#recensione dello spettacolo Ballata notturna per Oscar Wilde, in scena al teatro Lo Spazio fino al 27 novembre 2016
Eccentrico, esotico, stravagante, a tratti surreale e fiabesco. Sono questi gli aggettivi che balzano subito alla mente quando si alza il sipario su Ballata notturna per Oscar Wilde, in scena al teatro Lo Spazio fino al 27 novembre. Sono questi gli aggettivi che meglio descrivono la Babilonia che Gianni De Feo, regista e interprete della pièce, restituisce immediatamente allo spettatore.
Nelle vesti di Velluto, personaggio frutto della fantasia dell’autrice Valeria Moretti, De Feo racconta, attraverso gli occhi e l’ironia del fedele ammiratore e seguace di Wilde, la vita parigina, la carriera e le opere del poeta e drammaturgo irlandese. E lo fa in un modo del tutto inedito: nell’istante stesso in cui lo spettacolo sembra assumere i caratteri di un’opera autobiografica, immediatamente se ne allontana.
Oscar Wilde è sì al centro della narrazione, ma solo grazie al ricordo di Velluto e alla voce fuori campo di Pamela Villoresi, ora nei panni di Salomè, ora nelle vesti di Sarah Bernhardt, che, insieme alle tastiere di Giovanni Monti e alle percussioni di Piero Fortezza, impreziosisce e scandisce il passaggio da una fase all’altra della vita dell’artista e dell’uomo.
Dal rapporto con sua madre agli anni del college e dell’incontro con la futura moglie Constance, dall’amore omosessuale per “Bosie” agli eccessi linfa delle sue giornate, passando per l’accusa di sodomia e la condanna alla prigione e ai lavori forzati, lo spettacolo alterna flashback che vedono il poeta in primo piano ad insolite rivisitazioni di alcune delle sue opere, più o meno famose (da Il ritratto di Dorian Gray a L’importanza di chiamarsi Ernesto, da Salomè a Il Principe felice). In un gioco di luci, cambi di abito e registri linguistici che se, da un lato, mantengono desta l’attenzione del pubblico, dall’altro sottolineano il talento di De Feo come attore, cantante e incantatore di platee.
Se da sola la presenza scenica dell’attore basterebbe ad attirare e incollare gli sguardi su di sé, la padronanza e disinvoltura con cui De Feo si muove e danza sul palcoscenico, mentre dà sfogo a notevoli capacità canore, passando dai madrigali spagnoli seicenteschi alle canzonette del varietà francese di fine Ottocento, rapiscono lo spettatore per l’intera durata della messa in scena. La sensazione di ritrovarsi in una dimensione lontana, leggera, quasi magica, come buona parte della vita di Wilde, dona allo spettacolo quel tono spensierato che allieta gli animi dei presenti. Senza, tuttavia, mai cadere nell’errore di una rappresentazione che vuole solo intrattenere: non mancano gli accenti drammatici, sottolineati dalla risata contagiosa e a tratti sibillina di Sarah Bernhardt, che invitano lo spettatore a riflettere, riportandolo all’oggi.
Per dirla con le parole di Wilde, se “la vita è un’opera d’arte”, questa ballata è senz’altro una delle ragioni che contribuiscono a renderla tale.
Concetta Prencipe
29 novembre 2016