Domenica, 24 Novembre 2024
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Intervista a Marco Tonelli  sulla  candidatura di Todi 2026, come Capitale italiana dell’arte contemporanea

 

 

“Ponte Contemporaneo” è il titolo del dossier di 60 pagine con il quale la città di Todi è tra le finaliste per il titolo di Capitale Italiana dell'Arte Contemporanea 2026 che verrà assegnato il 30 ottobre, dopo l'audizione al Ministero della cultura, il 25 ottobre, dei cinque progetti selezionati dall'apposita commissione sui 23 pervenuti. 

Abbiamo intervistato Marco Tonelli, promotore dell’ iniziativa per il Comune di Todi, grazie alla sua carica di curatore scientifico della Fondazione Progetti Beverly Pepper di Todi che negli anni a prodotto una serie di attività di grande rilievo riguardo alla disseminazione dell’arte contemporanea nel Comune di Todi.

 

Dott. Tonelli, come nasce la volontà  di partecipare a questo Bando?

Fondamentalmente, appena uscito il Bando ci siamo resi conto che Todi era la città perfetta per potervi partecipare viste le caratteristiche richieste, ossia quelle di una città piccola, che però avesse già in essere una alta densità cospicua di eventi legati all’arte, un’opportunità quindi che non potevamo assolutamente lasciarci sfuggire. E’ stato un lavoro molto veloce, visto le tempistiche che avevamo, ma ben strutturato e chiaro fin da subito, tanto da permetterci di entrare nella rosa dei primi cinque.

In "palio" un finanziamento da 1 milione di euro per la realizzazione delle attività proposte, che vanno nel caso di Todi dalla riqualificazione di aree urbane e periurbane alla rigenerazioni di luoghi e spazi, da azioni di inclusione sociale e partecipazione pubblica al coinvolgimento di nuove generazioni di creativi, da una formazione mirata ad un cartellone articolato tra mostre, installazioni e presenze artistiche.

 

Perché il nome “Ponte contemporaneo”?

Effettivamente il nome può sembrare un ossimoro visto che a Todi non ci sono ponti, se non dei residui di epoca romana. Lo spunto però ce lo ha dato l’unico presente in città, una costruzione di  architettura industriale, basato,  sul   brevetto dell’ingegnere   britannico   Donald   Bailey   che,   durante   la   Seconda   Guerra Mondiale, giocò un ruolo fondamentale nel consentire agli alleati di superare i fiumi italiani i cui punti erano stati danneggiati dai tedeschi. Ecco, è proprio da questa  funzione di “collegamento” che ci è venuta l’idea. Un collegamento tra l’arte antica di cui l’Umbria è piena e l’arte contemporanea, che è molto fiorente in questa regione, seppure ancora non visibile.
Inoltre sarà un ponte di collegamento “virtuale” tra Todi e altri sette comuni limitrofi che ospiteranno opere (Acquasparta, Montecastello di Vibio, Montecastrilli, Collazzone, Fratta todina, Sangemini, Avigliano Umbro). Un’operazione di disseminazione per creare Rete territoriale che farà conoscere appieno questo bellissimo territorio.

 

Alcuna di queste istallazioni rimarrà nei luoghi che ha citato?

Tutte le istallazioni rimarranno nei luoghi previsti, questa è proprio una caratteristica richiesta dal bando. L’idea sarà proprio quella di creare dei luoghi che non sono più dei “non luoghi”. Tracciabili sul territorio grazie a delle “Librerie digitali” sull’arte contemporanea in Umbria in cui intercettare i luoghi con cui entrare in contatto con queste opere , e non solo.

 

A questo proposito, lei crede che Todi sia pronta ad accogliere tutto questo?

Questa domanda me la stanno facendo in molti, anche con un certo stupore dinanzi a questa proposta progettuale. Ebbene molti non sanno che l’Umbria e Todi in particolare hanno una storia di commistioni con l’arte contemporanea molto importante oramai, seppure a volte poco visibile, poco intercettabile. La città è arrivata alla candidatura forte di una vocazione che la vede crogiolo dell'arte contemporanea fin dai primi anni Settanta con nomi di primo piano quali la scultrice Beverly Pepper, che ha donato a Todi il parco omonimo, Piero Dorazio, Alighiero Boetti, Bruno Ceccobelli, Brian O’Doherty, Arnaldo Pomodoro, Fabrizio Plessi, Mark di Suvero e un lungo elenco di artisti di fama mondiale che qui sono venuti a vivere, a lavorare, ad aprire i loro studi e le loro gallerie. In Umbria hanno vissuto  Dorazio, Boetti, Pepper .Insomma di contemporaneo ce n’e tantissimo, bisogna solo metterlo in mostra, accendergli sopra un faro più potente e questa partecipazione al bando ci sembra l’occasione giusta.

 

Parliamo delle azioni che avete pensato, sono quattro, come si articolano?

La prima azione, l’abbiamo in parte citata ed ha a che fare con la Rigenerazione dei luoghi e proposte artistiche , ossia luoghi in Todi e nelle zone limitrofe in cui 15 artisti/e verranno coinvolti in progetti principali di mostre e produzioni di opere permanenti. La seconda azione sarà quella inerente l’ Arte e inclusione sociale. A questa azione teniamo molto e in proposito abbiamo coinvolto già una serie di realtà.  Per questa azione, inanzi tutto, metteremo in uso una serie di applicazioni digitali inclusive che permetteranno una divulgazione digitale ampia dei siti in cui ci saranno le istallazioni e gli artisti coinvolti.  Inoltre verrà coinvolto il Museo tattile statale Omero di Ancona per tradurre informative riguardo le opere e pensare a percorsi specifici per i non vedenti. Inoltre verrà coinvolta una società che si occupa di  comunicazione aumentativa e alternativa con lo scopo di fornirci materiale ed elaborare percorsi informativi semplificati. E ancora prevediamo anche percorsi di arteterapia.

 

E’ previsto un coinvolgimento delle scuole?

Ancora è presto, ma l’intenzione ovviamente c’è, la volontà che ci muove profondamente è proprio una finalità pedagogica e divulgativa dell’arte a trecentosessanta gradi.

 

Le ultime due azioni previste quali sono?

La formazione, in parte già citata. Todi 2026 è un progetto- modello sostenibile e replicabile nel tempo perché forma addetti ai lavori, professionisti nel campo educativo, sociale e culturale disseminando conoscenze sull’arte contemporanea e rigenerazione. In questo senso stanno lavorando con noi molti giovani artisti e giovani conoscitori d’arte (per noi questo è davvero un vanto). L’obiettivo ovviamente anche creare posti di lavoro.  Per finire, l’ultima azione prevede Tavole rotonde, seminari e talk con artisti, critici e altre professionalità artistiche sono gli strumenti individuati da Todi 2026 con cui creare una nuova attenzione sull’arte di oggi e la storia di domani. Si svolgeranno trimestralmente.

 

Dott. Tonelli, fra i suoi vari incarichi lei è anche docente di ruolo in Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Crede che in generale siamo pronti a fruire di un nuovo linguaggio artistico contemporaneo?

Credo assolutamente di sì. L’arte contemporanea è spesso dirompente (pensiamo alla recente istallazione di Pesce a Napoli), crea scalpore, ma come tutti i linguaggi ha bisogno di essere fruita il più possibile in modo che venga capita appieno. Todi 2026 potrebbe essere utile proprio in questo senso.

“Ponte Contemporaneo”, dunque, tra epoche, culture, spazi, nazioni, sensibilità, aspirazioni. Un ossimoro se si pensa che l'antico nome di Todi era Tular, ovvero "Confine" tra la civiltà umbra ed etrusca lungo il fiume Tevere.

La candidatura di Todi 2026 espleta quindi la vocazione di Todi ad essere città-ponte dell’arte contemporanea, contesto in cui quest’ultima può assolutamente collegare persone e rigenerare luoghi celebrando il passato e, al contempo, immaginando il futuro grazie all’attuazione concreta di connessioni con contesti territoriali nonché nazionali e internazionali.

 

 

 

Barbara Chiappa

14 ottobre 2024

 

Intervista al bass baritone veneto che alterna con successo ruoli principali e parti da comprimario, in nome della passione per l’opera ed il canto.

 

Quando viene allestita un’opera lirica,  la principale visibilità viene data ai protagonisti, al regista, al direttore d’orchestra.

Ma perché uno spettacolo riesca è fondamentale il contributo dei comprimari, cantanti spesso di grande valore, chiamati ad interpretare ruoli brevi ma importanti per la narrazione, come Monterone  di ‘Rigoletto’; oppure camei comici, tipo  il  Sacrestano di ‘Tosca’.

Fare il comprimario significa studiare, lavorare sulla voce e sull’interpretazione, seguire tutte le prove, ma anche doversi assicurare un calendario fitto di repliche, per garantirsi le  adeguate risorse economiche.

Molti grandi cantanti del passato hanno iniziato come comprimari.

Forse il caso più clamoroso è Giulietta Simionato, che ha svolto una lunghissima  gavetta prima di accedere ai ruoli protagonistici.

Troppo spesso a questi cantanti così eclettici, pronti  passare  in poche settimane da Rossini a Stravinsky, da Gluck a Puccini, viene prestata pochissima attenzione, nonostante le grandi esperienze; gli incontri che possono vantare; gli spettacoli  cui hanno partecipato; i  capricci delle primedonne, tenori e soprano, che hanno dovuto sopportare; i successi e gli applausi.

Ci piaceva molto l’idea di raccontare questi talenti, che vivono d’arte e di passione, di coerenza e determinazione, che accettano una vita  faticosa pur di continuare ad inseguire i loro sogni.

Per questo abbiamo intervistato un apprezzato bass baritone : Dario Giorgolè, artista dalla lunga carriera, con una voce dal colore interessante, ricca di sfumature, con un centro solido, acuti potenti ed una capacità brillante di stare in scena. Effervescente e generoso, apprezzato dai colleghi e dal pubblico, alterna una carriera soprattutto da comprimario[anche se ci sono state eccellenti prove da protagonista], nelle grandi fondazioni,  ad una  da protagonista nei teatri di provincia e di tradizione.

Intervista a Eugenio Guarducci, direttore artistico del Todi Festival, in scena dal 24 agosto al 1 settembre 2024

 

Eugenio Guarducci alla sua ultima direzione del Festival, dopo ben nove anni ci illustra il programma di quest’anno e ci condivide riflessioni sul questi anni di direzione e sui progetti futuri. 

 

Come sarà il festival di quest’anno? Mi illustra brevemente il programma?

Il Festival per la prima serata, oramai come da tradizione, prevede sempre un debutto nazionale e quest’anno questo compito spetta allo spettacolo “Non si fa così”di Audrey Schebat, in scena sabato 24 agosto, con Lucrezia Lante della Rovere e Arcangelo Iannace, con la regia di Francesco Zecca. Uno spettacolo intenso che indaga tra i sentimenti di una coppia apparentemente non in crisi, ma che in una sola notte dovrà provare a fare i conti con un dolore inatteso, nel tentativo di ricostruirsi. Spettacolo forte, seppure ironico, portato in scena in Francia da Sophie Marceau, che promette belle emozioni. 

Domenica 25 agosto, il programma segue con un altro debutto, quello di “Cuore puro”, spettacolo tratto da un racconto di Roberto Saviano. Un tema forte in questo caso, la camorra che si intreccia alla vita degli adolescenti, assoldati per svolgere compiti pericolosi. Un testo che prevede una riflessione sull’incapacità di essere giovani in un luogo permeato da dinamiche che non danno via di uscita, se non l’affrancarsi alla criminalità organizzata. 

E ancora un debutto, lunedì 26 agosto, lo spettacolo “Corpo vuoto”, tratto dal romanzo di Emilia Costantini “Tu dentro di me”, con Vanessa Gravina e Laura Lattuada, uno spettacolo sul tema della maternità surrogata, di forte attualità. 

Mercoledì 28 agosto sarà il momento di “Faccia da cucchiaio”, un testo di Lee Hall, interpretato da Carolina Baglioni, monologo sulla difficoltà di combattere con il dolore della diversità. 

Ancora, giovedì 29 agosto sarà il momento di fare un’incursione a Parigi con Jacopo Veneziani, storico d’arte e divulgatore, che ci porterà negli anni della bella époque. 

Per poi il 30 agosto fare un bel viaggio nella danza (anche questa tradizione del Todi oramai assodata), in questo caso con il balletto “Coppelia Project”, un viaggio nel corpo meccanico e reale che ci farà sicuramente riflettere.

Il gran finale quest’anno è all’insegna della musica italiana cantautoriale con la presenza di Ron , domenica 1 settembre, che chiuderà la rassegna. 

Nuovo direttore artistico del Festival di Borgio Verezzi ( Savona, 5  luglio - 14 agosto 2024)  giunto alla cinquantottesima edizione, Maximilian Nisi ci parla della sua concezione di fare Teatro e del ruolo che questo deve avere nei confronti del pubblico. Ben lungi dal denaturare il suo credo e pronto a rimettere in discussione il suo mandato se le sue idee di cambiamento non trovano il giusto sostegno nel tempo dell’attesa.   

 

Dopo ventidue mandati di Stefano Delfino sei il nuovo direttore artistico del Festival di Borgio Verezzi. Non posso non iniziare chiedendoti come stai vivendo questo momento . 

 

A me sinceramente dispiace non esultare particolarmente per questo ruolo. Quello attuale è un periodo in cui le direzioni artistiche teatrali vengono proposte agli attori mentre prima  erano appannaggio di registi o organizzatori. Gli attori non sono degli organizzatori. Personalmente non voglio perdere la mia identità attoriale e registica: posso anche essere un organizzatore ma è l’attore, dalla sua trincea, a conoscere esattamente ciò di cui il pubblico ha bisogno. La sfida è cercare un pubblico sempre nuovo e non semplicemente divertirlo.                                  

 

 Il pubblico risponde emotivamente quando arrivano le vibrazioni giuste, anche se non conosce minimamente lo spettacolo ..     

 

Lo scopo del Teatro è dare emozioni. Spesso si dice che il pubblico ha una velocità diversa rispetto a quella del Teatro. Ci sono spettacoli che sono prevalentemente a carattere informativo e, per quanto teatralizzata, resta pur sempre informazione. L’opera d’arte, invece, deve volare sopra perché lo scopo è espandere la coscienza e dare al pubblico impulsi che possano generare emozioni e sentimenti: il Teatro offre la possibilità di contattare i sentimenti. Il mio obiettivo è formare il pubblico. È un percorso difficile perché mentre si contatta il sacro non possiamo permetterci di non ascoltare il profano, ovvero il riscontro economico apportato da quel determinato spettacolo, a cui le amministrazioni comunali sono attente. Occorre tempo. A Roma, a fronte di diversi teatri chiusi o in crisi, ce ne sono altri, come il Vascello, con una programmazione molto attenta, mai banale e di qualità: in questi teatri il pubblico seguita ad andare volentieri perché sa che lí non troverà la fregatura.

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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