Mercoledì, 05 Febbraio 2025
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Dario Zampa ed Angelo Floramo in ‘La Vie’: spettacolo sull’identità, fra passato e futuro

Dario Zampa ed Angelo Floramo raccontano il loro Friuli nella stagione dell’Ert FVG

 

‘La vie’,  è  uno spettacolo in friulano,  una delle lingue minoritarie riconosciute dallo stato italiano, che l’Ert ha inserito nella programmazione di diversi teatri della sua rete.

Va fatta una premessa importante: lo spettacolo nasce per celebrare i cinquanta anni dall’esordio discografico di  Dario Zampa, primo cantautore in lingua friulana.

La sua figura è decisamente rilevante per la storia della regione: nell’immediato dopoterremoto le sue canzoni divennero un manifesto del bisogno di difendere la propria identità culturale, di non perdere, fra i muri feriti e le strade devastate, anche il diritto  a tutelare una storia millenaria, a non vedere strappate le radici, oltre che le case.

Se dopo l’alluvione in Emilia si è cantata ‘Romagna Mia’ con commozione,  i muratori che cercavano di rattoppare gli edifici nell’estate friulana del 1976, mandavano a manetta le radio locali che trasmettevano i brani di questo cantante che parlavano di storie di una quotidianità interrotta, invitavano  a credere nelle proprie forze, raccontavano di tante difficoltà superate negli anni dal popolo friulano, soprattutto utilizzavano la lingua friulana per una comunicazione fino a quel momento inedita.

La potenza di quei brani era la narrazione immediata, la capacità di cogliere  il gusto popolare nel senso più alto del termine. Su una struttura musicale lineare, spesso dalla strumentazione ridotta, Zampa riusciva a dare voce, con una garbata vena poetica che alle volte toccava realmente il cuore, al sentimento più autentico della gente comune.

Dopo anni di grande successo, con tournee   presso i ‘fogolars furlans’ disseminati in tutto il mondo ed una significativa esperienza nelle televisioni locali, l’attività di Zampa, che peraltro adesso ha quasi ottanta anni, ha avuto un rallentamento, interrotto proprio dalla proposta dell’Ert, che prevedeva il coinvolgimento di uno dei più raffinati intellettuali  del territorio: Angelo Floramo.

Un’accoppiata inedita e coraggiosa, che faceva sperare in effetti pirotecnici che in realtà si sono concretizzati sono in parte.

Dario Zampa, accompagnato da Omar Malisan (chitarra), Andrea Grosso (basso), Nicola Masolini (percussioni), Grazia Rapetti  (voce) e dalla ‘guest star’ Sebastiano Zorza alla fisarmonica, ha proposta una selezione di brani tratti dai suoi undici album, dimostrando una tenuta vocale invidiabile: intonazione sicura, una estensione ampia, un garbo elegante nel porgere le frasi musicali, con qualche attimo di incertezza, deliziosa testimonianza di una emozione che rende ancora più autentica la serata.

La struttura dello spettacolo è composita: da una parte il concerto tradizionale di Zampa, assolutamente prevalente nei   tempi della serata, dall’altra la presenza  sontuosa di Floramo  che interviene in tre momenti, brevi ma pregnanti.

Zampa, nell’arco di due ore, racconta alcuni incontri, da Endrigo a Madre Teresa di Calcutta, da Lauzi ai friulani conosciuti  in giro per il mondo, ricorda il terremoto, il matrimonio a vent’anni, gli esordi cantando De Andrè, parla della ruvidità dei suoi corregionali e della poca attenzione delle istituzioni verso la cultura territoriale.

Gioca con la musica napoletana, che impiega come base per i suoi testi. Propone grandi pagine della tradizione locale, cantate assieme al pubblico in sala e rende omaggio a Pasolini.

Quando canta, è capace di  ritrovare una tavolozza fresca, intensa , che cancella il mezzo secolo abbondante di carriera. Riesce a rendere vivida la poesia di certe narrazioni, che superano il bozzettismo di maniera per raggiungere una narrazione coinvolgente .

Commuovono, oggi come anni fa,  la storia di Maria, ragazza madre  ferita dalla vita, ma anche quella del giovane che dopo uno scontro con il padre se ne va dicendogli che ‘il vostro mondo è pieno di roba bella, ma che non parla’. Zampa alterna ironia e dramma, riflessioni e tradizione, con credibilità e freschezza. Sa tenere il palcoscenico con tempi brillanti  e dimostra una interessante apertura alle variazioni musicali.

Quello che lascia la bocca amara ascoltando le sue parole, però, è  che il suo friulano sembra guardare indietro,  che il suo concetto di ‘identità’  sia più vicino alla riesumazione che alla  condivisione. Parla di una terra seduta, insensibile ai problemi, poco riconoscente. Pare che la modernità suoni come una colpa.

Ritornare sul palcoscenico per guardare indietro non era  quello che ci aspettavamo.

Ed in effetti la presenza di Floramo è salvifica: nel primo intervento commuove spiegando il concetto di ‘Lingua madre’, un linguaggio che accoglie e che forma. Racconta di una terra che incontra i popoli e che riceve, abbraccia le genti più diverse, cui viene offerta la possibilità di sentirsi a casa.

Racconta di quei friulani visionari e sognatori che già tanto tempo fa avevano descritto una terra che  ancora non ha preso forma.

Riflettere sull’identità è importante, non per brillare d’orgoglio  egocentrico, ma per permettere alle future generazioni di avere delle radici, dei punti fermi.

Più idee platoniche che simulacri.

Nel secondo intervento dello studioso, rimaniamo incantati dal racconto dell’eresia aquileiese. La quarta città dell’Impero Romano, Aquileia, aveva una Chiesa che dipendeva da Alessandria d’Egitto,  dichiarata eretica da Roma perché raccontava di un Giudizio Universale nel quale Gesù, accolte le anime in Paradiso, perdona anche i dannati, persino Lucifero, perché il Perdono è gioia. La condivisione è ricchezza. L’accoglienza è futuro.

Floramo commuove la platea proclamando il suo orgoglio di essere figlio di una simile eresia, generoso abbraccio al mondo.

Il terzo intervento si chiude con una affermazione che dovrebbe essere la chiave  della serata: ‘Il Friuli di domani sarà il Friuli di tutti, o non sarà più il Friuli’.

La potenza di queste frasi è deflagrante e probabilmente la serata piacevole sarebbe diventata indimenticabile se si fosse osato di più, domandando a Floramo di interagire con le canzoni di Zampa, di introdurle collocandole in un contesto di respiro ampio, di leggere i testi con gli strumenti dell’intellettuale saggio  ed arguto.

Zampa avrebbe dovuto fare un passo indietro per far fare cento passi avanti alle sue canzoni, per farle entrare a pieno diritto nella grande storia culturale del Friuli. Per permettere loro di parlare con una lingua che profuma con coraggio di futuro.

Alla fine tanti applausi e tanta commozione, per festeggiare una colonna della canzone in lingua friulana, cui auguriamo di saper continuare a guardare avanti, per non scivolare nella trappola dei rimpianti e della nostalgia.

 

Gianluca Macovez

17 dicembre 2024

 

informazioni

La Vie

di e con Dario Zampa ed Angelo Floramo

 

con Sebastiano Zorza (fisarmonica)

Omar Malisan (chitarra)

Andrea Grosso (basso)

Nicola Masolini (percussioni)

Grazia Rapetti (cori)

  

spettacolo in lingua friulana

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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