Domenica, 24 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo Da lontano – Chiusa sul rimpianto, in scena al Teatro India dall’8 al 12 marzo 2023

 

Lucia Calamaro, l’autrice, lo dichiara esplicitamente: "Da lontano" è un testo riparatore. Per la missione ha costruito una protagonista con le carte in regola: una psicoterapeuta, che per mestiere “ripara l'umano”.

Si può tornare a riparare, chiamati irresistibilmente da un'invocazione forse ascoltata troppo tardi, ma che forse non c'è mai stata. Si può provare a parlare, si può provare ad ascoltare. Ma cosa succede se dove di quel che c'era non rimane nulla, solo uno spazio bianco e un arredo pieghevole, simbolo della precarietà? Quando l'unica permanenza in quel vuoto è un muro da sempre invalicabile e una porta perennemente chiusa?

"Da lontano" è il rapporto di un dialogo impossibile, quello fra una Figlia e la Madre. Da sempre impossibile perché la Madre è solo una voce al di là del muro, perché la Madre è sempre indaffarata in attività misteriose, perché, per quanto la Figlia si sforzi, la Madre non capisce o non ascolta. Una conversazione ora definitivamente impossibile perché la Madre non c’è.

Bros si configura come un’opera di immagini, suggestioni e suoni che si può riassumere in una parola: disturbante. Lo spettacolo di Romeo Castellucci si impone sulla platea, fin dai primi minuti, in maniera netta. Una dittatura, quella a cui è sottoposto il pubblico in sala, che non ammette momenti di pausa. Dopo aver “rintronato” gli spettatori con un totem sonoro che scandagliando l’etere mette subito lo spartito della messa in scena su toni cupi e abissali, il monologo iniziale fa scendere un religioso silenzio fra le poltrone. 

Un potente Valer Dellakeza nei panni del profeta, prima martorizzato poi venerato, getta le basi sulle azioni, che caratterizzeranno i quasi novanti minuti di pièce, usando le parole bibliche di Geremia: “Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti”.

Gli spettatori, muniti all’ingresso del “Codice comportamentale consegnato a ignari partecipanti”, cominciano a capire il senso della banalità del male alla quale stanno per assistere. Sul comunicato stampa si legge: “A pochi minuti dall’inizio dello spettacolo a ciascuno “attore” è consegnata una divisa da poliziotto e un dispositivo auricolare. All’apertura del sipario gli “attori” devono scrupolosamente eseguire gli ordini impartiti loro per via auricolare. I comandi sono ricevuti individualmente. Ciascun poliziotto apprende in tempo reale i comandi. Ciascuna azione è compiuta nel tempo determinato dall’ordine. La matrice dei comandi rimane fuori scena, invisibile agli spettatori”. 

Il secondo cast del capolavoro belliniano al Verdi, fra conferme e perplessità

Recensione di ‘I Capuleti e i Montecchi’ di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Verdi di Trieste dal 24 febbraio al 5 marzo 2023

 

Lo spettacolo ‘I Capuleti e i Montecchi’  andato in scena a Trieste era già stato recensito nei giorni scorsi, con i cantanti della prima compagnia.

Ci ritorniamo  in occasione dell’esibizione  del secondo cast,  perché il confronto è interessante, in quanto lo spettacolo prende una sfaccettatura diversa, quasi  una narrazione differente. Cominciamo dicendo che la regia di  Arnaud Bernard  rimane interessante. Forse, , rivedendola, emergono alcuni tratti  di lezioso manierismo,  ma lo spettacolo, anche grazie alle scene di Alessandro Camera, appare coerente e con una identità inattaccabile.

Può piacere o meno, ma sicuramente il teatro ha fatto una saggia operazione culturale proponendo un simile spettacolo e l’apprezzamento dei tanti ragazzi in sala dimostra quanto queste scelte possano premiare  in termini di pubblico, ma soprattutto di politica culturale proiettata verso un necessario ricambio generazionale. Rimangono alcuni dubbi sulle scelte delle luci di Paolo Mazzon, mentre una seconda visione dei costumi di Carla Ricotti  fa emerge una ricchezza di citazioni pittoriche di grande raffinatezza. Il coro, diretto da Paolo Longo, si esprime con una sicurezza vocale molto apprezzata, anche se ci sono degli attimi, soprattutto in apertura, in cui il suo sembra straripare, mentre l’orchestra conferma una prova di grande valore, anche grazie alla guida competente ed attenta di  Enrico Calesso, che dimostra una grande sensibilità, oltre che  una solida conoscenza, della partitura e dello stile di Vincenzo Bellini.

Recensione dello spettacolo Questioni di prestigio in scena al Teatro Olimpico dal 28 febbraio al 5 marzo 2023

 

La satira è un potentissimo strumento per guardare alla società con sguardo ironico e tagliente mettendo a fuoco le assurdità, le contraddizioni e le sbavature della realtà che ci circonda. Si arriva al Teatro Olimpico per ridere e si ride fino alle lacrime, ma nel contempo s’insinua anche una sottile amarezza scaturita dal quadro politico, ambientale, sociale, personale delineato dalla protagonista. Sotto la lente d’ingrandimento mordace l’analisi del nuovo governo con a capo il presidente che vuole essere appellato direttamente Giorgio Meloni. L’esilarante imitazione di Francesca Reggiani crea un personaggio delirante, ego-centrato, che parla con stile tronfio sotto un’abbondante parrucca bionda e dagli occhi spalancati. Non viene risparmiata neanche l’opposizione, di cui dovrà occuparsi la trasmissione di Chi l’ha visto? Qualche speranza arriva dall’elezione del nuovo leader del Pd, Elly Shlein, già solo per il fatto di essere stata educata in Svizzera qualche rapporto con le regole ce l’avrà! A questo punto l’attrice si diverte a sviscerare aspetti e difetti dell’italiano medio per cui le regole sono solo un consiglio.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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