Venerdì, 01 Novembre 2024
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La Mer, Virgilio Sieni e la consapevolezza del gesto

#recensione

Un auspicio di bellezza quello che Virgilio Sieni ci ha regalato  con la messa in scena de La Mer, spettacolo andato in scena gli ultimi giorni di dicembre presso i Cantieri Goldonetta. La sede di Cango, residenza artistica della compagnia e spazio fondato dallo stesso Sieni nel 2003, risale a  inizi ‘800 e giunge a noi come espressione di quella Firenze rinascimentale e elegante che riesce a equilibrarsi con creatività, innovazione e fusione.

Poter assistere alla danza di Virgilio Sieni nella sua città è un po’ come riuscire a penetrare l’anima di Firenze, una città capace di connubi, dove antico e contemporaneo riescono a coesistere armonicamente. Questa è la danza di Virgilio Sieni, questo è il suo spazio Cango e questa è Firenze: una mescolanza armonica che fa parte, in generale, delle coreografie a cui Sieni ci ha abituato. La musica classica combinata a movimenti contemporanei, meccanici e netti regalano lavori sempre nuovi, articolati e diversi, ma facenti tutti parte di un unico percorso estetico lineare, pulito, totalmente privo di scenografia, dove la stessa pelle resta nuda, espressiva nella sua naturalità. Nel nuovo spettacolo la struttura è  suddivisa in due parti, metafore di  due fasi della vita. Una sorta di antica dicitura inscritta nella storia: non si va avanti senza il passato. Anche qui, dunque, divisione e amalgama. La prima parte vede protagonista un sestetto di anziane donne che muovono passi e intrecci sulla scena assieme allo stesso Sieni, che si distingue per poi integrarsi nell’insieme. Da lui parte l’intuizione, il suggerimento della movenza, un maestro che senza presunzione alcuna si mostra come conoscitore antico del gesto, e umilmente diventa un tutt’uno con il gruppo di donne che si mostrano come portatrici di una trasmissione. Lo sguardo si sofferma proprio sull’importanza del gesto e del suo compimento, il momento esatto in cui esso avviene. La danza, in questo caso è fatta di tocchi e la potenza che trasmettono è evidente. L’intera ricerca di Sieni viene, dunque, rilevata. Coordinatore del movimento, mostra la potenza del contatto, un semplice dito che sfiora genera una connessione immediata con l’altra materia, con l’altrui corpo. Si tratta di contaminazione, di apertura e vicinanza, ancora una volta nelle sue coreografie un bisogno, quasi un’urgenza di unità (e u-ma-nità). La trasmissione di energie è il legante. Debussy in sottofondo scorre fra le donne, protagoniste dell’intero spettacolo. Spettacolo che pare quasi un inno alla figura femminile nelle sue varie forme, d’altronde “ la vita è una donna che danza” diceva Socrate nel dialogo di Paul Valéry e Sieni riporta egregiamente. Il “patrimonio smisurato” che viene mostrato con una calma di movimenti e variazioni ripetute e imitate partono da una singola donna, seguita dalle altre che li ripropongono, ognuna con il suo tempo. Di ognuna si avverte il respiro e l’espressività coinvolta è penetrante fra il pubblico che alla coreografia resta intrecciato. I segni si innescano come se tutte le componenti della scena fossero attraversate da un filo invisibile. Segue il buio. Nuova scena, nuove donne. Sempre sei danzatrici, ora di giovane età, si risolvono in forme e pose, movimenti ora calmi ora vigorosi che restano sospesi in fermo immagini, la luce gioca col corpo ben inserito nel suo fascio così da creare effetti ottici di sublime portata, e ci si trova di fronte a un quadro vivente. Un continuo esperimento sul corpo, sulla sua capacità comunicativa, uno studio in divenire sotto gli occhi dello spettatore. Tecnica attenta a impostare ma non ad irrigidire, sempre tesa al raggiungimento di un equilibrio fra lo sforzo del corpo e il suo rilassamento. L’eleganza della compostezza e il respiro della naturalità. Scatti e scioglimenti. Le eccezionali danzatrici sono capaci di movimenti meccanici seguiti da flessuose curve. Scale armoniche su colonne vertebrali, scapole esibite, muscoli e tendini tesi, la consapevolezza del ballerino, del ritmo e del suo corpo. La  capacità di flettersi, slanciarsi, creare arcate, gesti verticali e trasversali, netti, puliti e poi sinuosi, increspati, onduosi. È il mondo fluttuante simboleggiato da La grande onda di Kanagawa, famosa illustrazione di Hokusai che Debussy scelse per la copertina della prima edizione de La Mer. Ora è Virgilio Sieni a riprendere la musica dell’uno e le immagini dell’altro artista ricongiungendosi agli echi antichi del mare. Nell’acqua si riflette la chiarezza e il mistero e il coreografo riproduce il flutto che si fa danza tramite il corpo di donna. Una metafora intima, una comunicazione viscerale fra i simboli, la donna che fluida scorre e potente si schianta e travolge. S’alza e si spezza l’onda, così il passo, il taglio della mano e l’incedere del piede, resta sospesa, anche, come i momenti di fermo dello spettacolo, come la fiera Onda di Hokusai e come lo splendore che segue ogni grande manifestazione naturale. In quiete e in movimento, l’onda, la donna, la danza.


Erika Cofone
5 gennaio 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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