Recensione dello spettacolo Gli uccelli migratori in scena al Teatro dell'Orologio dall'1 al 4 dicembre 2016
Lo spettacolo Gli uccelli migratori in scena al Teatro dell'Orologio dal 1 al 4 dicembre 2016 è pura poesia, d'altronde la compagnia Teatrodilina ci ha abituato a questo modalità teatrale davvero unica, che va a toccare le corde più intime del vivere umano. in questo spettacolo in particolare il testo di Francesco Lagi va ad analizzare l'analogia tra il linguaggio degli uccelli e il pianto del bambino.
Secondo la scienza moderna, il canto degli uccelli va considerato come un linguaggio non articolato ma rispondente a situazioni che si verificano nella propria sfera biotica che ne rendono possibile la decodificazione. Tali situazioni riguardano stati di pericolo, disagio, aggressività, richiesta di cibo, corteggiamento, e possono essere paragonate, appunto, a quelle che provocano il pianto del bambino. Marta (Anna Bellato) è incinta al nono mese e il tempo è già stato superato di una settimana, per l'occasione il fratello Guido (Mariano Pirrello) si è trasferito a casa sua, una casa vicino ad una pineta, o meglio un bosco ben rappresentato scenograficamente da delle strisce di tela poste asimmetricamente sul palcoscenico che partono dal soffitto e arrivano fino al pavimento. All'improvviso giunge nella casa Walter (Francesco Colella), Walter è il padre del bambino, lui non vuole costruire una famiglia con Marta, per due motivi, ha già una famiglia, e non ha il tempo necessario per costruirne un’altra, e non solo perché l’incontro con Marta è stato occasionale, ma non nel senso superficiale del termine, l’incontro è stato occasionale in quanto i due si sono incontrati in un momento di grande tristezza reciproca, ma nulla li lega se non il nascituro, che nonostante Walter abbia comprato per lui una tutina blu, perché per lui è un maschio è senza dubbio una femmina. In una casa, in cui c’è solo l’essenziale come un tozzo di pane che Guido sgranocchia mentre lo vediamo lavorare al computer al suo romanzo, che è fermo là da ben 8 anni, mancano i beni cosiddetti voluttuari come lo zucchero, come se in quella casa tutto si fosse interrotto da molti anni, ovvero il giorno in cui Guido e Marta dovettero finire l’infanzia di colpo, per l’improvvisa morte dei loro genitori. Walter vuole offrire sostentamento materiale a Marta e alla bambina, Marta rifiuta, non capisce, Guido è perplesso. Boccata d’aria,! Uscire in pineta! Da sola. Una volta in pineta Marta si imbatte in Jerry (Leonardo Maddalena) che è alla ricerca di Joda. Joda è un’esemplare di Ibis femmina, si è persa, e ha perso anche il suo trasmettitore. Per una razza a rischio di estinzione come l’ibis perdere una femmina è molto più grave che perdere un esemplare maschio. Marta dall’incontro con Jerry trae nuova linfa, lui le racconta e le mostra esempi concreti di come gli uccelli riescano a comunicare tra loro con sequenze elementari, ma che hanno un preciso significato e che l’uomo dopo attento studio può decifrare e persino riprodurre. Lo spettacolo è quindi incentrato sull’incomunicabilità in età adulta, e disegna una via da percorrere per tornare ad una reciproca comprensione. I tre personaggi maschili rappresentano ciascuno una tipologia diversa di uomo, o forse un momento differente della vita, o ancora un diverso modo di approcciarsi alla vita stessa. Joda è l’alter ego di Marta. Quello che traspare dallo spettacolo è una visione lucida delle cose, anche se in alcuni momenti si può provare una sorta di straniamento, poi si trova il bandolo della matassa. Vivere con semplicità, secondo natura, usare un linguaggio basico non in senso povero ma in senso efficace senza sovrastrutture.
Miriam Comito
03/12/2016