Recensione de Il malato immaginario in scena al Teatro Prati di Roma dal 14 aprile al 4 giugno 2023
Nel 1673, Jean Baptiste Poquelin, meglio noto come Molière, mette in scena l'ultima delle sue più note commedie, cioè Il malato immaginario: testo rimasto nella leggenda non solo per diventare la satira per eccellenza nei confronti di ipocondriaci e medici incapaci, ma anche perché il celebre autore morì in scena mentre interpretava il ruolo del protagonista.
Nei secoli, molti registi e attori hanno omaggiato e ridato vita alla commedia di Molière. Solo per citarne alcuni: André Ruth Shammah, Peppino de Filippo, Paolo Bonacelli, Alberto Sordi, Emilio Solfrizzi, Aldo Giuffrè. Dal 14 aprile, al Teatro Prati di Roma, anche Fabio Gravina ha portato sulle scene un suo adattamento dell'opera. La trama è fedele all'originale: vi consigliamo di leggerla, qualora non l'aveste fatto, poiché è un vero classico del Teatro.
Nell'adattamento di Gravina vediamo subito delle novità. In primis l'arredamento. La scenografia di Francesco De Summa ci porta non nel seicentesco passato francese, ma ad un liberty italiano, quasi anni '30. Si capisce subito che non è una – perdonate il termine – “scenografia pigra”, cioè messa lì perché la ricerca era complicata. C'è un'armonia da seguire. Anche i costumi, infatti, si adattano bene allo stile delle scene. Esempio ci viene donato, oltre che alla divisa militare di Bernardo (Iannone), con i suoi stivali quasi tipici di una prima milizia fascista; anche dalle gonne delle protagoniste e alle ballerine della giovane Angelica (Religioso).
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