Recensione dello spettacolo ‘Un’ora di tranquillità’ in scena la Teatro Quirino dal 25 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017
Dopo una settimana lavorativa pesante, tutti sognamo di poterci riposare durante il weekend e dedicarci ai nostri hobby e alle nostre passioni, proprio come vorrebbe fare Michel. Durante un sabato mattina, infatti, il nostro protagonista trova su una bancarella di Parigi il vinile della sua vita, “Me, Myself and I”, e corre a casa perché non vede l’ora di poterselo godere con calma.
Peccato che così non sarà: quando si cerca un momento di tranquillità, in genere non lo si riesce mai a trovare inondati come si è dal ritmo veloce a cui gli eventi quotidiani si sviluppano. Il ritmo risulterà particolarmente accelerato, però, in questo sabato per Michel, che assisterà a cambiamenti radicali nella sua vita che nemmeno avrebbe potuto immaginare. Tradimenti, rivelazioni, figli biologici e figli acquisiti, segreti e bugie si mischieranno e si attorciglieranno incessantemente su se stessi fino a che la matassa non sarà sbrogliata e il povero Michel potrà, forse a cuor più leggero di quel che pensasse, ascoltare il suo vinile in quell’ora di tranquillità.
Massimo Ghini, che siamo ormai abituati a vedere sul grande schermo come spalla di Christian De Sica, rende decisamente molto meglio come protagonista e, in questo caso, anche come regista, tanto che il pubblico del Teatro Quirino non sembra aver sentito la mancanza dell’assortito ‘duo’ cinematografico, dato che Ghini, quanto a talento, vale già per due.
Sul palcoscenico del Quirino, infatti, Ghini, anche quando non è da solo, la fa da padrone e quando è solo riempie completamente la scena, apparendo alla platea molto più ‘naturale’ e ‘umano’ rispetto al Ghini dei film. È vero che a favorirlo è anche il testo leggero e frizzante di questa commedia che sembra calzare a pennello a un attore esperto come lui: qui la vera sfida è rappresentata dal doppio ruolo di attore e regista che Ghini ha saputo centrare alla perfezione. I tempi comici sono rispettati, il ritmo è sempre incalzante tanto che anche lo spettatore non ha un attimo di tranquillità ma riesce a godersela ugualmente perchè la commedia scorre veloce, inesorabile e tutta d’un fiato.
In quanto regista, Ghini ha anche saputo scegliersi un bel cast di attori sul palco: da Galatea Ranzi che interpreta efficacemente la moglie Nathalie, a Luca Scapparone nei panni dell’operaio pseudo-polacco, da Alessandro Giuggioli che qui è il figlio rockettaro Sebastien, a Massimo Ciavarro che interpreta l’amico Pierre, da Gea Lionello nei panni dell’amica-amante Elsa fino al vicino polacco Claudio Bigagli, tutti hanno dimostrato di aver fatto un bel lavoro sui personaggi della commedia rendendoli propri. Ogni personaggio ben rappresenta pregi e difetti dell’essere umano ma anche della società moderna, per cui risulta impossibile non riconoscersi un po’ nei loro diversi caratteri.
La commedia, scritta dal giovane francese Florian Zeller, ha il gusto agrodolce della modernità e non fa altro che sottolineare i vizi e virtù dell’odierna società, che ha trasformato uomini e donne in carnefici e vittime del loro stesso gioco, basti pensare allo stesso Michel, il cui sbaglio sembra ritorceglisi contro.
Che si tratti di un testo francese non è palese solo dall’ambientazione e dai nomi dei suoi protagonisti, ma proprio dal savoir faire che li contraddistingue e dallo spirito della commedia, imperniata sul gioco della ricerca della fatidica ora di tranquillità che sembra non arrivare mai a causa di un percorso irto di ostacoli per il povero protagonista.
Alla fine convince e piace il meccanismo di questo vaudeville moderno per cui il pubblico riesce a trascorrere una piacevole ora e più di tranquillità.
Diana Della Mura
4 gennaio 2017