Questa intervista nasce dal dibattito scaturito dall’articolo “Che senso ha il teatro in televisione o sui social?”. Monica Guerritore negli scorsi giorni ha scritto una lettera aperta indirizzata al primo ministro Giuseppe Conte nella quale ha chiesto di dare più spazio in Rai al teatro e di permettere alle compagnie di portare in scena gli spettacoli, che erano già pronti, negli studi televisivi. Può essere una soluzione per aiutare teatro e teatranti? Si può parlare ancora di rappresentazione teatrale? Cosa può fare veramente la Rai, la televisione ed il mondo del web per aiutare il teatro in questi mesi di inattività?
Con Monica Guerritore abbiamo provato a fare chiarezza su tutti questi interrogativi.
Il teatro è fermo e lo sarà ancora per molti mesi. Sono in molti a domandarsi cosa poter fare per evitare il tracollo finanziario di molte realtà e professionisti. Con una lettera rivolta al primo ministro Giuseppe Conte ha lanciato una sua proposta, di cosa si tratta?
E' una lettera aperta che da voce a un intero settore muto, bloccato a metà di una recita a Marzo e che vedrà forse riaprire magazzini, camerini, sale, palchi a gennaio '21. Un mondo fatto da centinaia di migliaia di persone che si chiamano pubblico e altrettante che sono i lavoratori del teatro: artisti, tecnici, maestranze, service. Un mondo scomparso dai radar della discussione pubblica e che attraverso la mia proposta cerca una strada che non incida sulle finanze dello Stato già impegnato su tanti fronti, ma conti su fondi a disposizione della Rai: chiedo alla televisione pubblica di aprire le porte, darci degli spazi , farci allestire, mettere in scena riprendere, montare e mettere in onda per offrire al pubblico che non può andare a teatro il Teatro.
Nella lettera rivolta a Conte ad un certo punto scrive “mi rivolgo a lei (…) perché possa sostenere un impegno straordinario della Rai, attraverso una semplice devoluzione dell’extragettito del canone, che non costi un solo euro di più agli utenti, ma che possa offrire loro un prodotto che riveste un grande valore, etico e culturale”. Cosa si aspetta dalla Rai?
Che l'attenzione della Rai, che è alta, si trasformi in prodotto e occupi una buona posizione nel palinsesto autunno 20/21. Il 4 marzo, il giorno dopo che i teatri sono stati bruscamente chiusi ho scritto d'impulso, com'è nel mio carattere, al direttore generale, dott. Salini... in nuce era già questa la proposta: ci dia un luogo dove stare ora che la nostra casa è chiusa. Mi ha risposto subito. Si è mostrato molto attento, consapevole, disponibile. Ora siamo noi che dobbiamo metter giù una proposta sostenibile che possa sorprendere i dirigenti e il pubblico. La Rai è casa nostra. Gli attori, i tecnici gli scenografi i costumisti le sarte sono parte di quel mondo ma spesso sembra di no. E' in arrivo una buona dose di energia e talenti.
Il teleteatro ha una nobile storia e ci permette di conservare la memoria di rappresentazioni di grandi compagnie, autori ed attori del passato. Crede però che si possa parlare veramente di rappresentazioni teatrali, anche se riprese in uno studio televisivo e in assenza di un pubblico, elemento fondamentale per poter parlare di teatro? Non è più giusto dire che il teleteatro è un genere a parte, un cugino di secondo grado, che può aiutare il teatro in questo momento di emergenza?
Non parliamo di Teleteatro. Non parliamo di riprese televisive che hanno solo il valore della documentazione e non della potenza dell'opera originaria. Eduardo quando chiamavano dalla televisione diceva: aspetti che le passo la lavastoviglie. Se lei mi dice... lei fa il Teatro io le rispondo: Non li costruisco. Il Teatro è un luogo. Si possono fare orribili spettacoli in teatri bellissimi, orribili spettacoli in teatri orribili, bellissimi spettacoli in teatri bellissimi... difficilmente si riescono a fare bellissimi spettacoli in teatri orribili e purtroppo ultimamente ne hanno rovinati molti.... ne sanno qualcosa i tecnici che danno l'anima per una scena montata come si deve, che permetta 'il sogno' e invece tra quinte sbilenche, scene che non vanno in quinta, luci di servizio che svaccano e luci di scena... si dice che si fa il Teatro. E a volte non è cosi. Allora?
Allora noi riprenderemo il 'racconto dell'essere umano' che in genere viene fatto in teatro con i mezzi cinematografici, commuoveremo il pubblico con la nostra capacità di attori di teatro. Lo manderemo in televisione con le leve della fascinazione che il mezzo cinematografico permette. Noi faremo questo. Certo non siamo in teatro: il corpo dell'attore non è laggiù piccolo e solo nello spazio, la distanza tra i protagonisti non racconterà più la dinamica affettiva, la vicinanza con altri spettatori, il respiro che si fa unico in alcuni rari momenti, l'esperienza sensoriale si perderanno. Non saranno queste le leve che permetteranno alla 'notte' di entrare nel giorno e farci immergere nel luogo sconosciuto dove quella storia racconta anche la tua storia, ne useremo altre.
Siamo nel 2020, il mondo è uscito dai suo cardini e sarà il modo di nuovo di guardare a lui attraverso i nostri grandi testi a rimetterlo in sesto.
E per fare questo dobbiamo fuggire dall'ortodossia, dalla chiusura che preserva ma allo stesso tempo limita e blocca nuove figure artistiche, sperimentazioni , integrazioni, nuove forme. Se siamo umili e bravi, se ci confronteremo con i giovani autori, operatori, tecnici di ripersa cinematografica, montatori lucefirini che fanno impazzire con le loro intuizioni inventeremo altre leve che fascineranno. Saranno la scelta delle inquadrature, degli obiettivi, dei fuochi, la temperatura delle luci, sfondi inimmaginabili a teatro... loro potranno trasportare lo spettatore nell'altrove e a quella tecnica cinematografica potremo regalare la nostra intensità di attori, la nostra profondità e lucidità di pensiero e ragionamento che sorregge tutti i nostri personaggi smentendo una volta per sempre l'immagine dei tromboni ottocenteschi che si attaccano alle tende. Un salto al di la della staccionata del luogo comune. E una prateria (se va bene) per il nostro mondo sempre confinato in una riserva indiana. Ecco quello che ho chiesto nella mia proposta a Conte.
In che modo potrete comunque rispondere alle norme anti Covid-19, gli attori dovrebbero comunque rimanere lontani fra loro di almeno un metro ad esempio
Sicuramente adotteremo tutte le misure... si pensa di girare tra settembre e ottobre in studi molto grandi. Speriamo che tutto si sia un pò calmato.
Sfruttare la televisione per parlare di teatro ed educare alla cultura teatrale piuttosto che mettere in scena spettacoli, crede possa avere senso visto che i giovani e giovanissimi spesso non hanno le idee ben chiare su cosa sia il mondo teatrale?
Grande idea! La sottoscrivo!!! Sarebbe interessante un format dove si svelano tutte le corrispondenze tra quello che vedono e amano i giovani e i grandi testi teatrali che ne sono la struttura portante. Pensiamo a due grandi serie televisive come House of Cards o Il Trono di Spade non possiamo non riconoscere la struttura stessa delle tragedie Shakespereane: fatte di potere e trame familiari. Le Tragedie sottolineano la volontà dell'uomo come elemento determinante, mettendolo a confronto con una alternativa, nella quale egli può ancora scegliere e il passato e il Mito portante nel quale la scelta è già stata fatta.
Macbeth - il potere , Amleto - il padre morto, Tito Andronico - l'incapacità di sfuggire alle ombre dei morti e ritroviamo gli stessi archetipi / implicazioni paterne nel Trono di Spade (I Lannister, I Targarien e il mito dei non morti).
In House of Cards si riferisce sempre a Macbeth .'Il destino' è rappresentato dal 'desiderio di potere' istanza innata nell'essere umano che se non frenata dal controllo si manifesta nella mancanza di empatia , nella ferocia. La tecnica del monologo al pubblico dopo ogni omicidio è uguale nelle opere di Shakespeare l'autore ne fa partecipe lo spettatore con la tecnica del 'parlare in macchina ' tecnica che rende chi assiste complice di tale ferocia .Queste assonanze sono catturate dallo spettatore a livello intuitivo. Ecco dove il teatro come luogo fa la sua parte: nel buio che avvolge la sala c'è la leva dell'introspezione, del mondo non vigile, intuitivo, sensoriale, immaginifico. Li si muovono le ombre. Questo dovrà essere dimenticato a casa. A casa sarà l'intelligenza vigile a riflettere se stessi nelle immagini che emergono dallo schermo . E a capire…
Nell’articolo “Che senso ha il teatro in televisione o sui social?” si fa riferimento alla possibilità di sfruttare questo momento di stasi per progettare una ripartenza del teatro in grado di coinvolgere maggiormente il pubblico parlando anche dei tempi che viviamo, magari dando spazio a nuovi autori teatrali… cosa ne pensa?
Sicuramente se dovessimo riuscire tutto quello che avverrà avrà il respiro di un'apertura ai tanti che sono fuori dai circuiti teatrali. Sia autori, che drammaturghi che registi o interpreti... dobbiamo dimenticarci nel nuovo mondo della separazione tra i teatro, cinema, televisione. C'è solo intelligenza, intensità, capacità di rendere un esperienza singola una metafora che parli ai molti.
Scrive Heder: Che cos'è questo racconto ispirato ad un essere e animato dal nostro 'umano sentire ' La favola.
Certo che in tv non potranno che trovare spazio le compagnie o gli attori più conosciuti, il teatro invece è fatto, per la stragrande maggioranza, di centinaia di compagnie che fanno fatica a sopravvivere non sarebbe discriminatorio nei loro confronti o pensa che ci sarebbe modo per dare spazio a tutti?
Certo non riusciremo a portare in questa prima tornata di riprese tutte le compagnie che hanno perso date ma creeremo un fondo di solidarietà dalla paghe più alte e soprattutto metteremo in moto un meccanismo che se siamo bravi farà da volano per gli anni futuri. Immagino anche che ogni spettacolo portato in prima serata magari su Rai3 possa sostenere e lanciare uno spettacolo più sperimentale, che magari non ha la forza per un prima serata su una generalista ma potrebbe essere visto su rai 5 e altre sedi. Sono idee... stiamo cercando di muovere tutto il nostro mondo, aprire, dare opportunità...
Enrico Ferdinandi
18 aprile 2020