Recensione dello spettacolo L’anima buona di Sezuan in scena al Teatro Quirino fino al 10 novembre 2019
«La piccola scialuppa di salvataggio va presto a fondo: troppe braccia di naufraghi vi si aggrappano avide».
Succede nella provincia cinese del Sezuan. In questa parte di mondo immaginata da Brecht la povertà cancella la memoria e acuisce la fame. Qui, dove anche l’acqua costa cara, è più difficile che altrove ricordare di essere umani. Essere buoni. In questa porzione di terra desolata gli dei hanno le sembianze di una ciotola di riso e di un rifugio per la notte. Come può un’anima buona sopravvivere a tanta barbarie?
Se l’è domandato Brecht a cavallo tra il ’38 e il ’40, l’ha messo in scena Strehler a più riprese e lo ripropone oggi Monica Guerritore. In una versione che è un omaggio e un atto d’amore – come lei stessa ammette – nei confronti del suo maestro. Regista, oltre che interprete principale, la Guerritore ripropone una versione dell’opera di Brecht molto fedele a quella diretta quasi quarant’anni fa da Giorgio Strehler, con Andrea Jonasson nei panni di Shen Te e Shui Ta.