La bambina dei fiammiferi è liberamente tratta da La piccola fiammiferaia di Andersen di cui conserva il personaggio centrale ma raccontandone la storia mette in scena una ricerca teatrale, un linguaggio d'attore, che va oltre la fiaba e coinvolge tutto il mondo poetico e teatrale di Chiara Guidi. Da anni incentrata sulla voce, sulla potenza evocativa e narrativa del suono, la scrittura drammaturgica di Chiara Guidi trova qui pieno compimento nella relazione scenica tra una bambina e un pianoforte, espressione e risonanza delle sue emozioni, grande scatola di fiammiferi che accendono sonorità e visioni.
Si parla di linguaggio fin dall'inizio, con l'ingresso in scena di una donna, o ancora meglio, di una strega, la stessa Chiara Guidi, che parlando una lingua inventata e incomprensibile, cerca di comunicare utilizzando anche la proiezione di un breve filmato optical ipnotico, in cui l'alternanza di linee bianche/nere in movimento introduce al mistero moltiplicatore dello sguardo, a quello che è il cuore del teatro: una visione che si porta dentro significati ed emozioni.
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