Mercoledì, 30 Ottobre 2024
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Debutta l’11 novembre al Teatro Sala Uno di Roma “O.G.M., organismi geneticamente modificati” una commedia di Enzo Ferrara portata in scena dalla Compagnia Teatro delle Follie che ne affida la regia a Fabio Avaro.

 

Commedia in nove mesi e due parti cesarei, come la definisce lo stesso autore, “O.G.M.” racconta la storia di due coppie di futuri genitori, interpretate da Vicky Catalano e Fabio Avaro da una parte e Valeria Sgaramella e Francesco Stella dall’altra, che s’incontrano nella sala d’attesa di un medico, inventore di un nuovo straordinario metodo scientifico che permette di modificare la struttura genetica del feto. Le mamme e i papà potranno dunque decidere come e soprattutto cosa diventerà il proprio figlio, prima ancora che il nascituro venga al mondo. Una volta che le signore si saranno sottoposte al forse neanche tanto futuristico trattamento, le due coppie saranno prese da mille ansie e dubbi e vivranno i nove mesi successivi passando per una serie di divertenti imprevisti dovuti al cambiamento genetico dei nascituri: un continuo di situazioni comiche ed ironiche fino al giorno del tanto atteso parto. 

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ATTO I

Parigi. Metà dell’ Ottocento. C’è una gran festa nella casa di Violetta Valéry, una mondana famosa, la cui salute è gravemente minata. Un nobile, Gastone, presenta alla padrona di casa il suo amico Alfredo, che l’ ammira sinceramente. L’ attenzione che Violetta dimostra per la nuova conoscenza non sfugge a Duphol, il suo amante abituale. Mentre Violetta e Alfredo danzano, il giovane le dichiara tutto il suo amore e Violetta gli regala una camelia: rivedrà Alfredo solo quando sarà appassita. Violetta è innamorata, per la prima volta.

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Una notte, in Scozia, ai nostri giorni. Un uomo di circa quarant’anni e una donna sui trenta si incontrano per caso. Sean accoglie Lisa nel suo caotico appartamento: si sono conosciuti poco tempo prima in un pub.

Uno spazio e un tempo che sembrano sospesi in una realtà quotidiana ruvida e dura. Nell’imbarazzo di quell’intimità non prevista, gli oggetti diventano degli appigli cui legare le frasi, per evitare quei secondi di silenzio che, nella legge delle nuove relazioni, sembrano a volte pesare come ore.

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“Io scrivo per tutti, ricchi, poveri, operai, professionisti… tutti, tutti! Belli, brutti, cattivi, buoni, egoisti. Quando il sipario si apre sul primo atto d’una mia commedia, ogni spettatore deve potervi trovare una cosa che gli interessa”. Eduardo De Filippo si descriveva così parlando del suo lavoro. La lessi ancora ragazzo e mi rimase impressa nel cuore. Ma l’ho sentita ancor più forte quando è nata l’opportunità di poter allestire Uomo e galantuomo. Tutto è nato durante le pause di lavoro di “Tante belle cose” quando in cerca di uno spazio fumatori mi ritrovavo clandestino assieme a Gianfelice Imparato. L’affetto, la stima, il divertimento che mi procurava La sua “napoletaneità” stavano gettando le basi per farmi abbracciare da vicino Eduardo. Valerio Santoro, giovane e meritevole produttore, intuì e agì. 

Il mio legame con Eduardo si perde nell’infanzia: ancora bambino, di famiglia umile, ricordo che un giorno alla settimana, quando la televisione italiana era tutta un’altra cosa, veniva programmato il teatro. Tra le mie opere preferite c’erano quelle di Eduardo e per questo avevo il permesso di andare a letto più tardi del solito. Le ricordo in bianco e nero e, a differenza del teatro dal vero, con i primi piani degli attori. Tra tutti, per espressività e capacità interpretativa, mi colpiva l’intensità di Eduardo. Riusciva a divertirmi facendomi credere ai drammi che stava interpretando. Una vera magia. 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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