Recensione della prima serata del Festival di Sanremo 2024
Amadeus, piaccia o non piaccia, è uno che di musica se ne intende essendosi formato in radio e a colpi di conduzione di DeeJay Television e Festivalbar. Non stupisce, dunque, sia riuscito dove tanti prima di lui avevano fallito: creare un interesse trasversale a livello di generazioni intorno al Festival di Sanremo. Che, se è specchio musicale di un Paese, non stupisce pare avere come parola d’ordine dell’edizione 2024 l’omologazione. Lo si capisce a partire dal ritmo e dai cantati dei pezzi portati in gara, specie tra i partecipanti uomini, e finendo con gli stylist che fanno trionfare il bianco a vanvera e il nero soprattutto se sbrilluccicante. Persino quelli che a un primo sguardo osano lo fanno solo in apparenza: come i La Sad che si presentano con un look punk per snocciolare un brano – Autodistruttivo - che per banalità di testi e musica fa rimpiangere gli 883. Almeno i bnqr44 con Governo punk sembrano usciti da un rave party di inizio 2000 e di quello cantano. Ciò capita quando il motivo per cui un artista è sul palco dell’Ariston, promuovere una canzone e se stesso, combacia con una serie di nomi tra gli autori che si ripetono presentazione dopo presentazione: in questo modo l’effetto “già sentito” non riguarda solo il classico “mi ricorda un altro pezzo che fa così” ma persino il brano precedente o successivo.
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