Recensione di Olive, ancora lei di Elisabeth Strout, Giulio Einaudi editore, una delle maggiori case editrici italiane, fondata a Torino nel 1933
Che ne è stato di Olive Kitteridge? Da quando l’abbiamo persa di vista, l’irresistibile eroina di Crosby nel Maine non si è mai mossa dalla sua asfittica cittadina costiera, e da lí ha continuato a guardare il mondo con la stessa burbera empatia. Sono passati gli anni, ma la vita non ha ancora finito con lei, né lei con la vita. C’è posto per un nuovo amore, nella sua vecchiaia, e amicizie profonde e implacabili verità, perché in un mondo dove tutto cambia, Olive è ancora lei.
Elizabeth Strout riprende il filo da dove l’aveva lasciato e in questo nuovo romanzo ci narra il successivo decennio, l’estrema maturità di Olive, dunque. Ma in questa sua vecchiaia c’è una vita intera. Un nuovo amore, innanzitutto: Jack Kennison è un docente di Harvard ora in pensione, vedovo come Olive. A parte questo i due non hanno granché in comune, eppure la loro relazione ha la forza di chi si aggrappa alla vita, e le passioni che muovono i due amanti – la complicità e il desiderio raccontati in Travaglio, la rivalsa e la gelosia di Pedicure – ne trascendono i molti anni.
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