Sabato, 23 Novembre 2024
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Del sordo rumore delle dita vuole soffermarsi sulle esistenze a margine, sulla difficoltà di un loro essere, di un loro partecipare, nel tempo attuale; sulla possibilità di un richiamo a un tempo tragico, o meglio a un tempo dove fosse ancora possibile appellarsi al diritto alla menzione di tragedia. Dalle nostre scritture individuali affiora, talora, come sopravvivenza, Pasolini.

Del sordo rumore delle dita era stato concepito, dal 2013, nella forma di opera in situ, realizzata in contesti disparati e non specificatamente teatrali. Da queste memorie trae nutrimento una nuova pagina, per il teatro, che conserva l’originaria vocazione installativa. Una trascrizione.

Il lavoro fa parte di Melanconie in dedica a Pier Paolo Pasolini,  progetto composito di atti artistici che cercano di tradurre in gesto (poetico?) sfridi scabri della produzione e della riflessione pasoliniana.

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Un dialogo immaginario fra Alan Turing e sua madre, tra lettere forse mai scritte e dialoghi forse mai avvenuti. A scandire il ritmo di questa conversazione fuori dal tempo le voci del Tribunale, dove in nome della Regina si decide la rovina di una delle menti più geniali del XX secolo.

Pur attraverso una libera ricomposizione, gran parte delle parole, dei concetti e degli episodi raccontati in questo spettacolo sono stati realmente pronunciati, lasciati scritti e accaduti ad Alan Turing.

Presentato in anteprima al GAROFANO VERDE 2008 – scenari di teatro omosessuale – rassegna curata da Rodolfo di Giammarco, e nella stagione successiva sempre al Teatro Belli, lo spettacolo ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica.

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Le Cattive Compagnie con l’amichevole collaborazione della compagnia Sogni di Scena presentano Porta Chiusa, atto unico di Jean-Paul Sartre, in scena dal 18 al 22 marzo presso il Teatro Le Salette di Roma, un classico del teatro esistenzialista francese che viene messo in scena con la doppia regia di Emilia Miscio e Marco Petrino.

Lo spettacolo verrà diretto per la prima metà da uno dei registi e per la seconda metà dall’altro secondo un ordine che verrà di sera in sera tirato a sorte dando così vita ad uno spettacolo diverso ogni replica. Le due regie proporranno dunque allo spettatore un doppio punto di vista sui personaggi che si muoveranno sulla scena seguendo per una prima metà dello spettacolo l’impostazione registica dell’uno e poi dell’altro.

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Un Otello scarnificato, ridotto a tre, anzi quattro personaggi: il condottiero, l’alfiere, Desdemona, ai quali si aggiunge l’invenzione di un soldato che si fa narratore, coscienza critica, coro. A partire da Shakespeare un altro Otello. Mettere in scena l’intero testo, e per di più nella versione compiuta e statuaria dell’originale, appare impresa fuori misura. Così, insieme per prudenza e devozione nei confronti del modello, si è cercato di cavarne un soggetto, fedele il più possibile agli spunti narrativi e ai rimandi alla fonte, ma intraprendente, sempre scontando i limiti delle forze a disposizione, nella ricerca di una via, foss’anche un vicolo, da aggiungere alla mappa sterminata che raccoglie le varianti, le trasposizioni, i calchi di questa tragedia candidamente misteriosa. Fortunatamente, il fatto che l’opera di Shakespeare, pur coinvolgendo lo spazio pubblico, rapidamente converga e punti al cuore di un dramma fortemente individuale, sembra autorizzare un lavoro di concentrazione e restrizione del campo d’azione. Si metteranno a fuoco soltanto alcune parti del testo, quelle che obbligano a confrontarsi con l’enigma di certe passioni umane.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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