Recensione del film La Stranezza di Roberto Andò
Sicilia, 1920. Luigi Pirandello, la cui scrittura è già celebre, si reca nella sua terra natia per rendere omaggio al collega e maestro Giovanni Verga per il suo compleanno. Arrivato però scopre che la sua balia, a cui era molto affezionato, è morta proprio quella sera. L’autore decide quindi di “offrirle” come ultimo gesto un funerale in grande stile. Durante questo evento, conosce i due becchini Onofrio e Sebastiano, che possiedono anche la passione per il teatro. I due invitano Pirandello a vederli, ignari di chi egli sia; ma quando lo scoprono non hanno il coraggio di fare un invito ufficiale, senza sapere che il professore in realtà ha accettato di andarli a vedere. Il drammaturgo però è tormentato da mille pensieri e fantasie, ma sta progettando quel testo teatrale che lo porterà alla fama mondiale. Che i due becchini possano essergli d’aiuto?
Il film di Roberto Andò è ben degno di poter essere considerato “pirandelliano” e non solo perché a che fare con l’autore siculo e la sua più nota opera teatrale, ma soprattutto per il grande contrasto che caratterizza la sua produzione.
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