, inserita scriteriatamente nel minestrone, sia l'allegoria di quell'elemento disturbante che non permette l'incontro tra gli elementi. La pièce mostra qualche crepa, in termini di credibilità, in prossimità del suo epilogo, dove lo stesso finale sembra non essere stato adeguatamente preparato energeticamente, arrivando quando il “climax” era già in fase discendente.
Meritato sold out da parte di un pubblico divertito ed entusiasta, per un lavoro di buona fattura iniziato imperdonabilmente con più di mezz'ora di ritardo.
Simone Marcari
13 gennaio 2023
informazioni
IL MINESTRONE
DRAMMATURGIA: NICCOLÒ FELICI
REGIA: ALESSANDRO CECCHINI
CAST:NICCOLÒ FELICI, ANDREA INSERRA,
GIORGIO PETROTTA, MARTINA VENTURI
AIUTO REGIA: DAFNE MONTALBANO
ASSISTENTE REGIA: DANIELE DI MARTINO
SCENOGRAFIE: NICCOLÒ FFELICI
IN COPRODUZIONE CON:
“LABORATORIO DI ARTI SCENICHE
DIRETTO DA MASSIMILIANO BRUNO"