Recensione di Macbeth di Giuseppe Verdi in scena al Teatro Verdi di Trieste dal 27 gennaio 2023 al 5 febbraio 2023
Straordinaria ripresa dello storico allestimento da parte di un Brockhaus in stato di grazia
Il terzo titolo proposto dal Verdi di Trieste in questa stagione è ‘Macbeth’, nello storico allestimento con le scene di Josef Svoboda, ricostruite da Benito Leonori , i costumi di Nanà Cecchi e la regia di Henning Brockhaus. Una grande pagina del teatro, che il tempo rende ancora più preziosa e sempre più attuale, anche grazie all’enorme lavoro di prove seguito in persona da Svoboda, che riesce a far indossare a quasi tutti gli interpreti la parte come fosse un guanto.
In effetti lo spettacolo, già visto al Verdi dieci anni fa, incanta, ammalia, strega, travolge. Una soluzione scenica elastica e suggestiva, che si piega al racconto, delle proiezioni mai scontate, effetti eleganti, specchi, trasportano lo spettatore in una dimensione onirica, in una narrazione interiore affascinante e per certi versi sconvolgente.
Una lady pazza ben prima del sonnambulismo offre una lettura inedita della pagina verdiana, rimanendo, però, fedelissimi alla partitura.
I costumi, magnifici, accompagnano in un racconto che supera le barriere del tempo, ma anche dello spazio. Siamo a cavallo fra Shakespeare e Kurosawa, ma nulla appare eccessivo, niente risulta forzato, a dimostrazione dell’universalità della storia raccontata.
Indubbiamente l’impegno richiesto a tutti è stato enorme e non solo per le tante prove, o per la vicinanza delle repliche, che ha portato la prima compagnia ad esibirsi di fatto tre volte in cinque giorni.
Il coro, diretto da Paolo Longo, che di fatto ha un ruolo da coprotagonista, oltre a cantare con misura e grande equilibrio, ha dovuto esibirsi, soprattutto per quel concerne il versante femminile, in movimenti complessi e molto ben eseguiti, affiancando ballerine e streghe volanti, tutti sotto la direzione di Valentina Escobar, in questa occasione nelle vesti di coreografa.
Il Maestro Fabrizio Maria Carminati ha guidato con sicurezza un’ orchestra che conosce, riuscendo a calibrare bene i volumi, a supportare le voci ed a non sovraccaricare l’interpretazione musicale che alle volte potrebbe apparire subordinata alla narrazione, mentre invece è solo uno degli strumenti per raggiungere il giusto equilibrio teatrale.
Veniamo quindi agli interpreti.
Diciamo subito che tutti sono stati all’altezza della parte.
Bene I Piccoli Cantori della Città di Trieste diretti da Cristina Semerano, brave e ben impostate le apparizioni di Isabella Bisacchi. Maria Vittoria Capaldo, Sofia Cela, Crisanthi Narain, Damiano Locatelli e Giuliano Pellizzon, questi ultimi due impegnati anche in altri ruoli ben risolti. Sicura ed interessante la Dama di Cinzia Chiarini e corretto il Medico interpretato da Francesco Musinu. Gianluca Sorrentino era un adeguato Malcolm, scenicamente esuberante.
Banco era Dario Russo, basso dalla voce generosa, dotato di acuti sicuri, un colore non particolarmente scuro ma di grande bellezza, capace di costruire un personaggio ieratico ed al tempo stesso generoso, inserito perfettamente nella intricata trama shakesperiana,che lo vuole pedina di un gioco che ha ben altri protagonisti.
Antonio Poli è un tenore molto interessante, che regala la baldanza della sua potenza vocale ad un Macduff intenso, che non si fa travolgere dagli eventi, ma mette nel giusto rilievo la volontà di vendetta di un figlio ingiustamente accusato, di un marito cui hanno ucciso la consorte, di un padre cui la vita ha strappato i figli. In questa lettura emerge forte il significato drammaturgico del suo ruolo e la ricchezza degli acuti sicuri e squillanti non è autocelebrazione dell’interprete, ma racconto teatrale intenso, coinvolgente, di straziante bellezza ed intensità.
Giovanni Meoni è Macbeth. Canta la parte con correttezza, sicurezza tecnica, mettendo in evidenza un bel timbro, offrendo però un personaggio che non sembra soppesare le parole, avaro di sfumature piuttosto generico nell’interpretazione, sicuramente non coinvolgente quanto ci si aspetta, neppure nella grande pagina ‘ Pietà, rispetto, amore’.
Difficile dire se questa sia la cifra interpretativa del comunque bravo interprete o piuttosto una raffinata scelta attoriale, che porta in scena un Macbeth succube, un uomo arrendevole che la moglie schiavizza alla sete inestinguibile di potere.
Uno strumento in una partita più grande di lui.
Assoluta protagonista della serata Silvia Della Benetta, che tratteggia una Lady dalla fortissima personalità. Il soprano può contare su una sicura tecnica, che le ha permesso di sfoggiare, dopo trent’anni di carriera, un centro solidissimo, acuti centrati, appropriate agilità e di superare le difficoltà di cui è irta la parte.
Quello che ha caratterizzato la sua interpretazione è un lavoro minuzioso sulla parola, sulle sfumature, sul senso di ogni accento, che ha portato a maturare una Lady devastata dalla fame di potere, in preda ad una crescente follia, all’inizio cinica e lucida, poi fuori controllo.
Ogni movimento, qualsiasi espressione, perfino i respiri sono in perfetta sincronia con la musica. Nulla risulta fuori controllo e la gamma delle espressioni del volto evoca davanti a noi una donna meravigliata, una regina compiaciuta, una tigre che si aggira nella notte ed una bimba in cerca di giochi perduti.
Entra in scena accompagnata dalle streghe e da quel momento sembra avere come unico obiettivo il piacere del successo, che vive in una strabiliante tavolozza di sfumature. Si concretizzano davanti ai nostri occhi la moglie determinata, che canta con un timbro metallico che non lascia spazio a mediazioni; la donna sensuale che vuole sedurre lo sposo in preda al panico e che accompagna alle tinte voluttuose del canto i movimenti di un corpo che improvvisamente sembra imprigionato della rigidità dell’abito; gioca con i volumi, alternando un canto possente a pianissimi volutamente sussurrati, che descrivono meglio di mille parole la devastazione interiore che la abita; lascia irrompere in scena la sua parte bambina, che esplode in una scena del nottambulismo di grandissima presa, nella quale forse mancherà la componente del sogno, ma sicuramente è ben presente quella dell’incubo.
Persino la scelta di farle concludere l’aria finale fuori scena, penalizzando forse la resa sonora, sembra suggerire la sua entrata, o forse il suo rientro, nel rango delle streghe e la consegna al mondo eterno dei mostri che terrorizzano l’umanità.
Una prova dalla enorme personalità, che fa rientrare la Dalla Benetta nel novero delle Lady più interessanti ed originali di oggi.
Alla fine, il teatro, affollatissimo, ha tributo un successo trionfale a tutti gli interpreti, con particolare entusiasmo per la coppia di protagonisti.
Gianluca Macovez
30 gennaio 2023
informazioni:
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022
“MACBETH”
Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave da Shakespeare
Musica di GIUSEPPE VERDI
Personaggi e interpreti
Macbeth Giovanni Meoni
Lady Macbeth Silvia Dalla Benetta
Macduff Antonio Poli
Banco Dario Russo
Dama di Lady Macbeth Cinzia Chiarini
Malcolm Gianluca Sorrentino
Medico Francesco Musinu
Domestico di Macbeth/Apparizione Damiano Locatelli
Sicario/Apparizione Giuliano Pellizon
Araldo Francesco Paccorini
Apparizioni Isabella Bisacchi, Maria Vittoria Capaldo, Sofia Cella, Crisanthi Narain
Con la partecipazione del Coro I Piccoli Cantori della Città di Trieste diretti dal M° Cristina Semeraro
Orchestra Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Maestro concertatore e direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Paolo Longo
Con la partecipazione de I Piccoli Cantori della Città di Trieste
diretti da Cristina Semeraro
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda, Ricostruzione dell’allestimento scenico Benito Leonori
Costumi Nanà Cecchi
Coreografie Valentina Escobar
ALLESTIMENTO IN COPRODUZIONE TRA FONDAZIONE PERGOLESI SPONTINI DI JESI E FONDAZIONE TEATRO LIRICO GIUSEPPE VERDI DI TRIESTE
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, 29 gennaio 2023