Recensione dello spettacolo Tutto per Lola in scena al Teatro de’ Servi dal 10 al 29 gennaio 2017
Solo meno di un anno fa recitavano sul palcoscenico del Teatro Roma, oggi, Ester (Caterina Costantini), Livia (Lorenza Guerrieri), Carla (Lucia Ricalzone) e Lucia (Monica Guazzini) sono tornate, a grande richiesta, a far ridere il pubblico romano con l’ironica e divertente commedia di Roberta Skerl.
Sapientemente diretta da Silvio Giordani e con la partecipazione, nel ruolo del commissario Mascari, del più giovane del quartetto, Geremia Longobardo (si badi bene tutt’altro che inesperto), la pièce in due atti, Tutto per Lola, racconta la storia di quattro ex prostitute, di una certa età ed oramai in pensione, alle prese con uno o forse più delitti (ir)risolti.
L’opera, nonostante i numerosi rimandi alle serie tv poliziesche di fama internazionale e sebbene prenda il via proprio da un interrogatorio, non segue le dinamiche classiche del genere. Allo spettatore è chiaro sin da subito o quasi chi sia l’assassino (o gli assassini?) e a mantenere viva la sua attenzione ci pensano i colpi di scena di cui le quattro donne sono protagoniste (in)dirette.
Quattro signore sole e di una certa età che condividono lo stesso tetto per prestarsi mutua assistenza cosa potranno mai avere a che fare con il cadavere del pappone nigeriano, fatto a pezzi e seppellito nel giardino antistante la loro abitazione?
Sono queste le premesse con cui si apre il sipario al Teatro de’ Servi: l’inconfondibile suono della sirena della polizia e l’irruzione in casa del commissario in servizio sembrano, infatti, interrompere la tranquilla e abitudinaria vita della ex “passeggiatrici”. Quattro donne, amiche, colleghe e coinquiline che, dopo anni di “onorata” carriera, sono riuscite a comprare quell’enorme villino liberty, oggi in decadenza, in cui finalmente la vita sembra scorrere serena, dimentica di quei rapporti che, proprio tra quelle mura e non più di trent’anni addietro, sono stati consumati per passione o semplicemente per sfuggire a un destino di morte.
Come nel caso di Lola, la piccola nigeriana partita per l’Italia con la promessa di lavorare come domestica e, invece, costretta alla prostituzione non appena toccate le sponde della terra promessa. Lola è, però, più fortunata di tante ragazze sue coetanee che, come lei, sognano un futuro migliore. Lola può contare sull’appoggio delle quattro anziane signore, che alla prima occasione le procurano un biglietto aereo per volare, insieme a sua madre, in America alla ricerca della felicità, quella vera. E poco importa se per quei biglietti e un paio passaporti falsi sono costrette a vendere la grande casa che le ha viste ridere, piangere, gemere, illudersi di essere amate e a volte amare. Poco importa se per quell’atto di bontà sono costrette a trasferirsi in un paesino di poche anime nell’entroterra abruzzese: la vita le ha abituate a molte rinunce e a tante sofferenze, ma non è riuscita a inaridirle e a privarle di quell’umanità in grado, a volte, di salvare altre vite.
È una storia triste la loro, una storia che a ben guardare fa riflettere su di un universo (lo sfruttamento della prostituzione minorile) esistente sin dalla notte dei tempi eppure invisibile agli occhi e alla coscienza di molti. È una storia di violenza e di morte e al tempo stesso di vita e di speranza, una storia di solitudine e indifferenza e insieme di coraggio e di forza. Eppure non ci si abbandona neanche per un attimo alla tristezza, nemmeno quando, in preda ai ricordi e alla nostalgia degli anni passati, le quattro attrici si lasciano andare sulle note de Il geghegé e altri successi musicali degli anni ‘60.
Per un’ora e mezza circa di spettacolo si ride, punto. Per le battute ironiche e maliziose, per il carisma, l’espressività, l’empatia e la bravura di quattro attrici consumate, che neppure un colpo di tosse imprevisto riesce a piegare. E una volta fuori, bisognerà aspettare un po’ per togliersi quel sorriso e quell’espressione di compiacimento dal volto.
Concetta Prencipe
15 gennaio 2017