Recensione di Anna Bolena di Donizetti in scena al Verdi di Trieste il 21 gennaio 2024
Anna Bolena di Donizetti è opera estremamente complessa.
Musicalmente irta di difficoltà per tutti gli interpreti, con una partitura che richiede misura ed eleganza al direttore d’orchestra, non semplice da gestire registicamente, perché i ruoli sono di grande spessore, vocale e scenico.
Diciamo subito che, pur con una serie di possibili considerazioni, la scommessa triestina è stata vinta alla grande.
Uno spettacolo che merita di essere visto e, nonostante le tre ore e mezza di durata, anche rivisto.
Un peccato che alla recita domenicale ci fossero posti vuoti, in parte attribuibili al freddo pungente triestino, perché siamo davanti ad una ghiotta occasione per accostarsi ad un titolo decisamente poco presente nelle programmazioni italiane, forse vittima del fantasma della Callas, che nel ruolo di Anna Bolena ottenne uno dei suoi successi più clamorosi, grazie anche ad un allestimento passato alla storia .
Partiamo proprio dall’aspetto visivo.
La regia, ripresa dal fido Stefano Trespidi, portava la firma prestigiosa di Graham Vick.
Un allestimento conosciuto, già allestito al Verdi una dozzina di anni fa, che il tempo rende ancora più efficace e raffinato.
Una pedana mobile, rossa, accompagna le vicende della sventurata regina, avvicinandola od allontanandola dalla platea man mano che i fatti si susseguono.
La scena è caratterizzata dalla comparsa di pochi elementi simbolici: un letto storto, una parete trasparente, delle candele e poco di più.
Una storia asciugata da citazioni e riferimenti, che rende la narrazione ancora più universale e drammatica e che conquista il pubblico.
Interessante il lavoro fatto sui ruoli, che vengono letti nel caleidoscopio delle sfumature umane e che, forse anche per la palese capacità attoriali di una interprete e per una certa timidezza dell’altra, porta al cento della vicenda la figura di Giovanna a scapito di Anna.
Paul Brown, che collaborò con Vick per oltre quindici anni, ha firmato le riuscite scenografie ed i costumi, di rara bellezza.
Qualche perplessità rimane sulle figuranti che appaiono durante l’ouverture , forse racconto della vita di Anna Bolena, che echeggiano un po’ le apparizioni macbethiane.
La musica di Donizetti non ha certo bisogno di essere ‘riempita’ e questa appare una forzatura superflua su una trama per il resto di grande suggestione.
L’orchestra del Verdi ha risposto con bravura agli stimoli del Maestro Ciampa, che ha diretto con gesto elegante e mano sicura una partitura non semplice, sostenendo i cantanti nelle pagine più ardue, ma non perdendo mai di vista la giusta lettura del lavoro, costruito più sui singoli che sulle masse, nonostante la fondamentale presenza del coro, diretto dal Maestro Paolo Longo, che nel secondo atto cesella alcune pagine di grande commozione.
La lettura di Ciampa è raffinata, mai succube dei modelli del passato e riesce a dare spessore ad ogni momento della partitura, illuminando di spunti inediti alcuni passaggi, anche fra i più conosciuti e dando un rilievo adeguato ad ognuno dei personaggi.
Di grande suggestione il quintetto del primo atto, ricchissimo di colori e sfumature, diretto con misura ed eleganza, ma anche interessantissima tutta la parte finale dell’opera, condotta puntando alla pulizia esecutiva, elegante e raffinata, ma anche alla tensione narrativa, che non ha mai avuto cedimenti o momenti sottotono.
Appropriata e scenicamente accattivante la prova di Nicolò Donini come Lord Rochefort.
Lussuosissima la presenza del sempre bravo Andrea Schifaudo nel ruolo di Sir Hervey, tenore dall’interessante mezzo vocale, che sicuramente merita occasioni di maggior spessore, che riesce a dare spessore ad una parte secondaria ma non irrilevante.
Veta Lipipenko è stata un convincente Smeton. Il ruolo, cantato nella sua interezza, ha permesso al mezzosoprano russo di mettere in evidenza una vocalità interessante, con un colore dai toni piacevolmente bruni, acuti sicuri, facilità nei passaggi.
Apprezzatissima la prova di Riccardo Fassi, Enrico VIII. Sontuoso vocalmente, ha ostentato note basse piene, un suono omogeneo in tutta l’estensione , acuti solidi, una ampia tavolozza di sfumature. Scenicamente ha saputo essere credibile in ogni momento dell’articolata vicenda, forte anche di una elegante figura che gli ha permesso di esplorare i vari aspetti del personaggio: uomo innamorato, voluttuoso, sensuale, ma anche monarca severo, vendicativo, doppiogiochista.
Marco Ciaponi è da tempo uno dei più interessanti tenori della sua generazione.
In questa occasione si è dimostrato cantante donizettiano d’elezione: un suono dal colore elegante, una estensione ampia e sicura, acuti solidi, sovracuti brillanti.
I recitativi sono assolti con attenzione alla parola ed il canto non presenta segni di sforzo ed ancor meno di affaticamento nella lunghissima parte.
Quello che colpisce è anche la capacità di rendere credibile il personaggio, interpretato nelle varie componenti, dall’amore alla rabbia, dalla supplica all’orgoglio.
‘Da quel dì’ è un esempio di connubio fra intensità e purezza di suono, che vira verso delle tonalità dolenti prima di dare forma allo strazio dell’ animo in un toccante acuto finale, lunghissimo e luminoso come una pugnalata.
Incanta, nell’aria finale, la capacità di venare di dramma autentico il canto purissimo, senza mai scivolare nella trappola dell’ostentazione vocale, ma mantenendo sempre l’attenzione sulla costruzione del personaggio, commovente e credibile.
Nessuna forzatura, nessun eccesso, una sicurezza vocale assoluta ed una capacità interpretativa nella quale si gusta l’impronta della sua maestra, il soprano Cinzia Forte, che fu l’ultima Anna Bolena a Trieste .
Rimangono le due avversarie: Anna e Giovanna.
La Bolena è Salome Jicia, soprano interessante, reduce dai recenti successi della prima mondiale di ‘Edith’.
La cantante, che nei pezzi d’insieme del primo atto non brilla per corposità di suono, da’ il suo meglio nella lunghissima scena finale, nella quale mette in luce raffinati filati, sicure mezzevoci e pianissimi di grande fascino.
Sicuramente migliore la realmente coinvolgente ‘Al dolce guidami’ che ‘Coppia iniqua’, che risulta un po’ forzata, quasi da Lady verdiana, a sottolineare come la chiave commovente bene rientri nelle corde della cantante.
Poco importa che nelle tre ore di musica qualche acuto risulti aspro ed alle volte dei suoni sembrino indietreggiare: la prova vocalmente è superata a pieni voti.
Indubbiamente, però, la sfortunata regina richiederebbe maggior regalità ed una diversa autorevolezza interpretativa.
Necessario, se il soprano georgiano deciderà di mantenere il ruolo nel vasto repertorio, che svolga un lavoro più mirato su testo e personaggio per farne uscire la determinazione, la sensualità, il carisma, la magnetica figura. Tutti aspetti ancora solo abbozzati, tanto che il vero fulcro della narrazione, alla fine, è risultata Giovanna di Seymour, interpretata da una Laura Verrecchia calata completamente nel personaggio.
Scenicamente si muove con sicurezza, affrontando i vari aspetti del ruolo. Amica attenta ed umile, amante determinata e sensuale, donna provata dal rimorso, vittima a sua volta della volontà di Enrico, per ogni sfaccettatura riesce a trovare il giusto colore, la sfumatura che la renda credibile, grazie ad una voce di grande fascino, una estensione notevole, una tecnica sicura.
Il volume è decisamente imponente, ma gestito con sapiente dosaggio , in modo da non risultare mai eccessiva o strabordante.
Di grande presa i due duetti con Enrico VIII.
Nel primo emerge forte la componente della passione, mentre nel secondo lo scontro fra la determinazione sorda del re e le suppliche della donna disegnano una pagina di grande intensità.
In una prova maiuscola si distingue, per eleganza interpretativa e sicurezza nell’esecuzione dei virtuosismi, ‘Per questa fiamma indomita’.
Alla fine applausi copiosi e meritati per tutti gli interpreti, con ovazioni per il maestro Ciampa.
Gianluca Macovez
23 gennaio 2024
informazioni
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2023-24
“ANNA BOLENA”
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Anna Bolena Salome Jicia
Lord Riccardo Percy Marco Ciaponi
Giovanna di Seymour Laura Verrecchia
Enrico VIII Riccardo Fassi
Smeton Veta Pilipenko
Lord Rochefort Nicolò Donini
Sir Hervey Andrea Schifaudo
Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Maestro Concertatore e Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Paolo Longo
Regia Graham Vick
Regista collaboratore Stefano Trespidi
Scene e costumi Paul Brown
Allestimento in coproduzione tra la Fondazione Arena di Verona e la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Trieste, 21 gennaio 2024