Domenica, 24 Novembre 2024
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Recensione dello spettacolo “Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello”, in scena al teatro Sala Umberto dal 29 febbraio al 10 marzo 2024

 

Mettere mano a Pirandello è un'operazione di fronte alla quale Michele Sinisi non si tira indietro. È assolutamente condivisibile l'idea di rigenerare un classico che, restando cristallizzato nella sua epoca storica, rischia di vedere attenuato il suo impatto dirompente. I Sei personaggi è l'opera che forse maggiormente sviscera la tematica pirandelliana del dualismo realtà/finzione. Appare corretto ridiscutere il copione originale in un'epoca in cui sia l’oggettività che il rapporto con la sua antagonista sono profondamente cambiati. L'avvento della realtà virtuale e le inquietanti potenzialità dell’Intelligenza Artificiale impongono una profonda ridiscussione della tematica. Il vero e la finzione sono ormai profondamente compenetrati e spesso indistinguibili. E d'altra parte, cos'è una diretta Facebook, se non metateatro? Anche quella compagnia che, guidata dal capocomico, si accinge alle prove di Il giuoco delle parti, può apparire oggi come una raffigurazione letteraria. Ed allora Sinisi allestisce il prologo alla commedia come un happening dove attori, regista, scenografo veri o veritieri inscenano usuali dinamiche. Il palcoscenico è arredato con supporti tecnologici, schermi su cui scorrono compilation di YouTube adatte al contesto o immagini dei protagonisti in scena. I Personaggi irrompono direttamente dalla platea, dove le luci restano a lungo accese e, durante la rappresentazione, tornano ad aggirarsi fra le poltrone creando un coinvolgimento diretto di tutti i presenti. L’irruzione di ospiti ogni sera diversi, Eva Cela e Andrea Perroni nella rappresentazione a cui abbiamo assistito, mantiene questo clima di imprevedibilità in cui l’attenzione, o meglio la presenza, dello spettatore è chiamata a mantenersi attiva.

Al Teatro Vascello di Roma dal 27 al 3 marzo 2024, “4 5 6” scritto e diretto da Mattia Torre, prodotto da Marche Teatro

 

Quando un artista manca si sente; si sente come nel caso di Mattia Torre alle prime degli spettacoli teatrali che portano il suo nome, come in questa occasione. “4 5 6”, in scena in un Teatro Vascello gremito, che ha ospitato nella sua prima - del 27 febbraio - personaggi illustri, ma soprattutto amici del compianto autore. Mattia Torre ha creato un solco importante nel mondo della cultura italiana, le sue sceneggiature per teatro, cinema e televisione (una su tutte “Boris”), sono una cifra indelebile che ha cambiato il modo di fare spettacolo nell’ultimo ventennio. Sarà per questo che Torre continua ad essere citato e riprodotto costantemente e la sua scrittura ironica e tagliente continua a illustrare il quadro di un paese che lo sceneggiatore  ha guardato a fondo, nelle minime spigolature, rappresentandolo con un linguaggio ironico che non stanca mai. “4 5 6” è la storia comica e violenta di una famiglia che, isolata e chiusa, vive in un luogo sperduto, non chiaro, fuori dalla città spesso citata come luogo di  diffidenza, da cui stare il più possibile lontani.

Recensione dello spettacolo L'albergo dei poveri in scena al teatro Argentina dal 9 febbraio al 3 marzo 2024

 

Prima nazionale del nuovo lavoro di Massimo Popolizio, la sua ottava regia, prodotta dal Teatro di Roma e dal Piccolo di Milano. Il testo letterario dell'affermato scrittore russo Maksim Gor'kij racconta un mondo sotterraneo di derelitti umani e sociali, falliti e dimenticati, che anelano a riemergere, senza avere i mezzi per farlo, o si aggrovigliano tra loro con liti, intrecci casuali e gesti estremi di disperazione. “L'onore e la coscienza sono solo per i padroni, per chi comanda.” si dice tra le righe.

Un testo molto complesso e difficile da rappresentare, sfida che Popolizio si carica sulle spalle e vince, rendendo pieni, vivi, tridimensionali quei personaggi e i loro tumulti interiori. Lo contraddistinguono il solito coraggio e originalità nelle scelte, la sicurezza di mezzi e intenzioni, il sarcasmo, la densità umana e il brio dell'arco narrativo scenico. Il primo regista a portare tale opera in scena nel 1902, col titolo originario “Bassifondi”, fu nientemeno che Kostantin Stanislavskij, il grande pedagogo e regista, scrittore e fondatore del “Metodo”.  Lo stesso Strehler poi nel 1947 inaugurò “Il Piccolo” proprio con quest'opera, dando allo spettacolo il titolo attuale.

Nella versione in scena oggi all'Argentina, s'assiste ad un lavoro certosino del regista e dei sedici attori. Il focus è sui caratteri, sulla parola espressiva e su azioni sceniche impreziosite dalla guida del maestro Michele Abbondanza, coreografo e ballerino d'altissimo livello e forza espressiva. I movimenti passano dalla leggiadria volatile al peso specifico di corpi che trasmettono fatica e disorientamento d'una vita arrancata e di stenti. Tutto ciò viene trasmesso dall'ambiente freddo, apocalittico e sotterraneo da cui non si può fuggire. Lo sottolineano luci scialbe, costumi e colori d'una scenografia che con i suoi “praticabili" di legno segue lo stile scenografico russo. L'effetto visivo e atmosferico è quindi di squallore e straniamento, ovunque prevalgono le tonalità dei grigi.

Recensione dello spettacolo Top girls, in scena al Teatro Vascello dal 20 al 25 Febbraio 2024

 

Primo atto. Marlene festeggia. È arrivata. È diventata una Top Girl. Partita dal bassissimo, ha raggiunto una posizione lavorativa invidiabile e remunerativa: dirigerà un'agenzia di collocamento. Sfolgorante in un abito rosso, il suo colore, siede al tavolo di un lussuoso ristorante con una compagnia stravagante ed eccezionale. L’olandese Margherita la pazza, ritratta in un quadro di Bruegel, la giapponese Lady Nijō, poetessa e concubina dell'imperatore, la viaggiatrice vittoriana Isabella Bird, la paziente Griselda, protagonista di una novella di Boccaccio, addirittura la Papessa Giovanna. Le Top Girls della storia. Raccontano le loro vicende, componendo un affresco, quello della condizione femminile, che, depurato da ogni vanagloria, appare desolante. Sottomissione, sopraffazione, punizione, violenza. Un “Perché siamo così infelici?” emerge improvvisamente dissonante fra brindisi e risate. Secondo atto. Marlene e le sue dipendenti in ufficio. Dai colloqui emergono storie note: donne rimaste escluse a causa dell’impegno familiare, uomini che si sentono usurpati dall’avanzata femminile. Terzo atto. Una povera casa. Marlene, la sorella Joyce, la nipote Angie. La pièce diventa un dramma intimo, un confronto fra le due sorelle sul tema delle loro opposte scelte di vita. In mezzo la ragazza, che nella vicenda assume un ruolo chiave. La donna nella storia. La donna oggi. Il drammatico resoconto.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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