Martedì, 15 Aprile 2025
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Dal 1988, il 1 dicembre è indetta la Giornata mondiale contro l’AIDS, voluta dall’ONU, per sensibilizzare la coscienza collettiva riguardo la sieropositività. Parlare di come si sparse questa pandemia sarebbe futile. Molti film invece hanno affrontato quali furono le conseguenze per coloro che ne furono vittime. Uno dei film (forse il primo) che lo affrontò e aiutò nella sensibilizzazione dell’argomento fu “Philadelphia” di Jonathan Demme del 1993.

Siamo nella città del titolo agli inizi degli anni ’90. Andy Beckett (Tom Hanks) è uno tra i più brillanti avvocati di un prestigioso studio legale, rispettato e avviato ad una splendida carriera. Andy convive con Miguel (Antonio Banderas) suo compagno anche di vita, in armonia con amici e famigliari. Un giorno però , un collega di Andy si accorge, sulla fronte di quest’ultimo, una papula significativa, segnale distintivo dell’AIDS. 

Nonostante lo studio avesse affidato ad Andy una causa importante e questo ci si impegni con tutte le sue forze, che cominciano a peggiorare sempre più, i soci, spaventati “dalla novella peste” e non tollerando un omosessuale nel loro ambiente, decidono di licenziarlo “per giusta causa”.  Il giovane decide allora di citare in giudizio i suoi ex datori di lavoro per discriminazione.

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Questa settimana, purtroppo, il nostro paese ha avuto la conferma di un altro evento di cronaca, che sta spingendo la società ad un'analisi sempre più forte: un vergognoso caso di femminicidio (vergognoso ovviamente per chi l'ha commesso). Evento che è avvenuto in prossimità del 25 novembre, la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. La società chiede sempre più un netto cambiamento, chiedendo aiuto all'Arte, compresa la Settima. Una delle pellicole che per prima ci dona un messaggio contrario ad eventi come questi è certamente “Thelma & Louise” di Ridley Scott, del 1991.

In una cittadina dell'Arkansas, due amiche partono per un weekend, lasciando a casa i rispettivi uomini.

Thelma, più giovane delle due, è una casalinga sposata ad un uomo oppressivo e sessista, mentre Louise, vive una relazione priva di soddisfazione. Durante il viaggio, ferme ad un locale country, Thelma viene corteggiata da uno sconosciuto che, approfittando di un momento di malessere da parte di lei, prova a violentarla. In quell'istante sopraggiunge Louise che, armata di pistola, impone all'uomo di lasciar perdere l'amica: alla risposta ingiuriosa da parte dello sconosciuto, Louise, in un raptus d'ira, lo uccide sparandogli un colpo in petto. Prese dal panico, Thelma prova a convincere Louise che la cosa migliore è andare dalla polizia, giocandosi la carte della legittima difesa; ma la donna non è convinta, poiché ammette di aver vissuto il trauma che è riuscita ad evitarle. Iniziando una fuga verso il Messico e braccata immediatamente dalla polizia, le due donne scopriranno non solo una nuova dimensione della vita ma anche parti di loro stesse che non sognavano neanche di possedere.

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Ogni giorni testate e giornali, tramite web, tv o radio, ci bombardano di notizie, senza un'analisi o una comprensione vera e propria. Questa settimana per esempio l'argomento principale è stato lo sciopero generale di venerdì 17 novembre.
Tanti film affrontano il tema dello sciopero, anche se, a mio avviso, uno dei più poetici è “La classe operaia va in paradiso” del 1971, diretto dal romano Elio Petri.
Ludovico Massa, o Lulù (Gian Maria Volontè) è un operaio presso una fabbrica, due famiglie da mantenere e fervido sostenitore dello stacanovismo e del lavoro a cottimo.
Odiato dai colleghi e adorato dai capi, vive la sua vita in completa alienazione. Tutto cambia quando, per estrarre a mano un pezzo di un macchinario in movimento, Lulù perde un dito. Da “ultra-cottimista”, diviene un “ultra-contestatore”, appoggiando i movimenti di sciopero di lotta sociale più estremi.
L'inutile confronto sia con il sindacato più moderato che con i poteri, porta al conseguente – e scontato- scontro con la polizia e il licenziamento di Lulù.
Durante questo periodo, l'incontro con l'ex collega – ora in manicomio – Militina (Salvo Randone) fa capire Ludovico molte cose. La sua vita cambierà o resterà tutto così?

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Roma, 1946. La guerra è finita e la capitale, come altre città, patisce con il fiatone di chi è stanco e deve ricominciare a risollevarsi. Gli americani sono ancora nelle strade e danno cioccolata e sigarette, ma nelle botteghe c’è ancora il razionamento. In questa realtà Delia vive la sua esistenza come nuora, moglie e madre, con la stessa passività con cui riceve lo schiaffo del buongiorno dal marito Ivano. Unico obiettivo della donna è vedere sposare sua figlia maggiore, Marcella. Tutto è sempre uguale, tutto si ripete, senza ambizione, senza pretese, se non quella di evitare di ricevere un’altra brutalità da parte di Ivano. Unici momenti di leggerezza si hanno con l’amica Marisa, che la capisce e la sostiene in tutto. Un’esistenza dove basta poco, un dettaglio, come una misteriosa lettera, a dare la giusta forza e a donare quella speranza che fa dire “c’è ancora domani”.

Dalle prime immagini del film, Cortellesi (che, oltre a interpretare la protagonista, è sceneggiatrice e alla sua prima regia) ci mostra una pellicola dal gusto per il cinema e di chi conosce il Cinema. La scelta tecnica (il bianco e nero), il buongiorno con lo schiaffo e l’ambientazione in un sottoscala della Roma del dopoguerra ci portano in un’atmosfera neorealistica. Il tocco ironico e satirico ci dona anche un tocco da commedia all’italiana: si pensi alla scena “romantica” del cioccolato o ai bisogni del cane mentre Franca Raimondi canta, nel celebre brano vincitore di Sanremo, “Lasciate entrare un poco d'aria pura/ con il profumo dei giardini e i prati in fior”. I costumi di Alberto Moretti, la scenografia di Paola Comencini e la fotografia di Davide Leone, ci donano un abbraccio ben riuscito, dove tutto suona bene, tutto è ben distinto e tutto è al suo posto, come una tavola ben apparecchiata.

C’è altro però nella pellicola.

La delicatezza con cui si parla della violenza, dell’oppressione e della completa sottomissione è, probabilmente, la prima volta che viene affrontata dal Cinema Italiano in questa maniera.  Gli schiaffi e la violenza sono volutamente mascherati e nascosti e questo ha un nocciolo molto importante, di una pianta che va coltivata. Cortellesi capisce che la violenza invita alla violenza: per comprenderne la devastante conseguenza, si devono vedere gli effetti, non i gesti. Il pianto, le gote rosse, la paura, il labbro scheggiato sono e saranno sempre (purtroppo) dei degni simboli. In questo non c’è Rossellini o Visconti. C’è Alba de Céspedes; c’è “Pane nero” di Miriam Mafai; c’è “Una donna” di Sibilla Aleramo. Ci sono racconti di verità, di nonne e zie che hanno spiegato e ammesso ciò che si viveva in quegli anni. C’è quell’attualità che non si riesce a capire come possa essere tornata così forte e maledettamente quotidiana.  Non si parla solo di violenza, ma di ruoli, di vera e autentica parità sociale. È un richiamo ufficiale al senso civico.  Il finale ne è una corona (senza dire assolutamente niente), poiché fa compiere al pubblico un’analisi doverosa a sé stesso che guarda e crede di sapere, ma in realtà è tutto diverso.

Per concludere, “C’è ancora domani” un film che merita tutte le stelle che ci sono. Inoltre, va visto, in coppia e in famiglia, ma soprattutto al Cinema: la televisione, con le sue pubblicità e le sue interruzioni, toglierebbe tanto.

 

Francesco Fario

8 novembre 2023

 

 

Informazioni

 

REGIA                                                  PAOLA CORTELLESI

AIUTO REGIA                                       FRANCESCA ROMANA POLIC GRECO

CASTING                                             LAURA MUCCINO U.I.D.C. SARA CASANI U.I.D.C.

COSTUMI                                             ALBERTO MORETTI

ARREDAMENTO                                    FIORELLA CICOLINI

MONTAGGIO                                       VALENTINA MARIANI

ORGANIZZATORE GENERALE                ROBERTO LEONE

PRODUTTORI ESECUTIVI                     SAVERIO GUARASCIO, MANDELLA QUILICI,

                                                            GIANLUCA MIZZI

 

IN COLLABORAZIONE CON                   SKY

PRODOTTO DA                                    MARIO GIANANI E LORENZO GANGAROSSA

SOGGETTO E SCENEGGIATURA              FURIO ANDREOTTI, GIULIA CALENDA,

                                                               PAOLA CORTELLESI

 

SUONO IN PRESA DIRETTA                    FILIPPO PORCARI (A.I.T.S.) FEDERICA RIPANI

SCENOGRAFIA                                     PAOLA COMENCINI

MUSICHE                                             LELE MARCHITELLI EDIZIONI FLIPPER SRL

FOTOGRAFIA                                       DAVIDE LEONE

PRODUTTORE ESECUTIVO                    LUDOVICA RAPISARDA

UNA PRODUZIONE                              WILDSIDE, SOCIETÀ DEL GRUPPO FREMANTLE E VISION

                                                            DISTRIBUTION, SOCIETÀ DEL GRUPPO SKY

 

IN COLLABORAZIONE CON                    NETFLIX

INTERPRETI                                         PAOLA CORTELLESI, VALERIO MASTRANDREA,

                                                              EMANUELA FANELLI, VINICIO MARCHIONI,

                                                              GIORGIO COLANGELI, LELE VANNOLI,

                                                               ROMANA MAGGIORA VERGANO,

                                                               PAOLA TIZIANA CRUCIANI, ALESSIA BARELA                                           

 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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