Sesta regia pirandelliana per Luca De Fusco e terza collaborazione con Eros Pagni che veste in Così è se vi pare i panni del protagonista.
L’allestimento parte dalla teoria che Macchia formulò attorno al Così è se vi pare diretto da De Lullo, uno dei più compiuti sotto ogni punto di vista, quello in cui diventa più che mai chiaro in Pirandello il senso del teatro come processo.
Nel rispondere agli altri e nel dialogare tra loro, la signora Frola e il signor Ponza non hanno infatti più bisogno di fingere che il pubblico non esista: è anzi proprio al pubblico che parlano, ognuno difendendo se stesso e ognuno cercando di dimostrare i difetti e la pazzia dell’altro.
È proprio questo processo di messa a nudo di sé stessi e di racconto della propria vicenda la tortura di cui parla Macchia: una sofferenza atroce, ma allo stesso tempo un bisogno ineludibile, l’unico modo per rivendicare la propria esistenza. Un bisogno che, oggi più che mai, siamo tutti in grado di comprendere e di fronte al quale ci riveliamo vulnerabili, anche attraverso l’ossessiva esigenza di condivisione che passa dalla socialità virtuale: Pirandello aveva già intuito che non raccontarsi è come non esistere e ne aveva presagito le conseguenze insieme a quelle della morbosa curiosità dello sguardo altrui.
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