Mercoledì, 27 Novembre 2024
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Teatro Brancaccio. L'Ultima Strega. Le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle

Recensione del musical L'Ultima Strega di Andrea Palotto e Marco Spatuzzi in scena al teatro Brancaccio dal 27 ottobre al 6 novembre 2016.

Dopo 3 anni dalla sua prima messa in scena torna al teatro Brancaccio di Roma un musical di grande successo di pubblico e critica, non semplice come risultato, considerando che spesso le due categorie di spettatori non condividono i pareri e che la qualità dichiarata dagli autori pecca di sopravvalutazione.
Il musical in scena, in questi giorni al teatro Brancaccio ci narra la storia di un personaggio realmente esistito, s'ispira infatti alla figura di Anna Goeldi, ultima donna uccisa con l'accusa di stregoneria nel 1782 a Glarona in Svizzera.

I personaggi che c'introducono e ci accompagnano per l'intera vicenda sono però a noi contemporanei. due giornalisti (Alessandro Tirocchi e Maurizio Paniconi) che impegnati nel loro impiego si avvicinano alla storia di questa donna, vissuta secoli prima e che raccontano al pubblico partecipando al dramma.
Un riuscitissimo escamotage degli autori che in questo modo pone il pubblico allo stesso livello dei suoi personaggi così da poter compartecipare alle emozioni vissute in scena.
Torniamo però alla vicenda.
La storia di questa donna è ambientata in un'epoca quella illuminista, con i suoi pregi, rivolti alla scienza ed i suoi difetti legati alla difficoltà d'immediata comprensione ed applicazione dei suoi benefici, soprattutto in un paesino del nord Europa come quello in cui si svolgono le vicende.
La “strega”(Valeria Monetti) arriva nel paese di Glarona per trovare rifugio? Sfugge a qualcosa? Ha semplicemente deciso di vivere in un altro luogo? Non lo sappiamo, ma intuiamo che dietro la sua figura si nasconde qualcosa. Anna è di origini nobili è dotata di una personalità forte ed è inoltre erudita, insomma molto diversa dagli abitanti del paese e con queste premesse, come la storia c'insegna, viene subito catalogata come straniera e quindi pericolosa. La bravura della sua interprete concede allo spettatore di cogliere in ogni suo accento l'emozione provata dal personaggio, sia per la precisione con cui esegue ciascun brano che per la capacità espressiva con cui lo interpreta.
Di conseguenza il suo ruolo, ben definito mette in luce le caratteristiche di ciascun personaggio, mostrando così i potenziali alleati e nemici.
La maestria rappresentativa ci mostra questo attraverso il canto e le musiche in cui sono coinvolti tutti. S'individua presto la figura che osteggerà la nostra protagonista, il dott. Tschudi, (Christian Ruiz) un uomo di scienza, medico, giudice e guida morale per la comunità, ben delineato dalla carica espressiva di cui è perfettamente padrone il suo interprete.
Poi gli altri “attanti” d'aiuto ed ostacolo ai nostri protagonisti, secondi solo in termini espositivi, perché figure portanti allo sviluppo narrativo e presenze fondamentali in quanto coro (non marginale ) ma voce di insieme dei sentimenti espressi.
Pensiamo quindi alla cattiveria, nata dalla diffidenza che con la giusta timbrica vocale e la mimesi rappresentativa viene interpretata dalle due popolane, Clara (Daniela Simula), moglie del consigliere Carl (nel doppio ruolo di giornalista e consigliere) e Marta Vart (Manuela Tasciotti), che insieme sono capaci di creare anche situazioni comiche quando litigano o s'ingiuriano reciprocamente. Sempre ostile la moglie del sopracitato giudice Tschudi, Teresa (Valentina Arena),
che nel ruolo di moglie e madre combina sentimenti amorevoli al sospetto con cui agisce chi teme per l'incolumità dei propri cari.
In controparte i sentimenti più gentili quelli che scaturiscono dall'ingenuo e goffo fabbro Lucas (Giulio Corso) che attraverso la sua voce chiara e l'interpretazione riesce a far vibrare il suo amore per la vita e per l'oggetto dei suoi desideri Sara (Mikol Barletta), figlia del giudice, che a sua volta, riesce a coniugare la giovinezza con una straordinaria carica di emotività, espresse dalle sue movenze e dal suo canto. Sempre tra i buoni, il panettiere Leopold (Simone Colombari) che avvinto dalla strega “buona” Anna Goeldi, dona al racconto una componente più leggera sdrammatizzando i toni con le sue battute e suscitando inevitabilmente la simpatia del pubblico.
Più austero e rigido è invece il ruolo del pastore, padre Glorini (Lorenzo Gioielli) che pur rivestendo il ruolo del più acerrimo nemico di una donna accusata di stregoneria dimostra come la bontà umana possa superare dogmi e credenze.
Il pregio di quest'opera, non dimentichiamo, risiede soprattutto nell'allestimento d'insieme.
Le musiche eseguite dal vivo (totalmente originali di Marco Spatuzzi) su cui si poggia la narrazione diventano protagoniste insieme ai personaggi.
La struttura movibile su cui si svolgono le azioni permette al pubblico di fruire di uno spettacolo dinamico e al tempo stesso scorrevole, nonostante la complessità della sua composizione di cui è artefice il regista, Andrea Palotto.
Potrebbe apparire un tema già letto e di cui purtroppo si conosce storicamente il triste epilogo. Ma si tratta di un musical ed il modo in cui si arriva alla sua conclusione ci concede di entrare nella mistica atmosfera del sogno e dell'immaginazione evocata dalle sue musiche e dalla varietà della rappresentazione.
Gli autori del dramma hanno evidentemente romanzato la vita di questa donna ed i personaggi che veicolano intorno ad essa ma sono riusciti a trasportarci nella vicenda con particolare attenzione a tutti i risvolti emotivi, scaturiti dalla rappresentazione.
Questo musical dimostra come questo genere sia un ottimo banco di prova per la drammaturgia e la sperimentazione tra generi.

 

S.D.
05/11/2016

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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