Ogni giorni testate e giornali, tramite web, tv o radio, ci bombardano di notizie, senza un'analisi o una comprensione vera e propria. Questa settimana per esempio l'argomento principale è stato lo sciopero generale di venerdì 17 novembre.
Tanti film affrontano il tema dello sciopero, anche se, a mio avviso, uno dei più poetici è “La classe operaia va in paradiso” del 1971, diretto dal romano Elio Petri.
Ludovico Massa, o Lulù (Gian Maria Volontè) è un operaio presso una fabbrica, due famiglie da mantenere e fervido sostenitore dello stacanovismo e del lavoro a cottimo.
Odiato dai colleghi e adorato dai capi, vive la sua vita in completa alienazione. Tutto cambia quando, per estrarre a mano un pezzo di un macchinario in movimento, Lulù perde un dito. Da “ultra-cottimista”, diviene un “ultra-contestatore”, appoggiando i movimenti di sciopero di lotta sociale più estremi.
L'inutile confronto sia con il sindacato più moderato che con i poteri, porta al conseguente – e scontato- scontro con la polizia e il licenziamento di Lulù.
Durante questo periodo, l'incontro con l'ex collega – ora in manicomio – Militina (Salvo Randone) fa capire Ludovico molte cose. La sua vita cambierà o resterà tutto così?
Premiato con la Palma d'Oro al Festival del Cinema di Cannes nel 1972, Petri dirige una pellicola che passerà alla storia come secondo capitolo della “trilogia della nevrosi”, in questo caso del lavoro.
Il periodo storico permette ad una figura come Petri (regista che volontariamente ha sempre utilizzato il Cinema per creare dibattiti e smuovere l'opinione pubblica) di entrare per la prima volta in una vera fabbrica (nella realtà produttrice di ascensori nel novarese) e mostrare dinamiche sociali, purtroppo, ancora attuali.
Il tema del mondo del lavoro è purtroppo ancora fonte di dibattito, ma in questo film e grazie all'interpretazione magistrale di grandi attori del passato, la storia diviene fonte per una richiesta di giustizia e di identificazione nell'estraneazione del mondo del lavoro.
Oltre ai già citati, prendono parte alla pellicola anche Mariangela Melato, Gino Pernice, un giovane Flavio Bucci, Ezio Marano, Luigi Diberti.
Ovviamente molte altre pellicole, ci mostrano le condizioni del mondo del lavoro (si pensi a Tempi Moderni del '34 di Chaplin).
La pellicola di Petri mostra con verità e brutalità l'idea dello sfruttamento e della voglia di riscatto, comprendendo non solo che Lavoro e Politica non possano parlarsi, ma anche per la prima volta,
evolvendo il protagonista facendogli prendere coscienza di chi egli sia e di come stia vivendo: concetto che verrà ripreso in altre pellicole come We Want Sex o Norma Rae.
Francesco Fario
17 novembre 2023